Ritiro dei documenti d’identità, obbligo di presentarsi ai posti di polizia e sorveglianza discreta dei sospetti jihadisti: sono le tre misure annunciate mercoledì dal Consiglio federale per rafforzare la lotta contro il terrorismo. Intanto, i media elvetici rivelano l'arresto di due presunti jihadisti, tra cui un 30enne di origini italiane.
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swissinfo.ch e RSI (TG del 22.6.2016)
Stando alle ultime cifre dei servizi segreti, sono 52 i casi confermati di persone partite dalla Svizzera per fare la jihad in Siria, Iraq, Afghanistan o Somalia. A questi si aggiungono altri 24 casi sospetti. Ventun persone sarebbero decedute in questi paesi, mentre una decina sarebbero rientrati in Svizzera.
I servizi segreti elvetici dispongono già di una serie di misure per lottare contro i presunti jihadisti, come il ritiro della nazionalità e il divieto di entrare su suolo svizzero. Ma il Consiglio federale intende fare di più. Mercoledì ha così incaricato il dipartimento di elaborare un progetto ad hoc, che contempla ad esempio la possibilità di ritirare i documenti d’identità in modo preventivo, al di fuori di ogni procedura penale.
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Mercoledì, diversi media elvetici hanno inoltre riportato l’arresto di due presunti jihadisti in Svizzera.
Secondo la televisione svizzero-tedesca SRF, i servizi segreti avrebbero fermato un trentenne italiano sospettato di essere una figura centrale negli ambienti jihadisti di Winterthur. L’uomo sarebbe accusato di sostegno o partecipazione a un’organizzazione terroristica.
Pur non confermando l’informazione della SRF, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha deplorato la pubblicazione della notizia, accusando i giornalisti di «ostacolare un procedimento penale in corso» e di compromettere le indagini.
Dal canto suo, il quotidiano Tribune de Genève ha rivelato l’arresto di un 21enne svizzero-francese, di ritorno dalla Turchia. L’MPC ha aperto un procedimento penale per sostegno o partecipazione a un’organizzazione criminale.
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