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“Gli svizzeri in Venezuela non ne hanno risentito”

Juan Guaido assieme ai suoi sostenitori.
Il 35enne presidente del parlamento venezuelano Juan Guaido si è autoproclamato presidente della Repubblica bolivariana. Manaure Quintero/Reuters

Un segno di speranza: è quello che Pierino Lardi, rappresentante degli svizzeri all'estero in Venezuela, vede nell'autoproclamazione di capo dello Stato sudamericano da parte del presidente del parlamento Juan Guaidó. Lardi spera in un governo professionale.

Qual è la posizione della Svizzera sulla fragile situazione in Venezuela? Finora il governo elvetico non si è ancora pronunciato ufficialmente.

Tuttavia, l’ambasciatore svizzero Bénédict de Cerjat, capo della Divisione Americhe presso il Dipartimento federale degli affari esteri a Berna, giovedì ha preso posizione su Twitter per il nuovo presidente Jan Guaidó. Bénédict de Cerjat è stato ambasciatore svizzero in Venezuela. Nel 2016, Caracas lo aveva dichiarato “persona non grata” proprio a causa di un tweet critico nei confronti del governo autocratico di sinistra venezuelano. Il diplomatico elvetico ha dovuto lasciare il paese latinoamericano nel giro di 24 ore.

swissinfo.ch ha intervistato Pierino Lardi sulla situazione attuale. Lardi vive a Caracas da due decenni ed è rappresentante della comunità elvetica in Venezuela nell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE).

Pierino Lardi.
Pierino Lardi, è nato nel 1947 a Poschiavo, nei Grigioni. Il banchiere poliglotta ha lavorato in numerosi Paesi nei vari continenti. Parallelamente, è stato anche speaker ufficiale dell’Associazione nazionale svizzera di football (ASF), delegato dell’UEFA e commissario della FIFA. Fino all’anno scorso ha presieduto la Camera di commercio venezuelano-svizzera. swissinfo.ch

swissinfo.ch: Lei è rimasto sorpreso dagli eventi di questa settimana in Venezuela?

Pierino Lardi: No. Il raduno dell’opposizione era stato annunciato. Si sperava nel loro coraggio.

swissinfo.ch: Chi detiene il potere nel paese ora?

P. L.: Abbiamo due presidenti. La domanda è: a quale dei due obbediranno i militari e la polizia? Ci sono segnali che indicano chiaramente il desiderio dei militari di passare al nuovo governo. Ma nell’esercito c’è anche il nucleo duro del vecchio governo, che ha molto da perdere. Un segnale dimostrativo forte è stato che, durante le marce dell’opposizione, molti soldati si sono tolti il casco e hanno messo da parte le armi.

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swissinfo.ch: L’ambasciatore svizzero Bénédict de Cerjat giovedì ha scritto su Twitter: “La Svizzera considera legittima l’Assemblea nazionale del Venezuela e il suo neoeletto presidente Juan Guaidó”.

P. L.: Sul fatto che questo sia un riconoscimento ufficiale del nuovo governo, si può discutere. Ma probabilmente l’ambasciatore non lo ha fatto senza consultare il ministro degli esteri Ignazio Cassis. La Svizzera si inserisce quindi nel solco delle reazioni degli Stati Uniti, del Canada e di quasi tutti i paesi nelle vicinanze del Venezuela.

swissinfo.ch: Fino a poco tempo fa, lei era presidente della Camera di commercio venezuelano-svizzera. Come sono stati gli ultimi anni per le aziende svizzere sul posto?

P. L.: Per esse, noi eravamo ormai solo dei pompieri. Delle fatture non venivano pagate, nemmeno con il cadivi-dolar, la moneta forte parallela del governo. Credo che nessuna delle aziende svizzere ancora attive qui abbia guadagnato qualcosa qui negli ultimi anni, al contrario.

swissinfo.ch: Sono molte le aziende svizzere che se ne sono andate?

P. L.: Quelle grandi sono rimaste. Nestle, Roche, Novartis, Schindler, ABB: sono aziende che pensano a lungo termine. Vogliono tenere un piede in Venezuela. Dopo tutto, il Venezuela – insieme a Brasile, Argentina e Messico – da lungo tempo fa parte dei partner commerciali più importanti per l’economia svizzera. Sono fermamente convinto che questi tempi torneranno.

swissinfo.ch: È questo il motivo per cui anche lei è rimasto?

P. L.: Sono in pensione, faccio ancora solo volontariato. Con la Camera di commercio gestiamo dal 2012 una scuola professionale per elettricisti, meccanici, ingegneri elettronici e informatici. Il progetto si basa su donazioni personali di noi svizzeri all’estero, di aziende svizzere e di alcune fondazioni svizzere. La formazione dura tre anni, come un apprendistato in Svizzera. Ciò va a vantaggio non solo dei ragazzi, ma anche delle aziende svizzere in loco. In passato, le persone qualificate erano reclutate in Svizzera. Tuttavia, per motivi di sicurezza e di costi, questo non è praticamente più possibile.

swissinfo.ch: Gli svizzeri in Venezuela, in generale, negli ultimi tempi hanno ancora creduto nel bolivar – la valuta locale – e lo hanno ancora utilizzato o si sono trasferiti sul mercato parallelo del dollaro?

P. L.: Esiste questo mercato parallelo. Da due o tre anni, effettivamente tutti i settori dell’economia sono stati “dollarizzati”. Gli svizzeri, che hanno franchi o dollari, non ne hanno risentito. Potrebbe andare meglio, ma comunque qui per noi la vita non è cara. Il problema è per la popolazione povera. Solo da dicembre ad oggi, abbiamo avuto un’altra svalutazione del bolivar di fattore 10. Come possono ancora vivere con esso i venezuelani?

swissinfo.ch: Arriveranno miglioramenti ora?

P. L.: Il Venezuela è un paese enormemente ricco. Ha le più grandi riserve di petrolio del mondo, ferro, una quantità enorme di oro, diamanti. C’è carbone a cielo aperto: basta prenderlo; è sufficiente un’escavatrice. Se un governo ora lavora professionalmente, compensa i deficit, ripristina la fiducia nel paese, allora arriverà il boom economico.

swissinfo.ch: Per questo occorre un cambiamento radicale, come è stato fatto in Brasile?

P. L.: C’è bisogno di serietà, senso civico e meno corruzione.

swissinfo.ch: Anche più democrazia?

P. L.: Indubbiamente, la storia lo dimostra. Il sistema multipartitico, prima del Chavismo, aveva fatto progredire il paese.

swissinfo.ch: Quindi lei crede ancora nel Venezuela?

P. L.: Proprio adesso ci credo. Abbiamo beneficiato del Paese, ora possiamo restituire qualcosa.


(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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