In Siria la guerra non rispetta nemmeno gli aiuti umanitari
Negli ultimi mesi, le critiche si sono moltiplicate per denunciare il controllo da parte del governo di Damasco degli aiuti umanitari nelle zone di conflitto in Siria. Il CICR deve costantemente negoziare con un gran numero di attori per poter entrare nelle aree poste sotto assedio dalle forze governative o ribelli. Più che mai, l’azione umanitaria è diventata una posta in gioco militare e politica.
“Il fatto che le organizzazioni umanitarie debbano ora negoziare dei principi fondamentali, come la protezione dei civili, l’accesso della popolazione ai servizi di base, il trattamento dignitoso dei detenuti è preoccupante. Dignità e umanità non devono diventare negoziabili”. È con queste parole che Didier Burkhalter ha inauguratoCollegamento esterno a Ginevra, alla fine di ottobre, il Centro di competenza in negoziati umanitariCollegamento esterno, creato per riunire i diversi negoziatori delle agenzie umanitarie e aumentare la loro capacità di azione.
Questo ideale, promosso dal ministro degli esteri svizzero, è lungi dall’essere raggiunto, soprattutto in Siria, come conferma Valérie Petitpierre, coordinatrice delle operazioni del CICR nel paese in guerra. “Sia per attraversare le linee del fronte che per accedere alle vittime della violenza o alle persone detenute dai belligeranti, la negoziazione umanitaria costituisce un aspetto essenziale del lavoro del CICR nella maggior parte dei paesi in cui è presente”.
Facilitare il lavoro dei negoziatori umanitari
Un nuovo Centro di competenza in negoziazione umanitaria è stato lanciato alla fine di ottobre a Ginevra. Sostenuto da cinque organizzazioni, dovrebbe fornire un sostegno concreto ai negoziatori umanitari sul campo, agevolando le reti informali e lo scambio di punti di vista tra di loro.
Oltre al CICR, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il Programma alimentare mondiale (PAM), Medici senza frontiere Svizzera (MSF) e il Centro per il dialogo umanitario collaborano ai lavori del Centro. Nei suoi primi 5 anni, il Centro è stato posto sotto gli auspici del CICR. Il governo svizzero ha indicato di sostenere questa istituzione.
“In Siria, dove le regole fondamentali del diritto umanitario internazionale sono spesso violate e dove l’azione umanitaria non è di gran lunga sufficiente per rispondere alle enormi esigenze, siamo chiamati ad affrontare grandi sfide per tentare di ridurre l’impatto dei combattimenti sui civili. La diversità degli attori in questo contesto rende il lavoro di negoziazione ancora più difficile”, aggiunge Valérie Petitpierrre.
Di fatto, tutti i tentativi diplomatici per trovare un accordo con i belligeranti su questioni umanitarie non hanno permesso d’implementare una soluzione durevole. E questo nonostante l’adozione di diverse risoluzioni da parte del Consiglio di sicurezza per facilitare la distribuzione degli aiuti umanitari in Siria.
Peggio ancora, dall’inizio della rivolta popolare nel 2011, ospedali, medici e operatori umanitari sono presi di mira dalle parti in guerra, in particolare dalle forze governative e dall’alleato russo, impegnato nel conflitto dal 2015.
Aiuto umanitario come arma di guerra
Il direttore del Centro di competenza in negoziazioni umanitarie, Claude Bruderlein illustra la situazione: “Prima, il CICR doveva negoziare con 3 o 4 parti in conflitto per spostarsi da Damasco a Homs. Oggi vi sono oltre 50 parti che hanno eretto posti di blocco e hanno la capacità di pregiudicare gli aiuti e di nuocere alla sicurezza dei delegati. Oggi, fornire assistenza umanitaria in Siria dipende principalmente dalla capacità da parte di negoziatori esperti di impegnarsi in lunghe trattative con più attori per cercare di stabilire un rapporto di fiducia. L’aiuto umanitario non è infatti considerato neutrale dalle parti in conflitto, anche se riconoscono l’imparzialità di un’organizzazione come il CICR. La fornitura di cibo e medicine dipende in gran parte da calcoli tattici. Perfino i soccorsi ai belligeranti feriti hanno acquisito un valore strategico per le parti in conflitto”.
Secondo Tawfik Chamaa, questa situazione va soprattutto a vantaggio del governo siriano. “Quasi tutti gli aiuti sono controllati da Damasco. E sono essenzialmente le zone controllate dal governo a beneficiarne”, rileva il rappresentante in Svizzera presso l’Unione delle organizzazioni siriane di soccorso medico (UOSSM)Collegamento esterno, attiva nelle aree tenute dai ribelli.
Per denunciare questa situazione, l’UOSSM e 72 altre organizzazioni non governative (Ong) hanno rilasciato una dichiarazioneCollegamento esterno congiunta in settembre: “Dobbiamo esprimere la nostra preoccupazione per quanto riguarda la manipolazione del soccorso umanitario da parte di interessi politici del governo siriano, che privano altri siriani in zone assediate dei servizi di questi programmi”.
ONU accusata di compiacenza
Le Ong ritengono che le Nazioni Unite si piegano troppo alla volontà di Damasco. E non credono che ciò cambierà. “Non abbiamo alcuna speranza che le agenzie delle Nazioni Unite con sede a Damasco e la Mezzaluna Rossa siriana prenderanno misure concrete per affrontare le violazioni dei diritti umani in Siria, in modo da proteggere la popolazione e interrompere l’evacuazione forzata in corso in diverse regioni, tra cui Daraya e Homs. Abbiamo poche speranze che la risposta umanitaria coordinata dalle Nazioni Unite possa operare in modo indipendente dalle priorità politiche del governo siriano”, scrivono le Ong nella loro dichiarazione.
Per fare pressione, le Ong hanno deciso di sospendere la trasmissione dei dati raccolti sul terreno all’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Informazioni destinate a consentire una migliore pianificazione degli aiuti in tutta la Siria. In un’inchiestaCollegamento esterno pubblicata a fine ottobre dalla rivista Orient XXI, la giornalista Marie Kostz scrive: “Uno dei problemi principali è il margine di manovra lasciato alle autorità siriane nella priorizzazione dei bisogni”.
Sempre alla fine di ottobre, il quotidiano britannico The Guardian ha rivelato che membri delle famiglie di alti funzionari del governo siriano figurano tra i dipendenti delle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite presenti a Damasco. Un elemento destinato a rafforzare i sospetti di imparzialità di queste agenzie. Da ricordare, tra l’altro, che la Mezzaluna Rossa siriana è presieduta dalla moglie di Bashar al-Assad.
Claude Bruderlein considera spesso giustificate le critiche contro agli interessi politici e alle condizioni relative alla distribuzione degli aiuti delle Nazioni Unite, o del CICR, nelle zone controllate dal governo.
Tuttavia, il dilemma rimane. Questo significa che le Nazioni Unite e altre agenzie non tentano di resistere alle pressioni? “In realtà, è molto difficile resistere, perché i bisogni umanitari sono reali. Dato che le agenzie umanitarie non hanno accesso a molte delle zone assediate, dovremmo ritirare gli aiuti alle popolazioni in aree in cui hanno accesso, seppure in modo limitato? Mantenere un minimo di imparzialità comporta notevoli negoziati con l’amministrazione e una burocrazia senza precedenti. La sfida umanitaria è in realtà parte del conflitto e la questione di collaborare o meno con le autorità è diventata una scelta tanto umanitaria quanto politica per diverse agenzie delle Nazioni Unite”.
La visione di Tawfik Chamaa è molto più negativa. “E incredibile che le due grandi potenze coinvolte nel conflitto – Russia e Stati uniti – non siano in grado di trovare un accordo per rispettare e far rispettare i principi di base del diritto umanitario. Questo crea un terribile precedente. La Siria è stata la culla di varie civiltà. Oggi è diventata la loro tomba”.
Traduzione di Armando Mombelli
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