Un ministro degli esteri troppo “schivo” e “illeggibile”
Quale responsabile del dossier europeo, Didier Burkhalter non è riuscito a raccogliere dietro di sé neppure il sostegno del collegio governativo: la stampa svizzera non tesse le lodi del ministro degli esteri, all’indomani delle sue dimissioni. I commentatori attendono con impazienza l’arrivo di un successore per rilanciare la politica europea della Svizzera.
“È difficile valutare questo consigliere federale tecnocratico e schivo, forse il ministro meno conosciuto degli ultimi due decenni”, rileva il Tages-Anzeiger, per il quale il merito di Didier Burkhalter è stato di riportare una certa calma nella politica estera svizzera, dopo gli anni erratici di Micheline Calmy-Rey, che aveva guidato prima di lui la diplomazia elvetica.
“Le sue mancanze nel suo dossier più importante non possono essere però cancellate. Il disorientamento lampante del governo svizzero sulla questione europea va attribuito in buona parte alle debolezze di direzione evidenziate dal ministro degli esteri”, prosegue il giornale zurighese, secondo il quale con le dimissioni di Burkhalter vi è ora “l’opportunità di dare una nuova impronta alle relazioni con l’UE”.
“Il successore di Burkhalter dovrà disporre una maggiore sensibilità, di una più grande volontà di affrontare ciò che è auspicabile e ciò che è fattibile. Dovrà ridare una visione alla politica estera, saper spiegare ed entusiasmare. E, soprattutto, dovrà riuscire ad ottenere perlomeno il sostegno del collegio governativo a favore della sua strategia”, auspica il Tages-Anzeiger, che si rammarica soltanto di “dover attendere fino al 31 ottobre”, ossia il giorno della partenza di Burkhalter.
Partenza positiva per il dossier europeo
L’arrivo di un successore per rilanciare il dossier europeo è atteso anche dal Bund, per il quale Burkhalter non sembrava sentirsi a suo agio nelle vesti di consigliere federale. “Accettare il confronto, lottare con piacere per una cosa, spiegare cento volte i temi, convincere gli scettici e sedurre i critici, influenzare l’opinione pubblica: tutto questo non piaceva al riservato liberale radicale”.
“A Burkhalter succederà ora forse un politico di razza e comunicativo, con un talento tattico in grado di rilanciare il dibattito. La sua partenza potrebbe quindi rivelarsi utile”, prevede il quotidiano bernese, che non si aspetta tuttavia cambiamenti radicali nel dossier europeo, fino a quando anche l’UE non sarà disposta a compiere dei passi per rivedere i rapporti bilaterali.
Una visione condivisa dall’Aargauer Zeitung, secondo la quale la partenza di Burkhalter “apre nuove prospettive” per il dossier. Il ministro dimissionario “non era forse portato per esporsi politicamente”, ma di certo non è stato assolutamente in grado di spiegare ad una vasta opinione pubblica la necessità di concludere un accordo istituzionale con l’UE. Perfino all’interno del suo partito e in parlamento ha raccolto poca comprensione per questo progetto. Col passare del tempo, la sua idea sembrava sempre meno realizzabile”.
Presidenza dell’OSCE: un momento di gloria
Burkhalter “non è stato più grigio dei suoi predecessori”, osserva 24heures, per il quale il riserbo naturale del ministro dimissionario lo ha “confinato ad una gestione più amministrativa che audace degli affari pubblici”. Il responsabile della diplomazia elvetica ha avuto un momento “faro” solo nel 2014, quando ha assunto la presidenza dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), in pieno conflitto russo-ucraino.
Un incarico sottolineato anche da Le Temps, secondo il quale Burkhalter “ha permesso alla Svizzera di svolgere con successo il suo ruolo di mediatrice e di pacificatrice nel 2014, durante l’anno di presidenza dell’OSCE”. Il 2014 è stato però anche l’anno in cui il popolo svizzero ha approvato l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, una decisione “da cui Burkhalter non si è più rimesso”. “Questo voto è giunto proprio in un momento in cui il ministro degli esteri si era già messo in una posizione delicata, presentando due mesi prima il suo progetto per un accordo istituzionale con l’UE”.
Burkhalter si è guadagnato delle simpatie quale presidente dell’OSCE e quale difensore della Ginevra internazionale, sede dell’ONU e di diversi altri organismi mondiali, rileva la Tribune de Genève, che trae però a sua volta un bilancio mitigato dell’azione del consigliere federale dimissionario. Per il giornale ginevrino, Burkhalter è stato un ministro “illeggibile”: “Se ne va, come ha governato. Con energia, classe e onestà ma senza grande carisma, né un piano di ampia portata o ragioni convincenti. Come ministro, è diventato sempre meno leggibile. E ora si cancella”.
Successore più liberale
“Le dimissioni di Burkhalter offrono la chance di imprimere un nuovo inizio alla questione europea”, ritiene anche la NZZ, che si rallegra della sua partenza anche per un altro motivo: “Bisogna riportare il Consiglio federale su una rotta chiaramente borghese. Burkhalter, che non forniva una resistenza effettiva in governo alle rivendicazioni della sinistra, deve essere sostituito da un liberale convinto”.
“Il motto deve essere: meno Stato, meno sovvenzioni, meno regolamentazioni, più responsabilità e più riforme sostenibili e finanziabili”, auspica il foglio zurighese, per il quale non vi è nessun dubbio che il seggio vacante dovrà essere occupato anche in futuro da un rappresentante del Partito liberale radicale.
Proprio per quanto riguarda la successione di Burkhalter, la NZZ privilegia un politico della Svizzera orientale o della Svizzera italofona, benché “le pretese delle diverse regioni vadano prese in considerazione, ma non devono costituire l’unico criterio di selezione. Un ticinese potrebbe apportare la sensibilità giusta per affrontare la questione europea”.
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