La pensione negata agli albanesi del Kosovo
L'accordo nel campo della previdenza sociale tra Svizzera e Kosovo entrerà presto in vigore: i cittadini kosovari potranno ricevere così la pensione svizzera anche nel loro paese. Il mancato pagamento degli arretrati rimane però un grande problema per molte persone. Un reportage dal Kosovo.
Pristina, 1° maggio 2019. Una piccola schiera di persone avanza compatta verso la sede del governo. Le persone in prima fila brandiscono dei presunti certificati di benemerenza, appesi su delle aste di legno, che sono indirizzati a personalità politiche di primo piano del paese: tra i “meriti” attestati ci sono nepotismo e mancato rispetto delle leggi sul lavoro.
È cominciata così la Festa del lavoro della capitale kosovara ed è terminata con l’affissione degli stessi certificati sui cancelli del palazzo del governo.
Il muratore Ali
Anche Ali Aliu, cittadino kosovaro, non è affatto contento di come vanno le cose nel suo paese. L’economia cresce, ma corruzione e cattiva politica sembrano ancora farla da padrone. A festa finita ci sediamo con lui in uno dei tanti caffè del Bulevardi Nënë Tereza, l’elegante via centrale della capitale dedicata a Madre Teresa di Calcutta.
Ali, muratore kosovaro che ha lavorato dal 1984 al 2012 tra il Lichtenstein e Zurigo, è venuto all’appuntamento insieme a uno dei suoi sei figli. Il suo tedesco, non perfetto ma comprensibile, è intercalato qua e là da alcune parole in italiano: “Ich bin muratore” è la sua frase d’esordio.
La sua storia è particolare: come edile ha goduto della pensione anticipata a partire dai 60 anni. Una volta terminato il periodo di pensionamento anticipato, Ali ha cominciato a percepire, come tutti, la rendita dell’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVSCollegamento esterno). Un consiglio sbagliato lo ha portato a trasferire la residenza in Kosovo nel 2017, perdendo così il diritto alla pensione: “Mi ero informato presso il mio comune di residenza e mi avevano assicurato che avrei ricevuto la pensione anche in Kosovo”.
Ora che le cose sono risolte, dopo l’entrata in vigore dell’accordo pensionistico, è raggiante, ma spera comunque di poter ottenere i due anni di pensione arretrata che gli spettano.
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Senza un padre
A Pristina incontriamo Edison, ultimo figlio di Muharem Dervodeli, un giardiniere che ha lavorato per più di venti anni in Svizzera, che ci racconta: “Mio padre nel 2012 ha avuto un ictus e a me, allora avevo 15 anni, è stata rifiutata la richiesta di ricongiungimento perché in Svizzera mi consideravano già capace di sostenermi da solo”. E aggiunge: “Persino nel momento in cui mio padre ha scoperto di avere un tumore, nel 2016, ho faticato molto per ottenere un visto di breve durata”.
Il padre è morto nel 2017. Durante il suo racconto, Edison ci mostra alcune lettere, indirizzate all’Ufficio cantonale della migrazione di Basilea-Campagna, da lui inviate per tentare di convincere le autorità a concedergli il trasferimento. Oltre all’assenza prolungata del padre, Edison ha vissuto un altro trauma: sua madre Arife si è vista negare la pensione del marito a causa dell’assenza di accordo.
Ora questo capitolo è però chiuso e finalmente, conclude il giovane kosovaro, “posso essere felice perché so che mia madre a breve sarà indipendente e potrò almeno pensare che mio padre non è stato lontano da noi invano”.
La rabbia
Il 2 maggio ci spostiamo a Zhur, un grande villaggio sul confine albanese nei pressi di Prizren. Nella piazza centrale, un monumento ai caduti kosovari locali ricorda gli episodi drammatici di guerra che hanno interessato la regione.
In un ristorante della zona incontriamo Neshat Gavazaj, figlio della vedova Gjyzide la quale, a causa del mancato versamento della pensione svizzera del marito, ha vissuto per quasi dieci anni con un aiuto sociale di 85 euro. Ci aspetta al tavolo di un ristorante con una mole enorme di documenti che ha portato come prova degli anni trascorsi in Svizzera dal padre. Per questa storia, Neshat non si dà pace: “Non capisco cosa abbiamo fatto di male, la pensione mio padre se l’è guadagnata, ma nonostante ciò mia madre, che lo ha aspettato per trent’anni, ha vissuto per anni in povertà”.
La loro situazione è particolarmente drammatica: “Abbiamo utilizzato i risparmi per ricostruire la casa distrutta durante la guerra e facevamo affidamento sulla rendita”. Ora la madre è molto anziana e di salute cagionevole e c’è il rischio che non riesca nemmeno a raccogliere i frutti dell’avvenuta intesa: “Non possiamo nemmeno ritirare il capitale AVS perché si è quasi del tutto esaurito. Mio padre, infatti, è rimasto qualche anno in vita dopo aver raggiunto la pensione”. Per questa e altre famiglie, risolvere la questione degli arretrati sarebbe davvero importante.
La parola alle autorità
Per i cittadini albanesi del Kosovo, fino all’aprile del 2010, valeva l’accordo tra Svizzera ed ex Jugoslavia. Nei mesi prima, in seguito anche a una mozione parlamentareCollegamento esterno presentata da un esponente dell’Unione democratica di centro, il governo svizzero ha deciso di non stringere un accordo con il Kosovo. Il motivo: il neonato paese non disponeva delle strutture adeguate a effettuare controlli relativi alle prestazioni pensionistiche erogate.
Questa decisione, come abbiamo visto, ha avuto delle conseguenze drammatiche per moltissime persone, che sperano ora, non soltanto di ricevere una pensione in futuro, ma anche di ottenere i contributi dovuti negli anni in cui non era in vigore l’accordo.
Rispetto alla possibilità, da parte degli aventi diritto a prestazioni pensionistiche svizzere in Kosovo, di ottenere il pagamento degli arretrati, Harald Sohns, responsabile della comunicazione dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, è però molto netto: “L’accordo firmato tra Svizzera e Kosovo non prevede alcun effetto retroattivo. Questa è una regola che vale per tutti gli accordi in materia di assicurazione sociale”. E aggiunge: “Chi non ha voluto ritirare il capitale pensionistico accumulato potrà usufruire della rendita soltanto a partire dall’entrata in vigore del nuovo accordo”.
Luce verde dei due parlamenti
Il 30 novembre 2018 è stata approvata dal governo elvetico la nuova convenzione di sicurezza sociale tra la Svizzera e il Kosovo. Il Parlamento del Kosovo e il Consiglio degli Stati (Camera dei Cantoni) hanno ratificato l’accordo. Il 5 giugno 2019, anche il Consiglio nazionale (Camera del popolo) ha detto sì all’intesa. Il dossier tornerà comunque sui banchi della camera alta a causa di una divergenza: parte della destra, come gli Stati, vuole infatti che la convenzione sia sottoposta a referendum facoltativoCollegamento esterno.
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