Gli svizzeri mettono un freno all’immigrazione
La Svizzera dovrà limitare autonomamente l’immigrazione e rinegoziare l’accordo di libera circolazione con l’UE: l’elettorato ha approvato di strettissima misura un’iniziativa in tal senso. Con il 56%, si è registrata la più alta partecipazione degli ultimi 5 anni.
L’elettorato si è spaccato a metà: il 50,3% dei votanti ha detto sì, contro il 49,7% di no. Meno di 20mila voti hanno diviso fautori e oppositori.
Quanto ai cantoni, il risultato è più netto: 17 l’hanno accettata, mentre 9 l’hanno respinta. Come in passato su temi simili, si è creato un evidente fossato linguistico, con tutti i cantoni francofoni e solo tre cantoni tedescofoni – Basilea Città, Zurigo e Zugo – che hanno detto no.
PLACEHOLDERL’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” stabilisce che entro tre anni la Confederazione deve fissare dei tetti massimi per i permessi di dimora e contingenti annuali per tutti gli stranieri, calcolati in funzione dei bisogni dell’economia. Sul mercato del lavoro la preferenza dovrebbe essere data agli svizzeri. I trattati internazionali contrari a queste regole, come l’Accordo di libera circolazione delle persone con l’Unione europea (UE), dovranno essere rinegoziati.
Lanciata dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), l’iniziativa si è scontrata con l’opposizione di tutti gli altri partiti rappresentati nel parlamento federale, ad eccezione della Lega dei Ticinesi e del Movimento dei cittadini ginevrini. Per i promotori, occorre frenare l’aumento della popolazione svizzera, che nel 2012 ha superato la soglia degli 8 milioni di abitanti, di cui quasi un quarto è straniero.
Afflusso crescente dall’UE
Un incremento demografico, dovuto principalmente alla continua crescita dell’immigrazione, che la Svizzera non è in grado di sopportare, hanno sostenuto i fautori dell’iniziativa. L’afflusso proviene in stragrande maggioranza dall’UE, con cui dal 2002 vige la libera circolazione delle persone. Sugli oltre 80mila stranieri emigrati nella Confederazione nel 2013, circa il 75% è giunto dall’Unione. Senza contare le decine di migliaia di frontalieri che lavorano in regioni di confine, in particolare in Ticino e Ginevra.
“L’attuale immigrazione incontrollata rappresenta una minaccia per la nostra libertà e sicurezza, per la piena occupazione, per il nostro paesaggio e, non da ultimo, per il nostro benessere”, argomentava il comitato d’iniziativa.
Al contrario, gli altri partiti, le organizzazioni padronali, i sindacati e il governo affermavano che proprio l’immigrazione e gli accordi bilaterali con l’UE contribuiscono in misura considerevole al benessere della Svizzera. Inoltre, disdire quello di libera circolazione, rischierebbe di far cadere tutti gli altri accordi bilaterali con Bruxelles e di isolare la Confederazione, sottolineavano.
Il governo svizzero cerca il dialogo con l’UE
La formulazione del testo costituzionale approvato domenica è comunque molto generica. Non definisce né l’entità dei contingenti né l’autorità chiamata a fissarli e neppure i criteri da applicare. Il governo elvetico sottoporrà al più presto al parlamento una proposta per la sua attuazione, ha dichiarato la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga, commentando il risultato del voto. Parallelamente Berna intavolerà colloqui con i competenti organi dell’UE e dei suoi Stati membri, per discutere i prossimi passi e l’avvio di negoziati, ha aggiunto.
Dal canto suo, il presidente della Confederazione e ministro degli esteri Didier Burkhalter ha detto che il governo nelle prossime settimane valuterà le possibilità di “porre su una nuova base le relazioni con l’UE”.
Oltre che sui tre oggetti federali, in 11 cantoni gli elettori erano chiamati ad esprimersi su svariati temi a carattere regionale. In particolare, a Basilea Città è stata adottata una modifica costituzionale per accordare ai suoi cittadini residenti all’estero il diritto di voto e di eleggibilità per il seggio del cantone renano nel Consiglio degli Stati (Camera alta del parlamento svizzero).
Basilea Città diventa così il dodicesimo cantone ad estendere questo diritto agli svizzeri all’estero. Finora è accordato soltanto nei cantoni di Basilea Campagna, Zurigo, Berna, Friburgo, Ginevra, Giura, Grigioni, Neuchâtel, Svitto, Soletta e Ticino (solo chi è originario di un comune ticinese). Per il Consiglio nazionale (Camera bassa), invece, gli svizzeri all’estero hanno il diritto di elezione e di eleggibilità in tutti i cantoni.
Questa eventualità era però refutata dagli iniziativisti, secondo i quali ciò sarebbe contrario anche agli interessi della stessa UE.
I partiti guardano al futuro
Vincitrice del voto popolare, l’UDC ha immediatamente chiesto che sia formato rapidamente un gruppo di lavoro per limitare e gestire l’immigrazione. In una nota, il più grande partito della Svizzera aggiunge che il governo dovrà rinegoziare la libera circolazione e dare la priorità ai lavoratori residenti sul mercato del lavoro. Il principio della “preferenza nazionale” dovrà essere applicato immediatamente come misure di autoregolazione dell’immigrazione.
Sconfitti, gli altri partiti che si erano coalizzati contro l’iniziativa si preoccupano delle conseguenze sulle relazioni con l’UE. Per il Partito popolare democratico, ora bisogna trovare una soluzione per attuare la nuova disposizione costituzionale e limitare l’immigrazione, ma senza mettere in pericolo la via bilaterale. Anche per il presidente del Partito borghese democratico Martin Landolt l’abbandono della via bilaterale sarebbe fatale per la Confederazione. Il Partito liberale radicale auspica che governo abbandoni la sua politica dello struzzo e si impegni per una politica migratoria rigorosa ma equa.
I Verdi liberali sollecitano misure concrete per far fronte ai problemi nei settori dell’ambiente, dei trasporti e della pianificazione del territorio. Secondo i Verdi, che chiedono di limitare i danni con Bruxelles, problemi reali come la cementificazione del territorio, la pressione sui salari e il rincaro delle pigioni hanno sconvolto la fiducia nel rapporto con l’Europa.
Per il Partito socialista occorre ora avviare rapidamente riforme interne in materia di mercato del lavoro, alloggio, formazione e pianificazione del territorio, per fare in modo che tutti possano godere dei frutti della crescita. “Oggi più che mai, la Svizzera ha bisogno di nuove misure di accompagnamento. Senza di esse, non si potrà vincere votazioni sulla politica europea nei prossimi anni”.
Apprensioni dell’economia
Dello stesso tenore le reazioni dell’Unione sindacale svizzera che si batterà per un salario minimo di 4000 franchi, affinché imprenditori “senza scrupoli” non reclutino forze lavoro estere pagandole con “paghe da fame”.
L’organizzazione dei sindacati cristiano sociali Travail.Suisse auspica che le organizzazioni che rappresentano i lavoratori partecipino fin dall’inizio all’attuazione dell’iniziativa “contro l’immigrazione di massa” per evitare effetti negativi sul mondo del lavoro.
Per le associazioni economiche, l’importante è evitare che la reintroduzione dei contingenti comporti un carico burocratico per le imprese. La Società svizzera degli impresari costruttori chiede anche che la clausola priorità degli indigeni non penalizzi i cittadini stranieri domiciliati in Svizzera.
Swissmem, l’organizzazione che rappresenta l’industria meccanica, elettrotecnica e metallurgica (MEM), teme che il voto produca “un riorientamento della politica estera elvetica” e spera che non vengano disdetti anche gli altri accordi bilaterali. L’Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM) afferma che occorre sospendere il mandato negoziale del Consiglio federale relativo alle questioni istituzionali con l’UE.
L’organizzazione delle imprese svizzere Economiesuisse invece intende spalleggiare il governo nei suoi sforzi per spiegare ai partner europei che la decisione odierna “non è un rifiuto di principio degli accordi bilaterali, ma comporta nuovi negoziati sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’Europa”.
Il finanziamento dell’aborto non sarà privatizzato
Nessuna attesa palpitante invece per l’altra iniziativa in votazione domenica, denominata “il finanziamento dell’aborto è una questione privata”. Il testo che chiedeva di stralciare i costi delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) dalle prestazioni rimborsate dall’assicurazione obbligatoria delle cure sanitarie è stato travolto da una valanga di no: quasi il 70% contro poco più del 30% di sì. Tra i cantoni, solo ad Appenzello Interno è stata accettata, con uno scarto di poco più di un centinaio di voti.
Lanciata da un comitato interpartitico, composto di cristiani conservatori, l’iniziativa ha ottenuto il sostegno solo dell’UDC e del Partito evangelico. Per i promotori, si sarebbe trattato di prendere due piccioni con una fava: evitare a coloro che sono contrari all’aborto di essere costretti a cofinanziare le IVG tramite il pagamento dei premi dell’assicurazione malattie obbligatoria (LAMal) e ridurre i costi a carico di quest’ultima.
I costi degli aborti in Svizzera si aggirano complessivamente tra i 10 e i 12 milioni di franchi all’anno, pari allo 0,05% dei costi sanitari a carico della LAMal. Un risparmio alquanto esiguo, osservavano gli oppositori, secondo i quali si sarebbe trattato solo di un espediente per ostacolare l’aborto.
Se questi costi non fossero più rimborsati dalle casse malattia, si ritornerebbe in una situazione di disparità di trattamento analoga a quella precedente la legalizzazione delle IVG nelle prime 12 settimane di gravidanza, approvata in votazione popolare nel 2002 con più del 72% di sì. Vale a dire che certe donne riuscirebbero a farsi certificare che l’aborto è necessario per motivi di salute e dunque dev’essere rimborsato, hanno affermato gli oppositori.
D’altra parte, aggiungevano, donne in difficoltà economiche potrebbero essere indotte ad effettuare le IVG in condizioni precarie, mettendo così a repentaglio la propria salute o persino la vita. I sostenitori dell’iniziativa replicavano che i costi di un aborto – tra i 600 e i 3’000 franchi – non sono così elevati da condurre alla povertà.
Sì deciso al finanziamento della ferrovia
Chiaro avallo popolare invece per il terzo oggetto sottoposto al verdetto delle urne domenica, ossia il Decreto federale sul finanziamento e lo sviluppo dell’infrastruttura ferroviaria (FAIF). Il progetto di creare un fondo di 6,4 miliardi di franchi per la manutenzione e l’estensione della rete ferroviaria elvetica aveva il sostegno di tutti i partiti rappresentati nel parlamento federale, ad eccezione dell’UDC.
Il FAIF è stato approvato con il 62% di sì contro il 38% di no. Tra i cantoni, solo Svitto lo ha respinto.
Evidentemente soddisfatto del responso delle urne è l’esecutivo federale, che aveva definito di “portata storica” il voto di domenica. La ministra Doris Leuthard ha dichiarato che questo risultato conferma la politica dei trasporti condotta finora dal governo.
Tutti i tre oggetti in votazione comportano una modifica costituzionale. Ciò significa che per essere adottati dovevano ottenere la doppia maggioranza: sia quella dei votanti che quella dei cantoni.
Le passioni scatenate dalla campagna sull’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa” hanno avuto un effetto mobilitante. Pur non avendo raggiunto il livello della votazione sull’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo del il 6 dicembre 1992, che aveva quasi sfiorato l’80%, la partecipazione del 56% registrata domenica è nettamente più elevata della media degli ultimi 20 anni, che si situa al 44%. Si tratta del 5° miglior risultato dal 1971, ossia da quando è stato introdotto il diritto di voto anche per le donne.
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