Gli svizzeri seppelliscono il salario minimo legale
Avrebbe potuto essere il salario minimo più alto del mondo, ma gli svizzeri non ne hanno voluto sapere, secondo le prime proiezioni del voto popolare di domenica. Ancora incerto appare l'esito sull'acquisto dei caccia per l'esercito svizzero, con un lieve vantaggio per gli oppositori.
Un chiaro avallo popolare si profila infine per gli altri due temi in votazione domenica: l’iniziativa “Affinché i pedofili non lavorino più con fanciulli” e l’articolo costituzionale che sancisce il diritto di accedere a cure mediche di base per tutti in tutta la Svizzera e la promozione della medicina di famiglia.
Con uno striminzito 23% di sì, le proiezioni calcolate dall’istituto di ricerca gfs.bern, per conto della Società svizzera di radiotelevisione SSR, indicano una sonora bocciatura dell’iniziativa popolare “Per la protezione di salari equi (Iniziativa sui salari minimi)”. Promosso dall’Unione sindacale svizzera (USS), il testo prevedeva uno stipendio minimo legale a livello nazionale di 22 franchi all’ora, pari a una rimunerazione mensile di circa 4’000 franchi per un tempo pieno di 42 ore settimanali.
Il voto è giunto al termine di una campagna che ha visto contrapporsi due fronti di uno schema classico: sindacati e partiti di sinistra contro padronato e partiti di centro e di destra.
In Vallese, l’elettorato non si pronunciava soltanto sull’iniziativa federale per introdurre un salario minimo legale, ma anche su una proposta simile a livello cantonale. In questo caso si tratterebbe di introdurre un minimo legale di 3’500 franchi per 13 mensilità all’anno, che corrisponderebbe quindi a 3’791 franchi al mese. Eccezioni sarebbero possibili per i settori in difficoltà economiche in cui vige un contratto collettivo di lavoro – per esempio l’agricoltura –, dove potrebbe essere negoziata una retribuzione minima inferiore.
In passato quattro iniziative cantonali per l’introduzione del salario minimo legale sono state sottoposte al voto popolare: nei cantoni di Vaud e Ginevra sono state bocciate, mentre a Neuchâtel e nel Giura sono state approvate. Un’altra iniziativa è pendente in Ticino.
L’obiettivo dei promotori era di ridurre la povertà e di lottare contro il dumping e contro le disparità salariali tra uomini e donne. Secondo i sostenitori dell’iniziativa, il minimo di 4’000 franchi avrebbe dovuto permettere di vivere dignitosamente del proprio lavoro a tempo pieno agli oltre 330mila dipendenti che attualmente hanno una rimunerazione inferiore. Dato che i due terzi di coloro che si trovano nella fascia dei bassi stipendi sono donne, questa misura avrebbe consentito di ridurre le disuguaglianze di rimunerazione tra i sessi. Inoltre il minimo legale avrebbe messo fine alla pressione sui salari esercitata con l’importazione di manodopera estera a basso costo.
Datori di lavoro e partiti di centro e di destra, come pure il governo, argomentavano invece che quello che sarebbe stato il salario minimo più elevato del mondo non sarebbe stato sopportabile per molte aziende. Queste avrebbero quindi effettuato ristrutturazioni o delocalizzazioni all’estero oppure sarebbero fallite. Di conseguenza l’iniziativa avrebbe portato alla soppressione di molti posti di lavoro, sostenevano gli oppositori. Denunciando il salario minimo legale come “un dettame dello Stato nell’economia privata”, gli avversari dell’iniziativa affermavano che il sistema di libero mercato, con negoziati salariali settoriali e regionali, su base volontaria, tra i partner sociali è la chiave del successo dell’economia elvetica e va dunque preservato.
Gli argomenti degli oppositori del salario minimo legale sembrano dunque aver convinto la stragrande maggioranza dell’elettorato elvetico.
La fine tel terzo atto
La votazione odierna chiude un ciclo di tre iniziative lanciate a livello federale sull’onda dell’indignazione popolare di fronte alle rimunerazioni esorbitanti di top manager di grandi società e dell’allargamento continuo del divario salariale. Il voto sul salario minimo è stato preceduto il 24 novembre 2013 da quello sull’iniziativa “1:12 – Per salari equi”, lanciata dalla Gioventù socialista, che è stata respinta con più del 65% di no e da tutti i cantoni. Prevedeva che in ogni azienda il salario più elevato potesse superare al massimo di dodici volte quello più basso.
Sorti favorevoli aveva invece conosciuto la prima iniziativa: quella “contro le retribuzioni abusive”, promossa dal piccolo imprenditore Thomas Minder, approvata il 3 marzo 2013 con il sì di quasi il 68% dei votanti e di tutti i cantoni. Essa stabilisce in particolare che l’assemblea generale degli azionisti vota annualmente l’importo delle retribuzioni del consiglio di amministrazione, dell’organo consultivo e della direzione delle società quotate alla Borsa svizzera. Vieta in modo assoluto indennità di partenza e retribuzioni anticipate.
Tuttavia la sua applicazione, parzialmente in vigore dall’inizio di quest’anno, non soddisfa Thomas Minder. Il senatore sciaffusano ha già minacciato una nuova iniziativa per correggere il tiro, se la relativa legge non sarà conforme alle sue richieste. Il dibattito non è dunque finito.
Decolleranno o si schianteranno?
Come previsto alla vigilia, il destino dell’acquisto degli aerei da combattimento Gripen si giocherà verosimilmente sul filo di lana: le prime proiezioni indicano una bocciatura di strettissima misura: il 52% di no contro il 48% di sì. Ma il margine di errore di +/-2 punti percentuali non permette per ora di pronosticare l’esito finale. Al voto popolare era sottoposta una legge per istituire un fondo destinato all’acquisto di 22 Gripen. I costi preventivati di 3,126 miliardi di franchi sarebbero spalmati sull’arco di undici anni.
Gli aviogetti della svedese Saab, attualmente ancora in fase di sviluppo, sostituirebbero la vecchia flotta di 54 Tiger F-5, che saranno messi fuori servizio entro il 2016, poiché considerati obsoleti. I Gripen dovrebbero contribuire alla protezione dello spazio aereo elvetico fino al 2050.
PLACEHOLDERApprovato dal governo e dalla maggioranza del parlamento, il piano d’acquisto ha dovuto fare i conti con l’opposizione della sinistra rosso-verde e dei Verdi liberali, nonché del Gruppo per una Svizzera senza esercito, che hanno impugnato il referendum e raccolto le firme necessarie per sottoporre la legge al voto popolare.
I contestatori della spesa miliardaria giudicano che i Gripen siano inutili per la sicurezza del Paese . Ritengono inoltre l’acquisto di un aereo che esiste ancora solo sulla carta, per il quale la Confederazione dovrebbe versare un anticipo del 40%, comporta un rischio eccessivo a carico dei contribuenti svizzeri. A loro avviso, attualmente sarebbe più saggio utilizzare quei soldi per la formazione, l’assicurazione vecchiaia o la svolta energetica: settori sottoposti a risparmi per mancanza di fondi.
Per i sostenitori dell’acquisto, invece, senza i nuovi caccia, la sicurezza dello spazio aereo elvetico non sarebbe più garantita. Dopo il “pensionamento” dei vecchi Tiger F-5, le Forze aeree svizzere disporrebbero di 32 F/A-18: una flotta insufficiente per assicurare un controllo permanente che vada oltre le due settimane, afferma il governo federale, il quale ritiene il Gripen “una buona soluzione dal punto di vista militare e tecnico”.
Oltre che sui quattro oggetti a livello federale, in 15 cantoni l’elettorato era chiamato a pronunciarsi su una serie di proposte di carattere regionale. Tra queste, diverse riguardano il futuro energetico.
Nel canton Berna, si è votato su un’iniziativa popolare che chiedeva lo spegnimento immediato della centrale nucleare di Mühleberg. In attività dal 1972, il reattore di Mühleberg è controllato dall’azienda elettrica bernese BKW, che ha annunciato l’intenzione di fermarlo nel 2019. I promotori dell’iniziativa ritengono che non si tratti di una decisione vincolante e temono che il vecchio reattore possa rimanere ancora in attività per anni. I responsabili della BKW ribattono che un arresto immediato porterà a richieste di risarcimento da parte degli azionisti che potrebbero costare mezzo miliardo di franchi ai contribuenti.
Nel canton San Gallo l’elettorato si è espresso su un’iniziativa del Partito socialista e su un controprogetto che riguarda il sostegno finanziario alle energie rinnovabili. Il testo chiedeva al Cantone di stanziare 50 milioni di franchi ogni anno per realizzare gli obiettivi di un programma energetico. La variante del governo e del parlamento prevedeva invece uno stanziamento annuo di 5,4 milioni di franchi.
A Soletta i votanti erano chiamati a decidere se ancorare nella Costituzione cantonale il principio del sostegno alle energie rinnovabili.
A Sciaffusa era in votazione una revisione di legge che vuole permettere studi sull’innalzamento del livello del Reno allo scopo di aumentare la produzione di energia idroelettrica, in relazione ai progetti di abbandono del nucleare e di svolta energetica. La proposta era combattuta da Partito socialista e associazioni dei pescatori e di protezione della natura, preoccupati in particolare per il futuro delle Cascate del Reno.
A Neuchâtel si decide sul futuro dell’energia eolica. Un’iniziativa, sostenuta dalla stragrande maggioranza delle associazioni di protezione della natura e del paesaggio, chiede che la costruzione di ogni singolo impianto sia sottoposta all’approvazione popolare, mentre il controprogetto delle autorità limita a cinque i luoghi nei quali potranno essere erette le aste eoliche, per un massimo di 59 unità.
(Fonte: Ats)
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.