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I dipendenti di Credit Suisse e UBS scelgono Romney

Ex dirigente di UBS negli USA, Robert Wolf è anche uno dei partner di golf del presidente Obama. Wall Street Journal

Quando attingono al portamonete per sostenere i candidati alla Casa Bianca, i collaboratori delle due maggiori banche svizzere lo fanno soprattutto in favore del rivale repubblicano di Barack Obama. Negli scorsi anni, alcuni manager sono stati molto generosi nei confronti di ambedue gli schieramenti politici.

Non ci sono più dubbi. Le presidenziali americane 2012, che si terrano il 6 novembre, saranno le più care delle storia. Da mesi nei forzieri delle campagne elettorali dei due principali candidati fluiscono centinaia di miloni di dollari.

Se in luglio e per il terzo mese consecutivo Mitt Romney ha raccolto più fondi di Barack Obama, è il presidente uscente, tuttavia, ad aver rimpinguato maggiormente le sue casseforti dall’inizio della campagna: 348 milioni di dollari contro i 193l candidato repubblicano.

Da tempo, la corsa alla Casa Bianca è anche una corsa al denaro. Le regole del gioco diventano sempre più complesse (vedi dettagli a fianco), senza riuscire però a ridurre la pioggia di soldi e il potere delle società.

Le banche svizzere in prima fila

Anche le società elvetiche, così com’è avvenuto per le precedenti elezioni, hanno un ruolo importante nella disputa alla poltrona presidenziale, come dimostrano i dati raccolti dal Center for Responsive Politics che swissinfo.ch ha potuto analizzare. L’organizzazione non governativa divulga documenti a caratterere finanziario forniti dai diversi attori della campagna alla Commissione elettorale.

Credit Suisse e UBS sono le sole ditte estere a figurare tra i primi quindici maggiori donatori di Mitt Romney, eccezion fatta per tre ditte britanniche, ossia la banca Barclays e le aziende di revisione di bilancio e consulenza aziendale PricewaterhouseCoopers e Ernst & Young. I due grandi istituti bancari elvetici non compaiono invece tra i primi venti benefattori dell’attuale presidente Barack Obama.

Anche altre multinazionali svizzere tentano di influenzare, sempre mediante i loro impiegati, le prossime scadenze elettorali statunitensi. Novartis ha già versato più di 250 000 dollari e Roche più di 210 000 nelle legislative che si terranno lo stesso giorno delle presidenziali. Quanto a Zurich, è la sola compagnia straniera del settore assicurativo a far parte dei più grandi donatori.

Non proprio semplici impiegati

Interpellati da swissinfo.ch, Credit Suisse e UBS sottolineano di non avere nulla a che vedere con il finanziamento delle campagne elettorali dei candidati alla Casa Bianca. “Credit Suisse non versa denaro a nessun candidato alla presidenza. Alcuni nostri impiegati lo fanno, ma si tratta di donazioni private. I nostri collaboratori devono indicare il nome del loro datore di lavoro, ma non è certo Credit Suisse a elargire questi soldi”, dichiara Victoria Harmon, portavoce della banca svizzera negli Stati Uniti.

UBS, dal canto suo, rifiuta di fornire il nome di un portavoce che possa rispondere alle domande di swissinfo.ch. Si attiene semplicemente a un comunicato in cui ricorda che “UBS non sostiene finanziariamente i candidati alla presidenza, e non ha più nemmeno un PAC (Comitato d’azione politica, Political Action Committee o PAC, ndr.), che potrebbe versare per conto suo denaro. Gli impiegati di UBS sono liberi di appoggiare un candidato con donazioni proprie”.

Tuttavia, i grandi benefattori non sono dei semplici collaboratori, ma manager o ex dirigenti dei due istituti bancari. Presso il Credit Suisse, John Hennessy, ex direttore generale di Credit Suisse First Boston e ora consulente della banca, e David Mulford, vicepresidente, sono dal 1990 tra i maggiori sostenitori delle campagne elettorali. Questi due “impiegati” hanno versato complessivamente 770 000 dollari per le presidenziali e le legislative.

Nelle fila di UBS, dal 1990 al 2012 i donatori più generosi sono Robert Wolf, fino al 1° agosto presidente di UBS nel continente americano e consigliere dell’istituto finanziario elvetico, e John Haskell, anche lui ex responsabile e ora consulente. In vista delle presidenziali e delle legislative hanno elargito più di 710 000 dollari.

Senza secondi fini?

Michael Malbin, direttore della Campaign Finance Institute, un centro di ricerca affiliato all’Università George Washingon, sottolinea che “quelli come Robert Wolf partecipano al finanziamento delle campagne perché s’interessano con passione ai problemi” del paese.

Ma la passione è la sola motivazione dei grandi donatori? E per chi è oggetto delle loro attenzioni, non c’è rischio di corruzione? “La parola corruzione è molto forte, credo però che le fonti del denaro tendano a definire la scaletta del governo e ad avere un influsso sul dibattito politico”, riconosce Malbin.

La parola corruzione non è eccessiva invece per Bill Allison della fondazione Sunlight, che persegue l’obiettivo di aumentare la trasparenza nelle stanze del potere pubblico americano. “Certo, il denaro può corrompere i politici. È vero che sono gli impiegati di una società a sostenere finanziariamente i candidati, non l’azienda. Però, la maggior parte di queste donazioni obbedisce agli interessi economici della ditta”, sostiene Allison.

“Le banche come UBS e Credit Suisse vogliono influenzare le normative che dal 2010 sono sottoposte a continue revisioni a seguito della riforma del settore finanziario”, conclude.

Al fianco dei potenti

Presso il Center for Responsive Politics, organismo non governativo che studia gli effetti delle donazioni e delle lobby sulle elezioni e sui politici, Bob Biersack ricorda che tale influenza può prendere le sembianze di nomine a cariche importanti.

Robert Wolf di UBS, non è solo amico di Barack Obama, ma anche membro di due commissioni presidenziali. David Mulford del Credit Suisse è stato, invece, ambasciatore in India durante la presidenza di George W. Bush.

Le società possono finanziare la campagna elettorale creando i propri Comitati di azione politica, i cosiddetti PAC o versando delle somme illimitate ai SuperPAC e alle organizzazioni delle convention (vedi dettagli a fianco).

Le aziende hanno fino a sessanta giorni dopo il congresso dei partiti per indicare l’ammontare delle loro donazioni. Per il momento, non hanno ancora svelato quale sarà la somma che intendono versare alla convention repubblicana o a quella democratica, che si terranno alla fine di agosto o all’inizio di settembre. Ma nel 2008, UBS et Novartis furono le sole società straniere a finanziare i convegni dei due partiti.

Il Credit Suisse è al quinto posto e prima società estera nella lista delle compagnie che sostengono la campagna elettorale di Mitt Romney. I suoi collaboratori hanno versato oltre 421 000 dollari.

UBS occupa la 12esima posizione, davanti alla società d’investimenti fondata dal candidato repubblicano alla presidenza. La somma totale elargita dagli impiegati di UBS è di 240 000 dollari.

I nomi dei due istituti bancari elvetici non appaiono invece tra i maggiori benefattori di Barack Obama.

Secondo la legge americana, una società può parteciapare al finanziamento della campagna elettorale di un candidato con un Comitato d’azione politica (PAC), sostenuto dagli impiegati dell’azienda che possono versare donazioni non superiori a 5 000 dollari per elezione e per candidato.

Nel 2008, Barack Obama apre un nuovo capitolo nella storia elettorale americana, essendo il primo candidato alla presidenza a rinunciare al finanziamento pubblico e raccogliendo una somma record di 750 milioni di dollari tra i sostenitori privati. Nel 2012, sia Barack Obama che Mitt Romney fanno capo al solo aiuto economico privato.

Nel 2010, la Corte suprema stabilisce che le società private e i sindacati sono delle “persone” che godono della libertà d’espressione garantita dalla Costituzione; quest’ultima li autorizza ad investire in campagne pubblicitarie, non legate a quelle dei candidati stessi.  

In marzo dello stesso anno, la Corte d’appello federale di Washington ha deciso che i gruppi che partecipano finanziariamente al dibattito politico possono ricevere donazioni senza restrizioni.

Dopo queste sentenze sono nati i SuperPAC, i Super comitati d’azione politica. A differenza dei semplici PAC, i SuperPAC non possono finanziare i candidati o i partiti, ma raccolgono e spendono il denaro senza alcuna limitazione, di solito per pubblicità televisive.

(Traduzione dal francese, Luca Beti)

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