I ticinesi approvano il salario minimo
Dopo Neuchâtel e Giura, il Ticino è il terzo cantone ad adottare un salario minimo per lottare contro il dumping salariale. Bocciata invece la proposta d’introdurre degli ecoincentivi per ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal traffico stradale. I risultati delle votazioni cantonali.
Nel canton Ticino, il 54% dei votanti ha approvato questa domenica l’iniziativa “Salviamo il lavoro in Ticino”, lanciata dai Verdi, che esigeva l’introduzione di un salario minimo, applicato anche ai settori economici privi di un contratto collettivo di lavoro. L’affluenza alle urne è stata del 43%.
La proposta, sostenuta anche da una parte della Lega dei ticinesi, dovrebbe consentire, secondo i suoi promotori, di lottare più efficacemente contro il dumping salariale, legato in particolare all’afflusso di manodopera da oltre frontiera. L’importo sarà fissato sulla base del salario medio nazionale.
Contro questa iniziativa erano scesi in campo il governo cantonale, in cui figurano anche due rappresentanti della Lega, come pure il Partito liberale radicale (PLR) e l’Unione democratica di centro (UDC). Ai loro occhi, il salario minimo farà ulteriormente lievitare i prezzi e appesantirà gli oneri delle aziende in un periodo di difficoltà, dovute all’apprezzamento del franco rispetto all’euro.
Sempre nel Canton Ticino, il 67% dei votanti ha invece bocciato una modifica della legge sulle imposte e le tasse di circolazione, volta a favorire l’elettromobilità e i veicoli a basso consumo di carburanti. Questo progetto, sostenuto dal governo e dal parlamento, era stato combattuto da un referendum lanciato dai giovani UDC e PLR.
Niente imposta alla fonte per i frontalieri
Nel canton Giura, il 68% dei votanti ha respinto un’iniziativa dell’UDC che chiedeva d’introdurre un’imposta alla fonte per i lavoratori frontalieri. Il testo proponeva di rivedere le condizioni dell’accordo concluso con la Francia nel 1983, che sancisce il principio dell’imposizione dei lavoratori frontalieri sul luogo di residenza, in cambio del versamento da parte di Parigi di una compensazione corrispondente al 4,5% della massa salariale.
Secondo l’UDC, il cambiamento di sistema avrebbe fruttato introiti supplementari di diversi milioni di franchi, un’affermazione contestata dalle autorità. I partecipanti al voto hanno invece accettato, con una maggioranza del 63%, un controprogetto che permetterà al governo di rinegoziare regolarmente il tasso di retrocessione. Nel canton Giura lavorano circa 8’000 frontalieri.
Sangallesi indulgenti verso i ricchi
I ricchi del canton San Gallo potranno conservare i loro privilegi fiscali: i cittadini hanno infatti respinto, con il 73% dei voti, l’iniziativa “Per un’imposizione equa della sostanza” lanciata dal Partito socialista (PS), dai Verdi e dai sindacati.
L’aumento delle aliquote, richiesto per i patrimoni superiori a 1 milione di franchi, avrebbe permesso di far affluire nelle casse cantonali 64,3 milioni in più all’anno, in modo da compensare gli sgravi fiscali concessi negli ultimi 15 anni. I votanti hanno quindi seguito le raccomandazioni di governo e parlamento, secondo i quali San Gallo avrebbe finito per soffrire della concorrenza fiscale di altri cantoni più accoglienti.
Voto elettronico a Basilea campagna
Il canton Basilea Campagna è pronto ad entrare nell’era del voto elettronico: i cittadini hanno infatti approvato, con il 68,9% di voti, una modifica della legge sui diritti civici che va in questa direzione. Non vi è ancora un progetto concreto, ma la base legale accolta dal popolo consente alle autorità di lanciare un progetto pilota.
Per procedere al voto elettronico dovrà essere soddisfatta tutta una serie di premesse tecniche ed organizzative che garantiscano la sicurezza, la segretezza e la corretta conta dei voti. La modifica della legge sui diritti civici aveva diviso il parlamento: la destra riteneva che fosse ancora troppo presto per legiferare in materia, mentre la sinistra non voleva perdere tempo.
I basilesi “di campagna” hanno anche detto sì, con il 76,3% di voti, a un’iniziativa che obbliga il cantone ad intensificare la collaborazione con Basilea Città e gli altri cantoni limitrofi. La proposta era stata lanciata in alternativa alla fusione fra i due ex semicantoni: un’idea bocciata sonoramente alle urne lo scorso mese di settembre.
No alle centrali a carbone
I Grigioni si sono probabilmente occupati per l’ultima volta dell’annoso tema delle centrali a carbone: i cittadini retici hanno infatti approvato alle urne, con l’80,9% di sì, un articolo costituzionale che sancisce la rinuncia definitiva ad acquisire nuove quote in società con partecipazioni in centrali di questo tipo.
L’articolo è la concretizzazione dell’iniziativa cantonale “Sì all’energia pulita senza carbone”, approvata alle urne dai grigionesi nel settembre 2013: poiché l’iniziativa era stata formulata come “proposta generica”, governo e parlamento hanno dovuto elaborare entro un anno un nuovo articolo costituzionale in materia.
L’iniziativa, promossa dalla sinistra e da organizzazioni ecologiste, era rivolta principalmente contro il progetto del gruppo poschiavino Repower a Saline Joniche (Calabria). Già prima della sua attuazione, l'”iniziativa sul carbone” ha prodotto effetti concreti. Il governo retico ne ha infatti tenuto conto nell’elaborazione della sua strategia per Repower, controllato a maggioranza dal Cantone (56%).
Alloggi al posto di uffici
I ginevrini hanno approvato con quasi il 58% dei voti una modifica legislativa che consentirà di agevolare la trasformazione in alloggi degli uffici e locali commerciali vuoti, la cui superficie complessiva è stimata a 84’000 m2. La riforma è stata combattuta da un referendum promosso dall’associazione degli inquilini ASLOCA.
Appoggiata dai partiti della sinistra e dai sindacati, l’ASLOCA ha sostenuto che la possibilità di trasformare gli spazi commerciali e industriali in alloggi è già contemplata dalla legge attuale. Quest’ultima impone tuttavia un controllo delle future pigioni da parte del Cantone, per un periodo compreso tra i tre e i cinque anni.
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