Il capo negoziatore svizzero se ne va
Michael Ambühl, il capo dei negoziati fiscali della Svizzera con l'estero, si è dimesso per la fine di agosto. Diventerà professore al Politecnico federale di Zurigo. Era in carica dal 2010 per difendere la piazza finanziaria elvetica, sottoposta a forti pressioni.
Anticipata da vari media, la notizia della partenza del segretario di Stato per le questioni finanziarie internazionali è stata ufficialmente confermata venerdì dal Dipartimento delle finanze (DFF). Il numero due del ministero dal prossimo settembre sarà professore di gestione di negoziati e conflitti al Politecnico di Zurigo. Una cattedra che “apparentemente è stata creata appositamente per lui”, sostiene l’edizione online del quotidiano Neue Zürcher Zeitung.
Al di là delle speculazioni, sta di fatto che le sue dimissioni intervengono in un momento delicato. Attualmente Berna sta ancora negoziando con Washington un accordo per risolvere il contenzioso fiscale che interessa numerose banche elvetiche. Intanto la pressione di Bruxelles per uno scambio automatico di informazioni è diventata più forte che mai.
Nato a Berna nel 1951, Michael Ambühl ha studiato economia aziendale e matematica al Politecnico federale di Zurigo, dove si è diplomato, ha conseguito il dottorato in scienze tecniche e poi insegnato.
Nel 1982 ha lasciato l’attività accademica e iniziato la carriera all’amministrazione federale presso i servizi diplomatici del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE).
Dopo aver esercitato diverse funzioni in Svizzera e all’estero, nel 1992 è diventato membro della delegazione dei negoziati Bilaterali I tra la Svizzera e l’Unione europea.
Nel 1999 è stato nominato ambasciatore e capo dell’Ufficio dell’integrazione. In questa funzione, nel 2001, è stato anche capo negoziatore per i Bilaterali II.
Nel 2005 è stato nominato segretario di Stato presso il DFAE, diventando così il numero due, dopo l’allora ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey, della diplomazia elvetica. Tra gli altri, ha condotto i negoziati tra Svizzera e Stati Uniti nell’ambito della vertenza UBS del 2009.
Nel 2010 è stato nominato segretario di Stato per le questioni finanziarie internazionali presso il Dipartimento federale delle finanze.
Nel frattempo, dal 2000 al 2009 è stato incaricato di impartire corsi alla facoltà di diritto dell’università di Zurigo. Dal 2010 è ospite permanente dell’ateneo zurighese.
Tanto lavoro, magri risultati
Ambühl è il primo segretario di Stato per le questioni finanziarie internazionali. Il governo federale lo aveva designato nel 2010, con l’intento di riuscire a portare la Svizzera fuori dalla tempesta che aveva colpito la piazza finanziaria. E lui non ha lesinato sforzi.
Sotto attacco c’era – e c’è tuttora – il segreto bancario. E’ stato in prima linea nella ricerca di una soluzione globale con Washington, che ha preso di mira una serie di banche elvetiche accusate di aver aiutato cittadini Usa ad evadere il fisco. Ambühl ha anche dovuto negoziare con l’UE su temi quali la fiscalità delle imprese e l’evasione fiscale, per evitare lo scambio automatico di informazioni. Ma lo scambio sembra ormai destinato ad imporsi.
Per lottare contro l’evasione fiscale la Svizzera ha firmato accordi con la Gran Bretagna, Austria e Germania, ma il parlamento tedesco lo ha bloccato, mentre le pressioni europee per lo scambio automatico di informazioni sono più forti che mai. Ambühl ha sempre detto che Berna si sarebbe piegata soltanto davanti a uno standard proposto dall’OCSE.
Nel frattempo ha dovuto cedere di fronte agli USA. Ambühl ha sottoscritto lo scorso febbraio, assieme all’ambasciatore degli Stati Uniti Donald S. Beyer, l’accordo sull’applicazione della legge americana FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act), che regola il trasferimento di informazioni sui conti detenuti dai contribuenti americani nelle banche elvetiche. “Un rospo da inghiottire” per la Confederazione, ma necessario, aveva riconosciuto all’epoca la ministra delle finanze.
L’intesa sarà sottoposta all’approvazione delle Camere federali. L’ultima parola potrebbe eventualmente spettare al popolo, se fosse lanciato un referendum.
Tra lodi e critiche
La ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha ringraziato Ambühl per i servizi resi e, benché rammaricata della partenza, ha detto di comprendere il suo desiderio di raccogliere nuove sfide. La tesoriera della Confederazione è comunque convinta che la continuità negli importanti dossier di cui si occupa Ambühl sia garantita. “Le nuove generazioni potranno approfittare delle sue ampie competenze”, scrive in una nota il DFF.
Ma il segretario di Stato è stato bersaglio di numerose e aspre critiche. Già alla fine dello scorso anno il presidente del Partito socialista svizzero Christian Levrat aveva affermato che Ambühl “personifica il fallimento della irragionevole speranza di accordi fiscali con gli Stati vicini e dei negoziati con gli USA”. Gli americani – a suo dire – riceveranno molti più dati di quanti se ne aspetterebbero, mentre ha sottovalutato gli sviluppi di tutta la vertenza con l’UE.
Ambühl doveva quindi trarre le debite conseguenze. Ora Levrat fa ancora più severo il suo giudizio: “ha portato il Paese in due strade senza uscita (con gli USA e l’UE, Ndr). E oggi colui che era stato salutato come il capitano della diplomazia economica se ne va, abbandonando la nave che affonda”.
Non la pensa allo stesso modo la parlamentare e compagna di partito di Levrat, Susanne Leutenegger Oberholzer, per la quale il segretario di Stato si è rivelato un diplomatico che ha compiuto il suo lavoro nell’ambito del quadro politico che gli era stato attribuito. Non bisogna perciò imputare ad Ambühl la responsabilità di fallimenti che chiamano invece in causa il governo e la maggioranza borghese in parlamento, i quali non hanno mai voluto prendere in considerazione, come possibile opzione, lo scambio automatico di informazioni.
“La partenza di Michael Ambühl indebolirà la posizione internazionale della Svizzera, sia nei futuri negoziati sullo scambio di informazioni all’interno dell’OCSE, sia con Bruxelles”, ha invece commentato il parlamentare liberale radicale Ruedi Noser in dichiarazioni all’edizione online del quotidiano zurighese Tages-Anzeiger.
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