Venti contrari per la rivendicazione degli svizzeri all’estero
Una vasta alleanza ha presentato venerdì a Berna l'iniziativa popolare per una moratoria sull'e-voting. La domanda di fondo resta però aperta: si tratta di una pausa di riflessione o della fine di questa rivendicazione capitale degli svizzeri all'estero?
Le tre lingue nazionali e tutti i partiti di governo, ad eccezione dei popolari democratici, erano rappresentati alla presentazione dell’iniziativa, oggi a Berna davanti ai media. E l’ampiezza dello spettro politico rappresentato è un fattore importante per i promotori.
“Non siamo antiquati oppositori della tecnologia, aggrappati al passato. La maggior parte di noi è attivo nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, ha sottolineato Franz Grüter, ideatore e motore dell’iniziativa “Per una democrazia sicura e affidabile (Moratoria per il voto elettronico)Collegamento esterno“. Deputato nazionale dell’Unione democratica di centro (UDC), è imprenditore informatico e fino allo scorso agosto era anche copresidente dell’Intergruppo parlamentareCollegamento esterno Svizzeri all’estero.
Scarsa comprensione per gli svizzeri all’estero
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Una petizione chiede l’e-voting per tutti gli svizzeri all’estero
Oggi, Grüter mostra però scarsa comprensione per la richiesta dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSECollegamento esterno). “In fin dei conti, non vogliamo che gli svizzeri all’estero non possano votare”, ha detto, “ma considero la fiducia nella nostra democrazia come un bene superiore”.
Il parlamentare ha osservato che la dipendenza degli svizzeri all’estero dal servizio postale permane per l’e-voting proprio come per il voto per corrispondenza. Spesso, infatti, gli svizzeri all’estero non possono votare perché il materiale di voto arriva in ritardo. Il voto online non risolve questo problema, perché i documenti sono ancora inviati per posta: solo il voto stesso può essere espresso tramite Internet.
“Un pericolo per la democrazia diretta”
“I rischi informatici sono aumentati drasticamente negli ultimi anni. La Svizzera non è disposta a riconoscere o scongiurare gli attacchi informatici”, ha proseguito Grüter. Anche gli altri membri del comitato d’iniziativa si sono detti preoccupati dal fatto che non esiste alcuna garanzia di sicurezza su Internet. A loro avviso, i risultati delle votazioni potrebbero essere falsificati e manipolati.
Drastico il giudizio del deputato nazionale dei Verdi Balthasar Glättli: “La democrazia funziona solo se anche i perdenti accettano il risultato. Se non c’è fiducia nei risultati, il fondamento della democrazia viene distrutto”. Per il parlamentare ecologista, il voto elettronico costituisce un pericolo diretto per… la democrazia diretta.
Una battuta d’arresto?
Ma cosa vuole l’iniziativa? “Si tratta di un divieto temporaneo”, hanno sottolineato i promotori. Sul piano tecnico, un divieto entrerebbe in vigore non appena fosse accettato in votazione dalla maggioranza del popolo e dei Cantoni. E questo anche a livello cantonale, non solo federale. Dopo cinque anni, il parlamento federale potrebbe tornare ad occuparsene.
Ma solo a una condizione preliminare ben precisa. Il voto elettronico può essere preso di nuovo in considerazione “solo se è altrettanto sicuro e affidabile del voto alle urne”. Questo è ciò che stipula il testo dell’iniziativa. In altre parole, se sono garantite la segretezza del voto e la sicurezza contro la manipolazione.
Ma lo spazio digitale può mai tenere il passo con il meccanismo di voto alle urne?
“Tanto vale dire che è un divieto e basta”, ha commentato provocatoriamente un giornalista.
Prima risposta del comitato d’iniziativa: “No, non è un raggiro. Non metteremo il livello di valutazione più in alto che per il voto alle urne”.
Seconda risposta: “È un divieto per la tecnologia informatica attuale”.
Per porre fine un giorno alla moratoria, sarebbero quindi necessarie più di alcune nuove misure di sicurezza. Sarebbero necessarie tecnologie radicalmente diverse, diverse da Internet. Questo si esprime anche nello slogan dei promotori: “Vogliamo staccare la spina al voto elettronico”. Dunque, stop, finito! O si può interpretare diversamente?
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“Stacchiamo la spina”
Segnali dei partiti
I promotori si sono dichiarati fiduciosi sul sostegno all’iniziativa che si attendono sul fronte partitico svizzero. Il deputato UDC Franz Grüter si aspetta che il suo partito raccomandi il “sì”. Il verde Balthasar Glättli ha parlato di forti segnali nello stesso senso in seno al Gruppo ecologista alle Camere federali. Il socialista Jean-Christophe Schwaab ha riferito che l’entusiasmo per il voto elettronico all’interno del suo partito si sta affievolendo. Le sezioni giovanili del partito socialista e dell’UDC hanno già dato il loro pieno sostegno all’iniziativa.
Solo l’esponente del Partito liberale radicale (PLR), Prisca Koller, ha dichiarato di rappresentare probabilmente una minoranza nel suo partito. Compatto a favore dell’e-voting rimane invece il Partito popolare democratico (PPD).
Il governo federale vuole comunque procedere con il voto elettronico. In dicembre ha avviato la procedura di consultazioneCollegamento esterno, aperta fino in aprile, sul progetto preliminare di revisione della Legge federale sui diritti politiciCollegamento esterno, che permetterebbe di far diventare l’e-voting il terzo canale ordinario di voto, alla stessa stregua di quello tradizionale alle urne e di quello per corrispondenza.
“Partecipiamo alla procedura di consultazione, ma non crediamo che questo ci permetterà di raggiungere il nostro obiettivo”, ha detto Franz Grüter. Perciò, alla fine di febbraio la raccolta delle firme per l’iniziativaCollegamento esterno inizierà.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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