L’economia elvetica fa l’occhiolino all’Iran
I recenti sviluppi del contenzioso sul nucleare tra Stati Uniti e Iran hanno risvegliato l’interesse degli Stati industrializzati del Nord nei confronti del paese teocratico. Anche la Svizzera si sta preparando a un'eventuale caduta dell’embargo economico. I contatti con i rappresentanti della Repubblica islamica sono sempre più frequenti.
«Da sei mesi i rappresentanti europei sono particolarmente attivi in Iran», dice Suhail el Obeid, esperto del Vicino Oriente presso la Switzerland Global Enterprise (S-GE), un’organizzazione svizzera che accompagna e informa le piccole e medie imprese elvetiche nelle loro attività internazionali. Dall’inizio dell’anno, l’interesse del mondo economico nei confronti del mercato iraniano si è ridestato. Dopo i negoziati del 2013 tra l’Iran e le grandi potenze delle Nazioni Unite – Russia, Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia (Gruppo dei 5+1) – l’Unione Europea e la Svizzera avevano sospeso le sanzioni su alcuni pochi prodotti e servizi.
«Di solito, più delegazioni sono contemporaneamente a Teheran, dice Suhail el Obeid. Vogliono essere pronte al decollo, «quando le sanzioni economiche saranno tolte». L’interrogativo principale è il seguente: «Quali bisogni e necessità ha l’Iran nei confronti dei miei prodotti o servizi? Per le piccole e medie imprese (PMI) è importante trovare partner, grossisti, clienti sul posto e iniziare i primi colloqui di lavoro».
La visita privata in Iran del gruppo di sei parlamentari ed ex parlamentari dell’Unione democratica di centro (UDC) ha suscitato molto clamore non solo perché dei deputati elvetici hanno criticato il comportamento della Svizzera nei confronti di Teheran e la loro visita aveva una parvenza ufficiale, ma anche perché presenta un aspetto singolare.
Si tratta infatti di esponenti di un partito che assume spesso posizioni anti-islamiche che si sono recati in un paese simbolo dell’islamismo. È lo stesso partito che ha promosso l’iniziativa che vieta la costruzione di minareti in Svizzera, approvata in votazione popolare nel 2009, e che ne sta preparando una per proibire di indossare indumenti che coprono il volto in luoghi pubblici.
Inoltre, quegli stessi parlamentari che avevano aspramente criticato l’allora ministra degli affari esteri svizzera Micheline Calmy-Rey quando, nel 2008, in visita a Teheran, aveva indossato il foulard, nel loro soggiorno in Iran hanno rinunciato alla cravatta perché considerata un simbolo occidentale e dunque malvista dagli islamici.
Gas e petrolio stuzzicano gli appetiti
Se e quando le sanzioni saranno annullate, dipende dall’esito dei negoziati sul programma nucleare iraniano. In questi giorni, i delegati del regime teocratico e il Gruppo dei 5+1 si incontrano a Vienna con l’obiettivo dichiarato di trovare un’intesa entro il 20 luglio.
In parole povere, l’accordo di Ginevra del novembre scorso ha stabilito che le trattative sarebbero proseguite in giugno, dice Philippe Welti, presidente della Camera di commercio svizzero-iraniana, nata pochi mesi fa.
L’ex ambasciatore svizzero in Iran non è solo un profondo conoscitore della Repubblica islamica, ma ha anche un’ampia rete di rapporti con il mondo economico elvetico. «La Camera prepara il terreno per facilitare i contatti diretti tra economia svizzera e clienti iraniani».
I segnali positivi scaturiti dai negoziati sul nucleare hanno suscitato grandi aspettative, «poiché potrebbero esserci rapidi cambiamenti», ricorda Welti. L’Iran è un Paese molto interessante dal punto di vista economico: a stuzzicare gli appetiti sono, da una parte, le riserve gigantesche di gas e di petrolio, e dall’altra, il ritardo accumulato nella tecnologia di punta per infrastrutture e beni di servizio. «Decisivi saranno i miglioramenti nell’estrazione del petrolio e del gas e la loro successiva elaborazione. Per sfruttare in maniera ottimale le sue grandi riserve, all’Iran manca la tecnologia, sia dal punto di vista qualitativo sia da quello quantitativo».
Altri sviluppi
“Ci vorrebbe più deontologia” in viaggi di parlamentari
Prodotti di nicchia targati Svizzera
L’economia elvetica ha tutte le carte in regola per avere successo sul promettente mercato iraniano, sostiene Welti. I suoi prodotti speciali e di nicchia sono tra i migliori al mondo. «L’industria automobilistica iraniana non è certo competitiva a livello globale, ma è gigantesca. In Svizzera, invece, il settore della costruzione di componenti conta piccole aziende, poco conosciute al grande pubblico, che occupano però una posizione dominante », illustra il presidente della Camera di commercio svizzero-iraniana. E proprio per queste aziende altamente specializzate, il potenziale del mercato iraniano è davvero molto interessante. Una di queste è la ditta Burkhardt Compression di Winterthur che realizza i noti compressori a pistoni e di cui l’Iran ha grande necessità.
Alla domanda sull’affidabilità dei partner commerciali di uno Stato che occupa nell‘indice di percezione della corruzione 2013 il 144esimo posto, su un totale di 177 Paesi, l’ex ambasciatore risponde: «Se il mondo economico ha bisogno di qualcosa di importante, l’Iran è pronto a prendere determinati accordi che lo trasformino in un partner affidabile attraverso, ad esempio, dei pagamenti anticipati».
Ma l’economia non funziona secondo i principi dello Stato di diritto occidentali. «In una controversia con un debitore iraniano non ci si può certo attendere un trattamento alla pari da parte della giustizia».
Shakib Mohammad-Gou stima a 1,7 miliardi di euro il volume degli scambi economici tra Svizzera e Iran, una cifra ben superiore a quanto comunicato dalla Segreteria di Stato dell’economia. Il cittadino iraniano, cresciuto in Germania, gestisce la piattaforma d’informazione Swiss-Persian.ch. I suoi dati si rifanno a informazioni rese note dalla dogana iraniana.
Stando a Mohammad-Gou, il mercato iraniano è interessante anche per le multinazionali svizzere come Nestlé, Novartis, Roche, ABB e per le grandi banche UBS e Credit Suisse. Queste aziende avrebbero ridotto, almeno ufficialmente, le loro attività commerciali in Iran, ma godrebbero di un’ottima reputazione e di una solida rete di contatti.
Parte degli scambi commerciali, ridotti a causa delle sanzioni, transiterebbe dalla Svizzera. Questa avrebbe un approccio «pragmatico» nell’applicazione delle sanzioni, «quando i prodotti non sono legati al programma nucleare o all’estrazione di petrolio o gas», dice Mohammad-Gou.
La SECO non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione in merito.
Come pagare?
In teoria, le forniture di molti prodotti non sono mai state vietate. Tuttavia, molti imprenditori hanno interrotto i loro rapporti commerciali con l’Iran per non entrare in conflitto con gli Stati Uniti. «Inoltre, a causa delle sanzioni internazionali devono rispettare un complicato iter procedurale», illustra Philippe Welti. «Il problema maggiore continua ad essere il traffico dei pagamenti».
L‘Iran è escluso dal sistema bancario internazionale Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication). In pratica, un traffico dei pagamenti con una garanzia giuridica funziona solo attraverso lo Swift. Le altre possibilità sono complicate e care. «Gli Stati Uniti hanno un controllo quasi completo su ogni transazione in dollari», dice Welti.
Che le attività commerciali con la Repubblica islamica non siano del tutto semplici, lo evidenziano anche le ritrosie dell’Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni (ASRE). Quest’ultima sarebbe, in sostanza, «pronta a valutare le richieste di copertura dei rischi per l’Iran, fintanto che l’esportatore propone un metodo di pagamento accettabile per l’ASRE», risponde la Segreteria di Stato dell’economia SECO a un’esplicita domanda di swissinfo.ch. «Nonostante l’allentamento delle sanzioni da parte del Consiglio federale, l’ASRE non può però trattare le richieste di copertura dei rischi poiché i metodi di pagamento non sono ancora sicuri», scrive ancora la SECO.
Malgrado il notevole interesse, non si notano sostanziali passi avanti dal punto di vista commerciale tra la Svizzera e l’Iran. Nei primi quattro mesi del 2014, le esportazioni sono cresciute, rispetto all’anno precedente, del 12,8 per cento a 99,3 milioni di franchi e le importazioni di 11,2 per cento a 12,8 milioni di franchi. Stando alla SECO, è difficile dire se questa evoluzione è dovuta alla sospensione puntuale delle sanzioni o a un’oscillazione naturale poiché il periodo in esame è troppo breve per una valutazione.
Nel 2008, la Svizzera e l’Iran, alla presenza dell’allora ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey, hanno sottoscritto un accordo per la fornitura di gas. Tale intesa aveva suscitato in Svizzera accese discussioni, anche perché, per l’occasione, la Consigliera federale portava il velo. A causa delle sanzioni, l’accordo è stato sospeso.
Alla luce dei recenti sviluppi sui negoziati sul contenzioso nucleare, né il Dipartimento federale degli affari esteri DFAE, né la ditta AXPO Trading AG informano su una possibile ripresa dell‘accordo con l‘Iran. «La situazione geopolitica non permette alcuna fornitura di gas», scrive l’AXPO. Nell’ambito del «TAP (Trans Adriatic Pipeline), AXPO si concentra sulle forniture dall’Azerbaigian».
Anche la più importante azienda industriale austriaca, la OMV, aveva sospeso un’intesa per la fornitura di gas con l’Iran. Stando alla stampa, negli scorsi giorni si sarebbero ripetuti gli incontri tra rappresentanti della OMV e del ministero iraniano responsabile dei negoziati riguardanti le esportazioni di greggio e gas.
Sotto i riflettori
Il rinato interesse nei confronti della Repubblica islamica è accolto con favore dallo Stato teocratico e i media iraniani lo evidenziano quasi a ogni piè sospinto. Sull’attendibilità delle fonti giornalistiche, vi è però qualche dubbio.
«Il produttore svizzero di biciclette elettriche Biketec è pronto a investire in Iran», titolava la radio iraniana, il cui programma in lingua tedesca si definisce «Voce della Repubblica islamica iraniana». Il canale radiofonico scrive che in un incontro con delle autorità iraniane, un membro del consiglio di amministrazione della ditta Biketec avrebbe dichiarato di voler costruire delle fabbriche di produzione e di assemblaggio sull’isola iraniana di Kish.
Peccato che i protagonisti della vicenda siano all’oscuro di tutto. L’azienda Biketec non ha nessuna idea da quale fonte l’articolista abbia pescato la notizia. L’impresa svizzera non sembra infatti avere alcuna intenzione di espandersi in Iran.
(traduzione dal tedesco, Luca Beti)
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