La 5a Svizzera non ha voluto la chiusura
Accettata per un soffio dall'elettorato elvetico, l'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa non ha sedotto gli svizzeri all'estero. Nei cantoni dove i loro voti sono conteggiati separatamente è risultato che l'hanno bocciata con quasi il 65%. Sui social network i pareri degli espatriati divergono.
“La decisione è stata presa con una differenza di voti inferiore al numero di svizzeri residenti nell’Unione europea che non hanno votato”, si è rammaricato Antoine Vieillard la sera dell’accettazione dell’iniziativa con una maggioranza risicatissima: meno di 20mila voti di differenza tra i sì e i no. Pur essendo ancora ben lontano dalla realtà per quanto riguarda i numeri, il parlamentare dell’Alta Savoia aveva visto giusto circa i sentimenti della Quinta Svizzera, in maggioranza ostile alla battuta di arresto inferto alla libera circolazione delle persone.
Degli oltre 730mila svizzeri residenti al di fuori dei confini della Confederazione, più di 450mila vivono in Europa. Tra questi, circa 112mila si sono iscritti nei registri elettorali in patria, una condizione necessaria per la partecipazione alle votazioni in Svizzera.
Il comportamento degli svizzeri all’estero nello scrutinio del 9 febbraio può solo essere stimato, poiché solo in otto cantoni i loro voti sono conteggiati separatamente. Sulla base delle cifre in questi otto cantoni, la loro partecipazione avrebbe raggiunto il 45%, vale a dire 11 punti percentuali in meno della partecipazione per l’insieme della Svizzera.
Sempre estrapolando questi dati, emerge che gli svizzeri all’estero hanno nettamente meno paura della “immigrazione di massa” rispetto ai loro connazionali in patria. Negli otto cantoni in questione, in media gli svizzeri all’estero hanno respinto l’iniziativa popolare lanciata dall’UDC con il 65% di no. Il loro tasso di rifiuto ha segnato punte del 71% a Ginevra e Basilea Città e del 69% nel cantone di Vaud. Anche in cantoni dove c’è stata una chiara maggioranza di sì, la diaspora ha respinto l’iniziativa senza appello, come per esempio ad Argovia (65 %) e Turgovia (63 %). Con un risultato mozzafiato – 2 voti di differenza – pure tra gli espatriati di Appenzello Interno è prevalso il no.
Altri sviluppi
Gli svizzeri all’estero
La paura degli altri
Sia su Facebook sia su SwissCommunity, il social network degli svizzeri all’estero, la gamma di reazioni al verdetto delle urne è ampia, benché tra coloro che si esprimono i fautori dell’iniziativa siano più numerosi. La maggior parte dei commenti che citiamo provengono dalla Francia, il paese che ospita la più grande diaspora elvetica: 191mila persone, la maggior parte delle quali ha la doppia nazionalità.
“Contrariamente a certe persone, non credo che i frontalieri e gli immigrati rubino il lavoro degli svizzeri, poiché il tasso di disoccupazione stagna al 3,6% e il 20% dei residenti non ha la cittadinanza svizzera. Quindi molti posti di lavoro resterebbero vacanti senza immigrati, scrive Nathan. Quello che mi sorprende è che soprattutto i cantoni meno colpiti dal fenomeno dell’immigrazione abbiano votato a favore del testo”.
Anche Regina evoca questa paura dell’ignoto: “Si vede che gli svizzeri abituati a vivere a contatto con gli stranieri da anni o da decenni (gli abitanti delle città) rifiutano l’iniziativa, mentre nelle regioni rurali, dove si è meno toccati, si erigono barriere. A quanto pare, non si è notato che queste regioni, per esempio con il turismo alpino, traggono molti benefici dall’arrivo degli stranieri e spesso utilizzano manodopera estera”.
“Delusa”, Tamara si chiede apertamente se “può ancora essere fiera di essere svizzera”.
Paura per se stessi
“Ritorno al permesso di soggiorno?”, chiede Filippo, mezzo ironico e mezzo inquieto. Un interrogativo sollevato da parecchi altri connazionali che vivono fuori dal territorio elvetico.
Lucie esprime il timore di ritrovarsi nella situazione di “non più poter ritornare a vivere in Svizzera con i nostri coniugi [stranieri], dal momento che per loro trovare un lavoro diventerà sempre più difficile. Lo trovo profondamente ingiusto”. E come svizzera di Francia, la sua prima preoccupazione riguarda “il permesso di soggiorno, che dal 2009 non è più necessario per i cittadini svizzeri. Ma continuerà così?”
Inès non è preoccupata tanto per il suo statuto, ma piuttosto “per le aziende svizzere, che avranno più difficoltà a trovare la manodopera e non potranno reperirla in Svizzera. E per quelle che esportano, quali misure di ritorsione adotterà l’UE nei confronti della Svizzera?”
Altri sviluppi
Il freno all’immigrazione visto dai vignettisti
“Lasciateci in pace!”
Ma sulle reti sociali ci sono anche molti svizzeri all’estero che esprimono soddisfazione per il verdetto uscito dalle urne il 9 febbraio.
Elke, che vive in Germania, premette di non essere una sostenitrice dell’UDC e di “non essere affatto d’accordo con campagne basate sulla paura dello straniero”. Ciò nonostante, ritiene “troppo elevato il numero di stranieri in Svizzera”. E aggiunge che “la Svizzera non deve sempre fare quello che gli ordina il grande fratello, ossia l’UE”.
Meno sfumata l’opinione di Inda, che lancia: “Lasciateci in pace con la dittatura dell’Europa!” E parecchi internauti della diaspora lodano le virtù della democrazia diretta svizzera e ne chiedono di più nei loro rispettivi paesi di accoglienza. In Francia, ad esempio, se si consultasse il popolo per ogni decisione importante, “ci sarebbero parecchie sorprese”, scrive Frédéric, “svizzero e fiero di esserlo”.
Per Martin, “è un’ottima cosa che la Svizzera resti la Svizzera e non un vasto cantiere pieno di immigrati”. E Gilles rincara: “La Svizzera ha vinto contro tutte le lobby, contro il grande capitale apolide, il padronato cerca sempre la manodopera a più buon mercato, gli internazionalisti frenetici, i ‘cittadini del mondo’ e i sinistroidi”.
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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