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La Francia colpita dal “virus svizzero”

I frontalieri francesi sono preoccupati per le possibili conseguenze del freno all'immigrazione. Keystone

Il voto tenuto in Svizzera sulla libera circolazione delle persone ha ispirato la destra francese. Diversi esponenti politici chiedono ora l’introduzione anche in Francia di quote per limitare l'immigrazione. Dalle regioni di frontiera giungono segnali di inquietudine, ma anche di comprensione.

“Il virus svizzero”: così il quotidiano Libération ha descritto l’impatto in Francia del voto svizzero sul freno all’immigrazione. Chi si aspettava un’indignazione unanime dopo il risultato dello scrutinio elvetico, è rimasto sorpreso. Le reazioni in Francia sono complesse e numerosi francesi affermano di “capire” la scelta di una piccola maggioranza di svizzeri.

“Perfettamente naturale”: il primo ad essere stato colpito dal “virus elvetico” non è un leader della destra nazionalista, ma uno dei tenori della destra moderata, rurale e tranquilla. Lunedi mattina, l’ex primo ministro francese François Fillon ha definito legittima la decisione del popolo svizzero di ridurre il numero di stranieri sul suo territorio.

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Il freno all’immigrazione visto dai vignettisti

Questo contenuto è stato pubblicato al L’esito della votazione del 9 febbraio 2014 sull’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”, che prevede l’introduzione di limiti massimi e contingenti annuali per gli stranieri in Svizzera, ha ispirato diversi vignettisti. Nella Confederazione, ma anche nei paesi vicini.

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Condividendo l’idea dell’UDC, Fillon ha invitato il Parlamento francese a fissare delle quote di immigranti, adeguate ai bisogni dei diversi settori professionali. “Bisognerebbe decidere ogni anno quanti immigrati la Francia può accogliere, a seconda della capacità di integrazione esistente”, ha detto l’ex primo ministro di Nicolas Sarkozy.

Successivamente, Fillon ha leggermente sfumato le sue dichiarazioni, esprimendo il suo rammarico per la situazione dei frontalieri. Altri leader della destra hanno invece deplorato la “disdetta unilaterale della libera circolazione” da parte elvetica, mentre la sinistra ha criticato il “cattivo vento” proveniente dalla Svizzera.

Il Fronte Nazionale applaude

Le critiche sono passate quasi inosservate, eclissate dalle parole di Fillon, che ha dato il tono del dibattito, poi rincarato dalla destra. Il voto svizzero serve da esempio, rafforzando le argomentazioni di coloro che, come l’ex ministro per gli Affari europei Laurent Wauquiez, propongono di uscire dalla zona Schengen. In nome del Fronte Nazionale, Marine Le Pen loda il “buon senso” mostrato dagli svizzeri.

“Questo tema si sta iscrivendo nella campagna per le prossime elezioni europee”, osserva la deputata Claudine Schmid, che rappresenta i francesi residenti in Svizzera all’Assemblea Nazionale. Sposata con uno zurighese e nata a due passi dalla frontiera svizzera, Claudine Schmid conosce molto bene la Confederazione.

Finora la Svizzera ha concluso 16 importanti trattati bilaterali con l’Unione europea (UE), che completano le disposizioni contenute nell’accordo di libero scambio del 1972.
 
Il trattato sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE è stato firmato nel 1999, insieme ad altri sei accordi.
 
Questo pacchetto contiene una cosiddetta ‘clausola ghigliottina’, in base alla quale la disdetta di un accordo comporterebbe anche la fine di tutti gli altri.
 
Sono quindi a rischio importanti trattati che consentono alle aziende svizzere di accedere al grande mercato unico dell’UE.
 
In particolare gli accordi sull’abolizione degli ostacoli tecnici al commercio, sulla partecipazione agli appalti pubblici, sul commercio di prodotti derivanti dall’agricoltura e sull’accesso delle compagnie aeree al mercato liberalizzato del trasporto aereo in Europa.

Secondo la deputata, bisogna evitare generalizzazioni e confronti improponibili. “Non immischiamoci nella politica elvetica”, dichiara Claudine Schmid, manifestando la sua fiducia nei confronti del pragmatismo svizzero. “Personalmente non nutro alcuna preoccupazione per i francesi che lavorano in Svizzera: non saranno toccati da questo voto”.

“La Svizzera si è sparata in un piede”

Da parte loro, i frontalieri sembrano però piuttosto inquieti. “I frontalieri che perdono il loro impiego rischiano di essere i primi a fare le spese del freno all’immigrazione: perderanno anche il loro permesso di lavoro e, dopo l’introduzione dei contingenti, avranno difficoltà a ritrovarlo”, prevede Jean-Pierre Kawczak, abitante di Thonon, che ha lavorato per 38 anni in Svizzera.

Kawczak, che era già in Svizzera negli anni ’70, ai tempi delle prime iniziative contro l’inforestierimento, afferma di non essere sorpreso dal voto svizzero. “Già da molto tempo si sente dire in Svizzera che vi sono ‘troppi frontalieri’ e si parla a Ginevra della ‘gentaglia’ di Annemasse”, città sul versante francese della frontiera ginevrina.

A detta dell’informatico francese, la Svizzera “si è sparata in un piede”, dal momento che il 75% delle sue esportazioni sono assorbite dall’Unione europea. I Ventotto potrebbero ora rivedere la loro posizione nei confronti della Confederazione. “Il suo PIL e il suo alto tasso di occupazione rischiano di subirne le conseguenze”.

Scelta “rispettabile”

La decisione svizzera non sciocca tutti i frontalieri che lavorano nella Confederazione. “Non si può criticare il fatto che la Svizzera abbia optato per la preferenza nazionale”, sostiene Alain Marguet, presidente dell’Associazione dei frontalieri della regione Franche-Comté. “Dopo tutto, questa preferenza esisteva già prima degli accordi di libera circolazione. La scelta svizzera va rispettata, tanto più che emana dal popolo. Se si ponesse la stessa domanda ai francesi, la loro risposta sarebbe identica”.

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Prima che gli accordi sulla libera circolazione, un frontaliere doveva abitare in una striscia di confine di 10 km per poter lavorare ogni giorno in Svizzera. “Oggi molte persone provengono da regioni colpite dalla disoccupazione, come la Lorena”, aggiunge Alain Marguet. “Questo può creare, in caso di disoccupazione, situazioni molto più dolorose”. Nell’arco giurassiano, il 60 % dei 45’000 posti di lavoro del settore orologiero sono occupati dai pendolari.

Relazioni con la Svizzera da rivedere

“Il voto svizzero in favore di una limitazione dell’immigrazione è una brutta notizia per l’Europa”, ha affermato lunedì il ministro degli esteri francese Laurent Fabius, per il quale l’Unione europea dovrebbe rivedere le sue relazioni con la Svizzera“.

“È un voto preoccupante poiché significa che la Svizzera vuole ripiegarsi su se stessa. Ed è paradossale poiché il 60% del commercio estero della Svizzera concerne i paesi dell’UE”, ha dichiarato Fabius alla radio RTL.

“È una cattiva notizia, sia per l’UE che per gli svizzeri, dal momento che rischiano di ritrovarsi penalizzati, se la Confederazione dovesse ripiegarsi in questo modo”, ha proseguito il ministro degli esteri, sottolineando che “la Svizzera non rappresenta una notevole potenza economica”. Secondo Fabius, “dopo questa decisione, dobbiamo rivedere le nostre relazioni con Berna”.

Traduzione di Armando Mombelli

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