La Svizzera raggruppa l’aiuto estero: i rischi
La Svizzera raggrupperà l'aiuto umanitario con la cooperazione allo sviluppo. È una situazione delicata poiché l'assistenza d'emergenza richiede raramente di essere giustificata, mentre i progetti di sviluppo quasi sempre. Questa svolta amministrativa rischia di rendere il settore più vulnerabile alle critiche. La tradizione umanitaria elvetica è sotto pressione?
Dopo il devastante terremoto di Haiti del 2010, la Svizzera ha contribuito alla ricostruzione degli edifici scolastici. Ha inviato nel Paese persone esperte in costruzioni antisismiche, ha messo a disposizione delle autorità dei modelli standard per i vari tipi di scuola e ha formato muratori e muratrici.
Si è trattato di aiuto allo sviluppo? No. Per la Svizzera era aiuto umanitario.
Cambio di scena: alla fine degli anni ’90, lo Sri Lanka era in preda a una guerra civile. In questo clima infuocato, la Svizzera ha organizzato la rappresentazione del dramma di Bertold Brecht “Madre coraggio e i suoi figli” in lingua tamil e singalese. Lo scopo era sensibilizzare la popolazione sulla necessità di trovare una soluzione di pace.
In questo caso, di cosa si è trattato? Per la Svizzera era aiuto allo sviluppo. Senza pace, niente sviluppo: questo era il ragionamento della Confederazione.
Se vi sembra strano, siete in buona compagnia. Secondo un’indagine interna di Alliance Sud, associazione che riunisce diverse organizzazioni di assistenza elvetiche, la maggior parte delle persone ha difficoltà a fare la distinzione tra aiuto umanitario e cooperazione allo sviluppo. I due settori vengono spesso confusi e il lavoro delle ONG tende ad essere associato soprattutto al settore umanitario.
“Probabilmente, quando si parla di cooperazione allo sviluppo, nessuno pensa a un progetto teatrale in Myanmar, dove si tratta di empowerment e good governance”, dice lo storico svizzero Konrad Kuhn, professore assistente di etnologia europea all’Università di Innsbruck, in Austria. La cooperazione allo sviluppo si è evoluta in modo fluido rispetto all’aiuto umanitario, spiega, ed entrambi i settori confluiscono sempre più uno nell’altro, motivo per cui molte persone faticano a distinguerli.
Tendenza internazionale
La fusione sempre maggiore tra aiuto umanitario e cooperazione allo sviluppo non è il risultato di un discorso teorico, ma emerge piuttosto dalla pratica.
Per esempio, durante l’epidemia di colera ad Haiti, l’aiuto umanitario internazionale non è intervenuto solamente a breve termine fornendo cure mediche, ma anche sistematicamente, agendo sull’approvvigionamento idrico. Solo in questo modo l’aiuto può essere duraturo e sostenibile.
Può anche succedere che in un Paese in cui sono in corso dei progetti di sviluppo scoppi una guerra. “In passato, la cooperazione allo sviluppo se ne andava quando la situazione diventava ‘troppo calda’”, spiega Markus Heiniger, che per molti anni ha lavorato per la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), l’agenzia della Confederazione preposta alla cooperazione internazionale. Oggi, si resta in attività anche in circostanze fragili, soprattutto perché i conflitti durano più a lungo e molte regioni sono più instabili rispetto a 30 anni fa.
Stando ad Heiniger, non si tratta di un fenomeno puramente elvetico. È un’evoluzione che si osserva da tempo a livello internazionale e una destrutturazione di questa organizzazione a compartimenti stagni sarebbe a lungo dovuta.
Riorganizzazione per l’agenzia dello sviluppo svizzera
La DSC sta per vivere una riorganizzazione. La divisione dell’aiuto umanitario e quella della cooperazione allo sviluppo saranno fuse entro settembre 2022.
“Per ragioni storiche, l’aiuto umanitario e cooperazione allo sviluppo sono settori distinti in seno alla DSC. Tuttavia, questa separazione ha sempre meno senso”, scrive la portavoce della DSC Léa Zürcher in risposta a SWI swissinfo.ch. Una valutazione esterna del 2019 ha raccomandato di adattare l’organizzazione interna a questa evoluzione. Tuttavia, i crediti quadro per la cooperazione allo sviluppo e per l’aiuto umanitario non saranno uniti, al contrario di quanto consigliato nella raccomandazione.
Secondo la DSC, l’armonizzazione tra i due settori si concretizzerà negli uffici svizzeri dell’agenzia. “Sotto la nuova direttrice, Patricia Danzi, la cooperazione per l’aiuto umanitario durante le crisi di lunga durata e la cooperazione allo sviluppo saranno unite istituzionalmente nella sede di Berna”, dice Zürcher. “Questo significa, ad esempio, che il lavoro dell’aiuto umanitario e quello della cooperazione allo sviluppo in Mali saranno gestiti da un unico ufficio a Berna”. Ciò dovrebbe permettere di utilizzare in modo adeguato gli strumenti della cooperazione internazionale senza sovrapposizioni e secondo le necessità, e quindi di rispondere al meglio ai bisogni sul campo.
Una riorganizzazione delicata
La riorganizzazione (con relative conseguenze sul personale) oltre a creare apprensione all’interno della DSC è anche potenzialmente esplosiva dal punto di vista politico poiché i due tipi di aiuto hanno un’immagine molto diversa.
Lo si vede, da un lato, nei Paesi beneficiari. L’aiuto umanitario è generalmente percepito come più neutrale della cooperazione allo sviluppo, il quale impone condizioni e cerca di modificare le strutture politiche e sociali. Con la fusione dei due settori, c’è il rischio che le parti in guerra neghino l’accesso agli aiuti umanitari.
Lo si vede anche nel Paese donatore. Tra i partiti di destra, l’aiuto umanitario gode di più popolarità della cooperazione allo sviluppo. “L’aiuto umanitario è un intervento a breve termine in situazioni di emergenza, quindi a livello interno non è soggetto a controversie”, spiega lo storico Kuhn. La cooperazione allo sviluppo e la sua efficacia, invece, sono spesso messe in discussione.
Tra le voci critiche troviamo ad esempio quella della consigliera nazionale Barbara Steinemann dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), secondo cui le autorità svizzere hanno perso di vista quali sono le priorità dell’aiuto allo sviluppo. “Paghiamo miliardi di franchi all’estero per progetti discutibili a Stati corrotti, per conferenze internazionali e per programmi di genere nell’agricoltura georgiana”, dice.
L’aiuto umanitario, così popolare alla destra dello scacchiere politico, nel contesto della fusione si trova probabilmente in una posizione più debole rispetto alla cooperazione allo sviluppo. Il Corpo svizzero di aiuto umanitario (CSA) è un corpo di milizia. Una parte del personale specializzato (ad esempio in ingegneria civile o idraulica, oppure nel settore medico) viene ingaggiata a tempo determinato. La Catena svizzera di salvataggioCollegamento esterno, che fornisce aiuto in caso di terremoto, secondo una valutazione esterna avrebbe dovuto essere abolita (per ora la Svizzera ha deciso di non farlo).
Secondo il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), capita spesso che collaboratori e collaboratrici della DSC alternino il lavoro nell’aiuto umanitario con quello nella cooperazione allo sviluppo. È vero che si tratta di unire due culture, ma l’interrelazione è già forte oggi e la riorganizzazione aumenterà ulteriormente le sinergie.
Resta da capire se, con la fusione, la cooperazione allo sviluppo prenderà il sopravvento sull’aiuto umanitario. Se così fosse, la cooperazione internazionale potrebbe diventare bersaglio delle critiche della destra ancora di più di quanto sia già.
Non mettere gli aiuti uno contro l’altro
I partiti di sinistra, tradizionalmente favorevoli alla cooperazione allo sviluppo, vedono le cose in modo diverso. Per l’esperta di politica estera dei Verdi (partito ecologista) Christine Badertscher, che fa parte del consiglio di fondazione di Swissaid, la fondazione svizzera per la cooperazione allo sviluppo, tutti i settori dell’aiuto estero sono importanti e non devono essere messi in competizione tra di loro. “L’aiuto umanitario è importante dopo un disastro, ma funziona solo sul breve termine. La cooperazione allo sviluppo aiuta a costruire strutture durature che permettano di evitare il ripetersi di un disastro”, dice.
In altre parole, l’aiuto allo sviluppo è paragonabile a un’ambulanza. Arriva subito dove è necessario e agisce velocemente. L’aiuto allo sviluppo invece è assimilabile alla fisioterapia. Funziona sul lungo periodo con un processo di accompagnamento. Per tornare in salute, c’è bisogno di entrambi.
La DSC parla di una “cassetta per gli attrezzi”. Gli strumenti dei diversi tipi di aiuto devono essere combinati in modo ottimale ed essere utilizzati simultaneamente a seconda del contesto. Perché in fin dei conti, come sostiene l’ex collaboratore della DSC Heiniger: “Dal punto di vista delle persone colpite, non importa a quale titolo arrivino gli aiuti. L’importante è che arrivino”.
L’aiuto umanitario ha l’obiettivo di salvare in modo imparziale delle vite e di alleviare le sofferenze dopo disastri, guerre o crisi. Esempi: ricerca di persone sopravvissute dopo un terremoto; distribuzione di cibo durante una carestia; fornitura di cure durante una guerra.
La cooperazione allo sviluppo intende sradicare la povertà attraverso lo sviluppo economico e a promuovere i diritti umani e la democrazia. Esempi: organizzazione di corsi di formazione in apicoltura e consulenza per vendere il miele sul mercato locale; raccolta di dati per ridurre la prescrizione di antibiotici ai bambini; programmi di alfabetizzazione ed emancipazione; progetti di protezione del clima.
La cooperazione allo sviluppo economico mira a rilanciare l’economia in collaborazione con il settore privato locale e svizzero. È gestita dalla Segreteria di Stato l’economia (Seco). Esempi: concessione di prestiti alle PMI locali; collegamento tra l’appalto di una ditta svizzera all’estero con un programma di apprendistato.
La cooperazione di transizione promuove lo Stato di diritto, la democrazia e l’economia sociale di mercato e rafforza la società civile. Dal punto di vista geografico, si concentra sui Balcani occidentali e sui Paesi dell’ex Unione sovietica. La cooperazione di transizione agisce sulle riforme della società, dell’economia e dello Stato. Esempi: formazione del personale comunale; consulenza alle amministrazioni finanziarie pubbliche; consulenza per riformare il sistema carcerario.
La promozione della pace vuole estirpare le cause del conflitto e proteggere le persone dalla violenza e dalla guerra. In alcune aree, questo lavoro passa dalla diplomazia. Esempi: Redazione di linee guida internazionali, monitoraggio delle elezioni, buoni uffici o analisi del passatoCollegamento esterno.
Fonte: DFAE
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.