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La Svizzera rimane nel mirino di Parigi

Perfino l'ex ministro francese del bilancio Jérôme Cahuzac aveva un conto segreto in Svizzera AFP

Mentre il parlamento francese esamina una nuova legge contro l'evasione fiscale, il presidente François Hollande vuole un elenco aggiornato dei paradisi fiscali. Per il momento, gli occhi sono puntati soprattutto sull'Austria. Ma anche la Svizzera rimane sotto tiro.

“La lotta contro l’evasione fiscale e i paradisi fiscali deve essere implacabile”, ha avvertito il nuovo ministro francese del bilancio Bernard Cazeneuve.

Per ora, le autorità francesi stanno facendo pressione soprattutto su Vienna. Dopo il cedimento del Lussemburgo, due settimane fa, l’Austria rimane infatti l’unico Stato dell’Unione europea, che rifiuta ancora la nuova “dottrina” in materia di cooperazione fiscale: lo scambio automatico d’informazioni.

“Non è normale che Vienna continui a rifiutarsi di comunicare i dati delle sue banche relativi ai cittadini dell’Unione europea”, ha deplorato Bernard Cazeneuve, che non esclude l’inserimento dell’Austria sulla lista nera dei paesi non cooperativi in materia fiscale.

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Problema numero uno

Parigi spera di poter piegare le resistenze austriache, in modo da poter affrontare finalmente il vero “problema”: la Svizzera. “Dopo le elezioni legislative del prossimo autunno, Vienna adotterà lo scambio automatico d’informazioni”, prevede il deputato socialista Yann Galut, specialista di questioni fiscali in seno all’Assemblea Nazionale.

L’UE potrebbe allora creare una legislazione modellata sul Foreign Account Tax Compliance Act (FATCA), in base al quale Washington esige ora dai paesi partner la trasmissione di tutte le informazioni su conti bancari, investimenti e redditi dei contribuenti americani residenti all’estero. E, in seguito, i Ventisette potrebbero esercitare grandi pressioni sulla Svizzera, affinché si adegui a sua volta.

Dopo il caso Cahuzac, l’ex ministro del bilancio francese costretto recentemente ad ammettere di detenere un conto non dichiarato in Svizzera, diversi rappresentanti politici francesi non hanno nascosto il loro malumore nei confronti del segreto bancario svizzero.

Agosto 2009: Il ministro del bilancio francese Eric Woerth, pubblica un elenco di 3’000 “evasori fiscali”, invitandoli ad autodenunciarsi al fisco. L’allestimento di questo elenco ha fatto seguito al furto di dati bancari presso la succursale di Ginevra della HSBC.

Gennaio 2010: Entra in vigore la nuova Convenzione di doppia imposizione tra Francia e Svizzera. L’accordo prevede lo scambio di informazioni fiscali su richiesta.

Marzo 2012: I due principali candidati alle elezioni presidenziali francesi, Nicolas Sarkozy e François Hollande, propongono di tassare i ricchi francesi che si sono stabiliti in Svizzera. Una misura che necessiterebbe una revisione della convenzione di doppia imposizione fiscale.

Agosto 2012: Berna e Parigi siglano un nuovo accordo sulla tassazione delle successioni. Gli eredi residenti in Francia di contribuenti domiciliati in Svizzera sono ora tassati dalle autorità fiscali francesi.

Dicembre 2012: Parigi non riconosce più gli accordi di tassazione globale praticati in Svizzera, che permettono a ricchi contribuenti francesi residenti sul suolo elvetico di versare solo un’imposta modica rispetto al loro reddito.

Marzo 2013: L’ex ministro del bilancio Jerome Cahuzac ammette di aver posseduto un conto bancario svizzero non dichiarato.

Nulla di nuovo

Per ora, il governo elvetico si difende, ripetendo a chiunque voglia ascoltare che lo standard dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) rimane lo scambio di informazioni su richiesta – e non automatico.

Ma anche questo strumento di difesa rischia di cadere ben presto. “Nel giugno dell’anno scorso, l’OCSE si era già espressa in favore di una prossima introduzione dello scambio automatico d’informazioni, sottolineandone i vantaggi”, osserva Christian Chavagneux, direttore della rivista L’Economie politique.

E anche se lo scambio d’informazioni su richiesta resterà la regola ancora per alcuni mesi, la posizione della Svizzera è già ora molto fragile. Sottoposta all’esame del Forum mondiale dell’OCSE sulla trasparenza e lo scambio d’informazioni a fini fiscali, la Confederazione continua a stagnare nella fase 1, ossia a livello di revisioni legislative. Liechtenstein e Lussemburgo vengono invece già piazzati nella fase 2, che concerne l’inizio dei cambiamenti di pratica fiscale.

Ciò è particolarmente problematico, se si pensa che il Forum dovrebbe rendere conto dei risultati dei suoi esami entro la fine del mese al G20. “Il rapporto è già stato inviato”, spiega Pascal Saint-Amans, direttore del Centro per la politica e l’amministrazione fiscale dell’OCSE. Da parte svizzera non vi è nulla di nuovo, deplora Pascal Saint-Amans.

Si tratta di un rapporto intermedio, ma “potrebbe fornire munizioni a coloro che intendono mettere la Svizzera sulla lista nera dei paradisi fiscali non cooperativi”, ritiene Christian Chavagneux.

Il Forum rimprovera tra l’altro a Berna d’informare i contribuenti che si ritrovano al centro di una richiesta d’informazioni fiscali inoltrata da un altro paese. E chiede alla Svizzera di firmare almeno 60 accordi fiscali bilaterali che corrispondano ai criteri dell’OCSE.

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Malumore di Parigi

Il bilancio della cooperazione fiscale fornita dalla Svizzera dal punto di vista pratico è tutt’altro che brillante, secondo Parigi. Da quando i due paesi hanno concordato lo scambio d’informazioni su richiesta nel 2010, la Svizzera ha risposto soltanto a parte delle domande formulate dalla Francia e le risposte sono state spesso di “scarsa qualità”, afferma Christian Chavagneux. Ciò ha suscitato un notevole malumore da parte francese.

Anche le recenti dichiarazioni di François Hollande si rivolgono abbastanza chiaramente alla Svizzera. “La lista dei paradisi fiscali stilata annualmente dal governo sarà rivista non solo tenendo conto degli accordi fiscali firmati da Parigi con altri paesi, ma anche sulla base di una valutazione del modo con il quale vengono applicati”, ha minacciato il presidente francese.

Dopo il caso Cahuzac, la tolleranza verso l’evasione fiscale non è più di moda in Francia. Un progetto di legge sulla frode fiscale sarà presentato il 24 aprile. Il deputato Yann Galut desidera inasprire ulteriormente il testo, introducendo tra l’altro un delitto di frode fiscale perpetrato da una banda organizzata. Il parlamentare vuole inoltre autorizzare l’uso da parte del fisco e della giustizia di dati bancari rubati.

“La Svizzera è un paradiso fiscale che ha una legislazione molto protettiva nei confronti dei criminali fiscali francesi”, ha dichiarato Yann Galut, pur riconoscendo i “progressi” compiuti in questi ultimi anni in seguito alle pressioni internazionali. La Svizzera non potrà sfuggire ad una revisione dell’accordo bilaterale di doppia imposizione, sostiene il deputato.

Traduzione di Armando Mombelli

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