Lunga attesa per le scuole svizzere all’estero
Le 18 scuole svizzere nel mondo accolgono espatriati e allievi stranieri. Una nuova legge dovrebbe consentire loro di svilupparsi. In congresso a Zugo, i responsabili di questi istituti non nascondono la loro impazienza. E nemmeno i loro timori.
«Aspettiamo un grande “sì alle scuole svizzere” da parte del governo elvetico!», afferma Barbara Sulzer Smith, direttrice dinamica e decisa della scuola svizzera di Barcellona.
Assieme ad una quarantina di altri responsabili di istituti, la zurighese ha partecipato all’incontro annuale delle scuole svizzere all’estero, tenutosi a metà luglio a Zugo.
Come altri 13 cantoni, tutti germanofoni tranne il bilingue Vallese, Zugo è un cantone partner delle scuole svizzere. Il federalismo elvetico prevede in effetti che le scuole svizzere, nonostante siano delle organizzazioni private situate all’estero, devono adottare un sistema d’istruzione cantonale. Gli allievi di Barcellona seguono così il programma bernese, mentre il canton Zugo “patrocina” la scuola di Singapore.
Ma non sono queste considerazioni a occupare i pensieri dei delegati della conferenza di quest’anno. La riunione si è infatti svolta nel mezzo della procedura di consultazione sulla revisione della Legge federale sull’istruzione dei giovani svizzeri all’estero (LISE), il testo che determinerà il futuro delle scuole.
Al termine della consultazione (30 settembre), il governo svizzero adotterà un progetto definitivo e lo sottoporrà al parlamento. L’entrata in vigore del nuovo testo non avverrà prima del 2014. Si capisce dunque l’inquietudine che regna tra le direttrici e i direttori delle scuole svizzere, che non possono per ora prendere alcuna decisione importante in materia di investimenti. Il mantenimento del contributo federale di 20 milioni di franchi appare comunque assicurato anche in futuro.
«Concedere più flessibilità»
«È una fase delicata e le scuole hanno un po’ paura», conferma Rudolf Wyder, direttore dell’Organizzazione degli Svizzeri dell’estero (OSE). Le scuole, chiamate a diventare ancor più dei pilastri della presenza svizzera all’estero, hanno bisogno di flessibilità per poter concludere delle collaborazioni. Avremmo pure bisogno di nuove scuole nei paesi emergenti: queste permettono in effetti di stringere contatti con le élite nazionali».
“Flessibilità” è dunque la parola d’ordine della revisione. Attualmente, per essere riconosciuta dal Consiglio federale e ottenere così un sussidio, una scuola svizzera all’estero deve tra l’altro contare almeno dodici allievi svizzeri (25 per le prime richieste). La proporzione di giovani elvetici deve inoltre essere di almeno il 30% (20% nelle scuole con oltre 60 studenti). La nuova legge prevede al contrario di rinunciare a fissare una proporzione minima.
«Questo quorum è un ostacolo, spiega Barbara Sulzer Smith. A causa della soglia minima per gli svizzeri, non possiamo ad esempio accettare nuovi allievi stranieri. Ma se vogliamo svilupparci e tener testa alla concorrenza, dobbiamo poter essere in grado di accoglierli».
Crisi e concorrenza
La scuola svizzera di Barcellona gode tradizionalmente di un’eccellente reputazione presso le «buone famiglie catalane» che indirizzano i loro figli verso le carriere internazionali. La crisi ha tuttavia lasciato tracce ben visibili. «Fino all’anno scorso avevamo una lista d’attesa. Ora invece non l’abbiamo più. Abbiamo notato che ci sono meno espatriati svizzeri che vengono a lavorare in Spagna», osserva Barbara Sulzer Smith.
Anche se la nuova legge non prevede alcuna quota minima di studenti e insegnanti svizzeri per accordare i sussidi, le scuole dovranno comunque tener conto dei numeri. Secondo il progetto legislativo, gli aiuti statali dipenderanno infatti dal numero totale di allievi e di insegnanti.
Un elemento che potrebbe rivelarsi problematico: i bambini di Singapore, ad esempio, non hanno il diritto di studiare in scuole straniere, le quali devono così svilupparsi solamente con i figli degli espatriati. Su questo aspetto dibatteranno verosimilmente le Camere federali.
Presenti nei paesi emergenti
Nel suo rapporto esplicativo, il Consiglio federale scrive che «la presenza d’istituti di formazione sarà particolarmente auspicabile in paesi quali la Cina, l’India, la Corea del Sud, il Vietnam o la Russia». «È lì che si gioca il futuro», sottolinea anche Derrick Widmer, presidente di Educationsuisse, il nuovo nome dell’associazione delle scuole svizzere all’estero.
«La revisione permetterà alle scuole di ampliarsi, prosegue. Ma bisogna garantire loro una base finanziaria. In alcuni paesi, non si può tener testa alla concorrenza se non si può mettere a disposizione sin dall’inizio una palestra».
Le scuole svizzere sono chiamate a svolgere un ruolo maggiore «nella nostra politica economica e culturale estera», stando al rapporto del governo. La questione sarà dunque di sapere a quale dipartimento federale dovranno far capo. Oggigiorno, è il Dipartimento federale dell’interno (a cui compete l’istruzione e la cultura) a valutare le richieste di riconoscimento.
Tra i compiti di base delle scuole svizzere vi è pure la collaborazione con gli ambienti economici (in particolare per le formazioni professionali) e la rappresentazione degli interessi svizzeri all’estero. A entrare in linea di conto potrebbero così essere il Dipartimento federale dell’economia e il Dipartimento federale degli affari esteri. Secondo Rudolf Wyder, direttore dell’OSE, la decisione penderebbe attualmente in favore di quest’ultimo.
Nell’attesa di una decisione parlamentare, i candidati per l’apertura di scuole svizzere non mancano. Una scuola “internazionale” che accoglie 15 allievi svizzeri ha appena aperto le sue porte in Vietnam. Con la nuova legge potrebbe forse ottenere il marchio “Swiss Government Approved School”. Una lingua inglese dunque onnipresente?
Di sicuro, anche se – come puntualizza Barbara Sulzer Smith – «siamo pure i garanti del plurilinguismo svizzero, visto che oltre allo spagnolo, al catalano e all’inglese insegniamo il tedesco e proponiamo dei corsi di francese».
Le scuole svizzere all’estero riconosciute sono 18:
7 in Europa (Bergamo, Catania, Milano con una filiale a Como, Roma, Barcellona e Madrid).
8 in America latina (Città del Messico con filiali a Cuernavaca e Querétaro, Bogotá, Lima, Santiago, San Paolo con una filiale a Curitiba).
1 in Africa (Accra).
2 in Asia (Bangkok, Singapore).
Le scuole svizzere di Accra, Bergamo, Catania e Singapore propongono soltanto un insegnamento di livello secondario I, mentre tutti gli altri istituti coprono la totalità della scolarità, dalla scuola materna alla fine del livello secondario II (maturità federale o internazionale).
Queste scuole consentono poi di accedere a istituti formativi svizzeri e locali.
In totale, 7’500 allievi, di cui 1’800 svizzeri, seguono un insegnamento multilingue (tedesco, inglese, francese e lingua nazionale) nelle scuole svizzere.
Le scuole svizzere sono organizzate in associazioni di utilità pubblica. Devono quindi investire eventuali profitti.
La Confederazione copre il 25-30% dei loro costi di gestione (50% nel 1988).
Collaborazioni con scuole tedesche, francesi e internazionali sono in atto ad Atlanta, Hong Kong, Cairo, Londra, Manila, Nairobi, New York, Osorno (Cile), Parigi, Quito, Ruiz de Montoya (Argentina) e a Tokyo.
La prima Legge federale sull’istruzione dei giovani svizzeri all’estero (LISE) è entrata in vigore nel 1988.
Stabiliva che le scuole che volevano essere riconosciute dal governo svizzero e ottenere un sussidio dovevano: essere un’organizzazione svizzera, avere una direzione e una maggioranza di insegnanti di nazionalità elvetica, beneficiare del sostegno di un cantone e disporre di almeno il 30% di allievi svizzeri (20% per gli istituti con oltre 60 allievi).
La futura Legge federale sulla presenza della formazione svizzera all’estero non prevede invece alcuna proporzione minima, né per gli allievi né per gli insegnanti.
I sussidi dipenderanno dal numero complessivo di studenti. Il sostegno finanziario per allievo svizzero sarà tuttavia più elevato.
«Le scuole svizzere saranno considerate come parte integrante della presenza svizzera all’estero e avranno una maggiore flessibilità imprenditoriale», ha spiegato il governo.
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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