Managed care al bivio: il popolo sceglierà la via
Un progresso per tutti, secondo i sostenitori. Punitiva per gli assicurati, secondo gli oppositori. La via scelta dal parlamento per far diventare le reti di cure integrate la norma in tutta la Svizzera è contestata da un referendum. Sarà dunque l'elettorato a decidere.
Sul principio tutti i partiti concordano: le reti di cure integrate – o managed care – consentono di mantenere l’alta qualità delle prestazioni sanitarie svizzere e al contempo di frenare i costi, evitando analisi superflue e visite mediche inutili.
Le reti sono costituite da medici e altri professionisti della sanità che concludono fra loro un contratto di collaborazione per fornire trattamenti coordinati ai pazienti lungo tutto il percorso terapeutico. I pazienti che vi aderiscono scelgono il medico di base che li guida.
I politici manifestano una volontà corale di diffondere in tutta la Confederazione le reti, attualmente concentrate soprattutto negli agglomerati urbani della Svizzera tedesca e a Ginevra. L’idea è di far diventare il managed care il modello della medicina di base per il quale tutti gli assicurati possano optare.
L’unanimità politica e degli attori del settore sanitario si è però infranta sulle modalità di raggiungere questo obiettivo.
Contro la revisione che ancora il managed care nella Legge federale sull’assicurazione malattie (LAMal), approvata dal parlamento lo scorso settembre, il Partito socialista (PS), la Federazione dei medici svizzeri (FMH) e altre organizzazioni mediche e sindacali hanno impugnato il referendum. Con successo: hanno raccolto oltre 130mila firme valide, ossia più del doppio delle 50mila necessarie per sottoporre il testo al voto popolare.
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Braccio di ferro sulle casse
Il PS vuole che il managed care “diventi una realtà in tutte le regioni del paese”. Per raggiungere questo obiettivo, ritiene “indispensabile introdurre l’obbligo per le casse malattia di lavorare con delle reti di cure integrate”, dichiara a swissinfo.ch il deputato socialista Stéphane Rossini, presidente della commissione della sanità (CSSS) della Camera del popolo.
Ma in parlamento i socialisti si sono scontrati con l’opposizione dei partiti di destra e di centro, per i quali “le casse sono sacre: non si tocca la loro indipendenza”, aggiunge il vallesano. “Non si può dire che le reti sono la buona soluzione e al contempo non dare a tutti i cittadini la possibilità di aderirvi. Così si creano disuguaglianze”.
“Come si possono obbligare le casse, se non hanno il diritto di creare loro stesse una rete e i medici non vogliono aderirvi?”, replica il deputato liberale radicale Ignazio Cassis, membro della CSSS.
L’ex medico cantonale ticinese ricorda che, proprio per evitare conflitti d’interesse, con la revisione della LAMal si “separerebbero nettamente le attività delle casse malattia e dei fornitori di prestazioni. Non ci potrebbero più essere assicurazioni proprietarie di studi medici o di reti di cure integrate”.
“La maggioranza del parlamento ha ritenuto che sarà la pressione dei pazienti a motivare i medici a mettersi in rete e gli assicuratori a stipulare contratti con queste reti”, afferma Cassis. Il deputato liberale radicale è convinto che gli assicurati “si renderanno conto che è nel loro interesse seguire questa via, anche grazie agli incentivi finanziari” introdotti dalla revisione.
Incentivi positivi o negativi?
Anche i socialisti considerano gli incentivi finanziari un elemento imprescindibile per generalizzare le reti. “Ma l’impulso dev’essere positivo. Vale a dire che la partecipazione ai costi a carico degli assicurati dovrebbe essere meno elevata di quella odierna. Invece, con questa revisione, chi aderirà alle reti pagherà il 10% di partecipazione come oggi e gli altri pagheranno il 15%”, dice Rossini.
Per chi aderisce a una rete, la partecipazione massima oltre la franchigia sarebbe però limitata a 500 franchi all’anno, contro i 700 attuali, puntualizza Cassis. Inoltre vi sarebbero degli sconti sui premi assicurativi. Per chi invece non aderisce al managed care, il massimo annuo salirebbe a 1’000 franchi e non vi sarebbero riduzioni di premi.
I socialisti avevano suggerito di “agire sul tariffario delle prestazioni”, introducendo delle rimunerazioni differenziate tra i medici che lavorano in rete e gli altri, leggermente inferiori per i secondi, rammenta Rossini. “Ma la proposta è stata rifiutata, perché la maggioranza del parlamento ha trovato più facile punire i pazienti, piuttosto che toccare i medici o le casse malattia”.
Medici sul piede di guerra
Benché i medici non siano chiamati direttamente alla cassa, la loro organizzazione si batte in prima linea contro la riforma. “Far credere che è sempre possibile curare meglio con meno risorse è un tranello”, tuona il dottor Michel Matter, presidente del comitato referendario “Libera scelta del medico per tutti”.
Nella conferenza stampa di lancio della campagna per il no alla revisione, l’oftalmologo ginevrino ha paventato “un razionamento inevitabile delle cure”, dovuto alla corresponsabilità budgetaria dei fornitori di prestazioni sanitarie nelle reti, come anche “la perdita della libera scelta dei propri medici” per molti pazienti che non possono pagare di più.
Con il managed care “i medici specialisti guadagnerebbero un po’ meno perché si filtrerebbe l’accesso ai loro studi. È perciò chiaro che non sono contenti”, commenta Cassis, rilevando che l’Associazione svizzera dei medici di famiglia, i quali nelle reti hanno un ruolo di primo piano, sostiene invece la revisione.
Spetterà all’elettorato giudicare se la revisione della LAMal, che il governo e il parlamento raccomandano di approvare, è la buona soluzione o se occorre trovarne un’altra. Il responso uscirà dalle urne il 17 giugno.
Una rete di cure integrate, o managed care, è costituita da un gruppo di medici e altri fornitori di prestazioni sanitari – per esempio fisioterapisti, infermieri, levatrici, farmacisti, ospedali, ecc. – che coordinano tutta la catena di trattamenti.
Il paziente che aderisce a una rete sceglie al suo interno il proprio medico di base e si impegna a sempre consultarlo per primo. Sarà lui a guidarlo durante tutto il suo percorso terapeutico, dirigendolo eventualmente verso altri specialisti o altri prestatori di cure a seconda delle necessità.
In Svizzera le reti di cure integrate esistono da oltre vent’anni su base volontaria. Attualmente sono quasi una novantina, cui sono affiliati più della metà dei medici generalisti e oltre 400 specialisti. Secondo l’ultima inchiesta della piattaforma Forum Managed Care, vi aderisce il 17% degli assicurati, tuttavia con enormi disparità regionali.
Il governo ha posto l’obiettivo di un’adesione del 60% degli assicurati nel giro di tre anni dall’entrata in vigore della revisione della LAMal.
Le disposizioni sulle reti di cure integrate precisano fra gli altri che queste devono “garantire l’accesso a tutte le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie”.
Stabiliscono anche che “gli assicuratori concludono con la rete di cure integrate un contratto che disciplina in particolare la collaborazione, lo scambio di dati, la garanzia della qualità e la rimunerazione delle prestazioni”.
“I fornitori di prestazioni raggruppati in una rete di cure integrate assumono, nella misura stabilita contrattualmente, la responsabilità finanziaria delle cure mediche fornite agli assicurati (corresponsabilità budgetaria)”.
Oltre alle disposizioni sul managed care, la revisione comporta una modifica di quelle sulla compensazione dei rischi, che mira a porre fine alla caccia ai pazienti sani da parte delle assicurazioni.
Nelle disposizioni transitorie è previsto che se entro tre anni la revisione non avrà portato a un’offerta capillare di reti di cure integrate, il governo proporrà altre misure.
In parlamento la revisione è stata approvata con 133 voti contro 46 e 17 astensioni alla Camera del popolo e con 28 voti contro 6 e 10 astensioni alla Camera dei Cantoni. Le opposizioni sono venute dalla stragrande maggioranza dei parlamentari socialisti, da una minoranza di Verdi e da alcuni democentristi.
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