Diritti umani in Svizzera: attenzione alle discriminazioni
È la terza volta che la Svizzera presenta all’ONU il suo bilancio in materia di rispetto dei diritti umani nel quadro dell’Esame periodico universale, lo strumento faro del Consiglio dei diritti umani. Gli Stati hanno salutato i progressi compiuti dall’ultimo esame nel 2012, invitando però la Svizzera a impegnarsi maggiormente nell’ambito delle discriminazioni e dell’integrazione dei migranti.
Unica differenza di rilievo rispetto agli esamiCollegamento esterno del 2008 e del 2012: la Svizzera non è stata rappresentata dal suo neoministro degli affari esteri Ignazio Cassis, ma da Pascale Baeriswyl, segretaria di Stato del Dipartimento federale degli affari esteriCollegamento esterno, che nel contesto onusiano assume il rango di viceministra.
Ex vicedirettrice della Divisone del Diritto internazionale pubblico e dei Trattati internazionali, Baeriswyl conosce comunque altrettanto bene i punti discussi durante questa sessione, in cui lo Stato sotto esameCollegamento esterno presenta le azioni intraprese sulla base delle raccomandazioni formulate e accettate nel 2012. E questo prima di essere valutato dagli Stati membri delle Nazioni Unite nel quadro di un «dialogo interattivo», secondo l’espressione in vigore al Consiglio dei diritti umaniCollegamento esterno.
«Un compito senza sosta»
All’inizio della sessione, Pascale Baeriswyl ha sottolineatoCollegamento esterno il buon livello raggiunto dalla Svizzera, rammentando che «nessun paese può mostrare compiacenza» in questo ambito poiché la protezione di questi diritti «è un compito senza sosta».
During UPR28, CH reacts to recommendations on #NHRICollegamento esterno, racial discrimination, rights of migrants, gender equality, #SOGICollegamento esterno, child rights. #UPR28Collegamento esterno @UNGenevaCollegamento esterno pic.twitter.com/Ku3cj4fPWoCollegamento esterno
— SwitzerlandUN (@swiss_un) 9 novembre 2017Collegamento esterno
Dal canto loro, gli Stati hanno chiesto maggiori sforzi nella lotta contro il razzismo e contro le violenze sulle donne, raccomandando al contempo una migliore protezione dei lavoratori migranti.
Numerosi paesi hanno salutato il progetto di legge per creare un’istituzione nazionale dei diritti umaniCollegamento esterno, insistendo però sull’importanza della sua indipendenza. Una richiesta formulata periodicamente anche dai difensori dei diritti umani in Svizzera. Secondo Pascale Baeriswyl, l’istituzione potrebbe essere operativa nel 2020, sempre che il progetto superi lo scoglio del parlamento.
+ Un’istituzione nazionale per i diritti umani, un lusso?
Diversi paesi hanno poi deplorato il fatto che la Svizzera continua a non far parte della Convenzione contro le violenze nei confronti delle donne. La misura «è in corso di attuazione», ha precisato la responsabile della delegazione elvetica.
Altra richiesta: la Svizzera dovrebbe aderire alla Convenzione sulla protezione dei lavoratori migranti. Un passo, però, che la Confederazione non intende fare, ha detto Baeriswyl, evocando l’approccio simile della maggior parte dei membri dell’OCSE.
Dommage, la Suisse se glorifie devant le #UPR28Collegamento esterno de son plan d'action national sur la responsabilité des entreprises, alors que ce plan refuse des mesures contraignantes qui obligeraient les multinationales basées en Suisse à respecter les droits humains et l'environnement.
— Manon Schick (@ManonSchick) 9 novembre 2017Collegamento esterno
Disparità salariale, violenze domestiche e discriminazione
Presente alla sessione, la presidente della sezione svizzera di Amnesty InternationalCollegamento esterno rileva che «è interessante vedere a che punto l’insieme degli Stati si complimenti con la Svizzera per le misure adottate, in particolare la ratifica di alcune convenzioni». Tuttavia, prosegue Manon Schick, «questi Stati hanno anche indicato i veri problemi che si pongono all’interno del paese, ovvero la disparità salariale tra uomini e donne, le violenze domestiche, la discriminazione razziale e i discorsi di odio, senza dimenticare la creazione di un’istituzione nazionale dei diritti umani davvero indipendente e conforme ai Principi di Parigi [che fissano il quadro di una tale istituzione, ndr]».
Ma allora, qual è l’interesse di questo tipo di esame per un paese che gode di una così buona considerazione? L’interesse principale, risponde Manon Schick, risiede nella sua preparazione e nel suo monitoraggio. Per la redazione del rapporto sottoposto oggi, il governo ha consultato le organizzazioni della società civile, le quali si sono a loro volta coordinate per esprimere le loro preoccupazioni».
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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