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«Passo decisivo?»

Il primo marzo, Hannibal Gheddafi visita Max Göldi in prigione. Reuters

Il governo ginevrino ha affermato mercoledì durante una conferenza stampa tenuta a Ginevra d’essere pronto a versare un risarcimento al figlio del leader libico Muammar Gheddafi. I parlamentari salutano positivamente questa decisione. La Tribune de Genève è invece «scioccata».

«Abbiamo già riconosciuto le nostre responsabilità quando abbiamo denunciato in ottobre il funzionario all’origine della trasmissione delle foto», ha ricordato il presidente del Consiglio di Stato ginevrino François Longchamp.

Dopo aver mantenuto inizialmente le bocche cucite, il governo ginevrino ha così confermato le rivelazioni della trasmissione 10 vor 10 della televisione svizzero tedesca SF che sosteneva che il canton Ginevra era disposto a versare un indennizzo ad Hannibal Gheddafi per la pubblicazione delle sue foto segnaletiche sulla Tribune de Genève nel settembre 2009.

Alla pubblicazione delle immagini sul quotidiano ginevrino, il figlio del leader libico aveva infatti intentato lo scorso 22 dicembre una causa civile nei confronti del cantone e della Tribune de Genève inoltrando una richiesta di indennizzo per torto morale di 100’000 franchi, richiesta che il Tribunale di prima istanza di Ginevra sarà chiamato a esaminare giovedì nel corso di una prima udienza.

Nel memorandum inoltrato alla Corte, il rappresentante del canton Ginevra chiede che sia peraltro determinata la parte di responsabilità nella vicenda e quindi l’indennizzo da attribuire alla Tribune de Genève.

Dal canto suo, il caporedattore del quotidiano Pierre Ruetschi non ha accolto di buon grado gli ultimi sviluppi della vicenda e ha fatto sapere che considera «intollerabile» il fatto di essere condannato ancor prima di essere giudicato e ha aggiunto che «lo Stato è perfettamente libero di riconoscere la sua responsabilità, ma ciò non vuole assolutamente dire che la ‘Tribune’ abbia violato il diritto pubblicando le foto».

Rispetto delle leggi

Il fatto che il cantone di Ginevra riconosca la sua parte di responsabilità e che sia disposto a pagare un risarcimento, è giudicato un atto dovuto da diversi parlamentari interpellati da swissinfo.ch.

Il deputato dei Verdi Geri Müller ritiene che la pubblicazione delle foto fosse illegale. «Non può essere che un organo dello Stato, come la polizia, pubblichi fotografie di questo tipo e le dia in pasto ai giornali. Per me è giusto che in casi come questo sia previsto un risarcimento».

Il presidente del Partito popolare democratico (PPD), Christophe Darbellay, ricorda come la pubblicazione delle foto sia arrivata nel «momento meno opportuno, quando la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey era a un millimetro dalla soluzione». Secondo Darbellay, infatti, le foto hanno fatto precipitare la situazione e così saluta positivamente la decisione di Ginevra grazie alla quale ci si augura di «uscire da questa crisi. Ora la cosa più importante è che Max Göldi possa tornare in Svizzera».

Ginevra avrebbe potuto agire prima? Per Eugen David (PPD), no. «Il cantone ha seguito l’iter legale», previsto per le procedure civili. «Gheddafi avrebbe potuto puntare ad un accordo extragiudiziale, invece che ad una sentenza».

Di avviso diverso è invece la parlamentare dell’Unione democratica di centro (UDC), Natalie Rickli. «La decisione è di competenza del governo di Ginevra. Personalmente non sono d’accordo; è la strada sbagliata. A commettere un atto penalmente rilevante, è stato Gheddafi, quando ha malmenato i suoi domestici. Il male è cominciato lì».

Niente scuse per l’arresto

Christian Levrat, presidente del Partito socialista (PS), ritiene importante distinguere due aspetti della questione: da un lato c’è la lesione della personalità di Hannibal Gheddafi e dall’altra i motivi per cui è stato arrestato. «Mi sembra logico che Ginevra sia pronta a pagare un risarcimento per la pubblicazione illegale di foto di polizia. I tribunali deciderebbero comunque in questo senso. Sarebbe diverso se si trattasse di pagare un indennizzo per l’arresto».

Anche per Eugen David (PPD) la decisione di Ginevra non è da interpretare come una concessione alla Libia. «Non è un gesto nei confronti della Libia, è la normale procedura nei casi di lesione della personalità. La causa è stata depositata da Hannibal Gheddafi. Le richieste politiche della Libia puntano ad altro. Certo, ora la Libia può constatare che da noi, quando vengono commessi degli errori, i tribunali possono intervenire per sistemare le cose».

Per ora è difficile dire se il risarcimento, che verrà versato ad Hannibal Gheddafi, sarà decisivo per la risoluzione della crisi. «Non so leggere i fondi di caffè», dice Christophe Darbellay (PPD). «La Svizzera ha fatto molto per risolvere la crisi. Ma non posso proprio dire se questo passo sarà decisivo», aggiunge Geri Müller (Verdi).

Natalie Rickli (UDC) avrebbe voluto una Svizzera più ferma, perché «solo così si può trattare con un dittatore». A suo avviso, sono stati commessi troppi errori e ora «la situazione è intricata» e difficile da gestire. «Il nostro obiettivo, ora, deve essere il ritorno a casa di Max Göldi. Poi si vedrà come andare avanti».

swissinfo.ch con la collaborazione di Corinne Buchser a Palazzo federale

Lo ha lanciato mercoledì Amnesty International (AI) in favore di Max Göldi con cui chiede la liberazione immediata del cittadino svizzero imprigionato in Libia.

Secondo AI, Max Göldi è una pedina sullo scacchiere diplomatico ed è «in carcere
perché si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato».

La direttrice aggiunta di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord, Hassiba Hadj Sahraoui, afferma che Göldi non può rientrare in patria e dalla famiglia soltanto a causa della sua nazionalità. La condanna a quattro mesi inflittagli dalle autorità libiche per soggiorno illegale sarebbe quindi solo un pretesto.

Anche il segretario generale della sezione svizzera di Amnesty International, Daniel Bolomey, ha fatto sapere mercoledì in una nota che negli ultimi vent’anni è la seconda volta che l’organizzazione elvetica lancia un’azione urgente per un cittadino elvetico.

Con un appello di questo tipo gli attivisti e i volontari inviano rapidamente migliaia
di lettere a governi e autorità. A livello mondiale, l’anno scorso sono state avviate 343 campagne analoghe.

In Svizzera 14’000 persone hanno finora sottoscritto la petizione “Free Max”. Le firme sono state consegnate la scorsa settimana al ministro della giustizia libico Mustafa Muhammad Abdeljalil.

Il contenzioso fra la Libia e la Svizzera è stato affrontato mercoledì in occasione dell’incontro a Berna fra le commissioni esteri del parlamento svizzero e della Camera dei deputati italiana.

Le parti hanno sottolineato che «i rispettivi parlamenti nazionali possono svolgere un ruolo particolarmente incisivo in vista del chiarimento di una situazione che vede un cittadino svizzero detenuto nelle carceri libiche».

Nel comunicato si legge che la parte italiana «rassicura la delegazione svizzera quanto ad un ruolo costruttivo ed equilibrato nella composizione del contenzioso tra Tripoli e Berna».

Le due delegazioni si sono infine impegnate per riportare in libertà Max Göldi, «anche in considerazione degli aspetti umanitari della vicenda che lo vede coinvolto».

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