Fallito golpe in Turchia che serve al “sultano” Erdogan
"Un sultano più forte e temibile", "Non di più, ma meno democrazia", "Inizio delle grandi pulizie", "Eliminazione dell'opposizione": per la stampa svizzera, il tentato golpe di una parte dell'esercito turco rischia di accelerare la deriva autoritaria di Recep Tayyip Erdogan. Il fallito colpo di Stato offre al presidente turco il pretesto di attribuirsi i pieni poteri, rilevano lunedì i giornali elvetici che si preoccupano delle ripercussioni interne ed esterne.
“È come se in Turchia un regista avesse scritto la perfetta sceneggiatura di un golpe militare pensato proprio per fallire, e per regalare un trionfo politico a colui che ne doveva essere la vittima”, esordisce l’analista del quotidiano “laRegione”, che si chiede chi potrà ora fermare Recep Tayyip Erdogan, “una sorta di Atatürk ma in salsa islamista”.
Secondo l’analista del giornale di Bellinzona, è soprattutto “sul fronte internazionale che le cose si complicano e lo scenario si fa opaco. La megalomania, le ossessioni, le incoerenze e i rabdomantici tentativi politici di Erdogan (diventato parte del problema medio-orientale) rendono difficile qualsiasi previsione”.
Svizzera-Turchia
In Svizzera vivono quasi 120’000 persone provenienti dalla Turchia, mentre in circa 3’700 svizzeri risiedono in Turchia. Nel 2013, le esportazioni elvetiche verso la Turchia sono ammontate a quasi 2 miliardi, allorché le importazioni turche nella Confederazione si sono attestate a 1,2 miliardi di franchi.
Sulla stessa lunghezza d’onda il commentatore del “Corriere del Ticino” rileva che Erdogan “esce rafforzato e il suo progetto di modifica costituzionale destinato ad aumentare in modo sensibile i poteri del Capo dello Stato ha molte più probabilità di diventare realtà. Se non attraverso il voto in Parlamento, dove il partito islamico AKP del presidente non ha la maggioranza qualificata necessaria per approvare delle modifiche della Costituzione, magari tramite un referendum”.
Il commentatore del quotidiano di Lugano prevede quindi tempi bui per la Turchia: “se il «sultano» di Ankara continuerà a proseguire dritto come un bulldozer verso una repubblica presidenziale in cui i suoi poteri saranno rafforzati a dismisura e i diritti dell’opposizione e delle minoranze calpestati, è difficile immaginare un futuro di pace e stabilità per la Turchia”.
Uno scenario che avrebbe ripercussioni preoccupanti anche fuori dai confini del paese cuscinetto tra Occidente e Medio Oriente, poiché “se con il pretesto di mettere in sicurezza il Paese venissero portati nuovi duri colpi al già debole sistema democratico turco, Erdogan rischierebbe di allontanare sempre più la Turchia dall’Europa e dagli stessi Stati Uniti”.
“La sua politica erratica, in una regione in fiamme, ha fatto di lui molto più un fattore di rischio supplementare, che un elemento di stabilizzazione. E il pericolo è aumentato con il putsch fallito”, gli fa eco da Ginevra il commentatore di “Le Temps”.
Inizio delle purghe, fine della democrazia
Ma naturalmente è all’interno della Turchia che le drammatiche conseguenze si fanno già sentire. “Il colpo di stato abortito di venerdì non ha finito di danneggiare la democrazia in Turchia. I militari avventurosi che pensavano di poter «ripristinare la democrazia» nel sangue (265 morti e 1’440 feriti), sono i principali responsabili. E saranno le prime vittime. Il loro tentativo porterà infatti un duro colpo a un’istituzione che pretende ancora di essere l’erede della Turchia laica, moderna e occidentalizzata voluta da Mustafa Kemal Atatürk, il fondatore della Repubblica turca”, scrive la “Tribune de Genève”.
“L’ampiezza della «pulizia» intrapresa nei ranghi dell’esercito, ma anche in seno all’apparato giudiziario turco fa intravvedere altre «epurazioni» probabili tra tutti gli oppositori, reali o immaginari, che potrebbero ancora sbarrare la strada al presidente-sultano”, rileva “Le Temps”, che parla di “un tragico golpe d’operetta”. E anche “L’Express” di Neuchâtel, alla luce delle “purghe di massa” già avviate dal presidente turco, esprime il timore che “Erdogan potrebbe essere tentato di eliminare qualsiasi opposizione”.
Il drastico inasprimento delle “tendenze autoritarie, sviluppatesi negli anni passati sotto Erdogan”, secondo l’ “Aargauer Zeitung”, “approfondirà la frattura interna della Turchia – una spaccatura che indebolisce il paese. Proprio nel momento in cui la Turchia dovrebbe invece mobilitare tutte le forze nella lotta contro il terrorismo.
“La reazione decisiva della popolazione e di parte dell’esercito al tentativo di golpe mostra che i turchi sono pronti a difendere la democrazia”, sottolinea la “Berner Zeitung”. “I turchi oggi non vogliono più alcuna dittatura militare (…) nonostante tutte le insicurezze legate al terrorismo”, osserva anche la “Neue Zürcher Zeitung”.
Per questo, la commentatrice della “Berner Zeitung”, intravvede ancora un filo di speranza: “Erdogan potrebbe acquisire grandi meriti, se ora, dopo che i turchi hanno sventato congiuntamente la presa di potere antidemocratica di una giunta, andasse incontro ai suoi critici e promuovesse la riconciliazione e il compromesso. Tuttavia le probabilità in tal senso sono pessime”, riconosce la giornalista del quotidiano bernese. E il peggio è quello che oggi si attendono si attendono tutti i quotidiani elvetici.
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