La partenza di una “grande ministra” che rallegra taluni
La maggior parte dei giornali svizzeri rende omaggio a Eveline Widmer-Schlumpf, all'indomani dell'annuncio del suo ritiro dal governo elvetico. Ma c'è anche chi se ne rallegra: un punto su cui sono unanimi i due quotidiani di Lugano. Nessun commentatore ha più dubbi sul fatto che le succederà un rappresentante dell'UDC.
“Saggia decisione di una lottatrice”, “Otto anni di solitudine”, “Il ritorno alla normalità”, “Il centro-destra deve ora assumersi la responsabilità”, “Una partenza con dignità”, “Se ne è andata, prima di essere costretta ad andarsene”, “E su Eveline cala il sipario”, “Evelina va, torna la formula magica”.
I grandi titoli di tutte le prime pagine dei giornali svizzeri oggi sono inevitabilmente dedicati alla notizia data ieri in tardo pomeriggio dalla ministra delle finanze: Eveline Widmer-Schlumpf non si ripresenterà, il 9 dicembre prossimo, all’elezione del Consiglio federale (governo svizzero).
Sotto pressione
Una notizia che era praticamente annunciata sin dai risultati delle elezioni federali del 18 ottobre, dalle quali è uscita chiaramente vincitrice l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice). Il primo partito della Svizzera – che però in governo occupa solo un seggio – si è infatti rafforzato ulteriormente, conquistando 11 seggi in più di quattro anni fa alla Camera del popolo.
Da quel momento non è più stata solo l’UDC a rivendicare il diritto ad avere due rappresentanti in Consiglio federale, ma anche da partiti di centro si sono levate voci in tal senso. In particolare, tale diritto è stato riconosciuto dal presidente del Partito popolare democratico (PPD) Christophe Darbellay, grande artefice, insieme al presidente del Partito socialista (PS) Christian Levrat, della strategia che nel 2007 aveva portato nell’esecutivo Eveline Widmer-Schlumpf a scapito dell’allora consigliere federale uscente Christoph Blocher.
Un ritorno a due ministri UDC e, di conseguenza, a una partenza dell’esponente del Partito borghese democratico (PBD), che con i suoi otto seggi alle Camere federali non costituisce una forza che numericamente giustifichi la sua presenza in governo. Per la ministra delle finanze la pressione diventava ogni giorno più forte. Anche se, durante la conferenza stampa, ieri, Eveline Widmer-Schlumpf ha precisato che la sua decisione era già stata presa prima del 18 ottobre.
Decisione tardiva, ma non troppo tardi
“Un mandato spettacolare per molti versi volge al termine. Una magistrata capace e costante, che ha sfidato le opposizioni di partiti politici e che resterà nella memoria come una ministra delle finanze le cui competenze sono al di sopra della media, paga dazio per i cambiamenti dei rapporti di forza in parlamento, commenta la Neue Zürcher Zeitung (NZZ).
Secondo il quotidiano zurighese, molto vicino alle cerchie economiche, è un dato di fatto che Eveline Widmer-Schlumpf ha lasciato una forte impronta nelle due legislature in cui è stata in governo. La grigionese è stata una grande protagonista sia come ministra delle finanze in un periodo in cui l’agenda politica federale era dominata dalla lotta per superare la crisi dei mercati finanziari, sia nel braccio di ferro tra il centro-sinistra e il centro-destra, afferma la NZZ.
E ora, seppur “in ritardo, ma non troppo tardi”, con la decisione di lasciare il governo “risparmia una dura frattura politica alla Svizzera”: “dopo la decisione responsabile di Eveline Widmer-Schlumpf ora si esige che l’UDC agisca con responsabilità”.
“Può partire con il sentimento di avere compiuto il suo dovere, nel senso che ha risanato una piazza finanziaria che stava diventando sempre più anacronistica. Ciò che le sono valse severe critiche della destra. Ma quest’ultima deve pur riconoscere che questo lavoro andava fatto. E lo è stato”, scrive il ginevrino Le Temps, che parla della “fine dell’era di Madre Coraggio”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il vodese 24 Heures, secondo cui, “questa donna da esecutivo a cui piace l’arte applicata del potere ha dovuto affrontare un numero impressionante di crisi e di dossier difficili. Con efficacia, coraggio e un grande senso politico”.
Destini simili
“Eveline Widmer-Schlumpf non va di sua spontanea volontà. La rodata politica di potere ha capitolato di fronte al rischio di una estromissione il 9 dicembre”, puntualizza Der Bund. Secondo il quotidiano di Berna, “la fine prematura della carriera governativa federale, per la grigionese è tragica per la sua similitudine con Christoph Blocher, che lei aveva estromesso nel 2007”.
“È accaduto esattamente quello che probabilmente non avrebbe mai voluto vivere: doversene andare contro la propria volontà, come il suo predecesssore Christoph Blocher”, gli fa eco la Basler Zeitung (BaZ), che parla di un “cattivo ritiro”.
Per il quotidiano basilese, molto vicino all’UDC, Eveline Widmer-Schlumpf “non avrebbe dovuto lasciarsi sedurre dagli avversari politici del suo partito a farsi eleggere al governo. La maledizione del cattivo gesto non l’ha più abbandonata per otto anni”.
Secondo la BaZ, “la sua elezione ha mandato completamente distrutto l’equilibrio delle forze politiche in Svizzera, perché la più grande di esse, l’UDC, non era più rappresentata adeguatamente in governo”. E il quotidiano basilese vicino a Blocher considera che “è un bene, ed è urgentemente necessario che la Svizzera abbia di nuovo un governo in cui sono rappresentate tutte le forze principali del paese”.
La fine di un’anomalia
Dure critiche giungono anche da entrambi i quotidiani di Lugano. Fatto probabilmente senza precedenti, è il capogruppo popolare democratico (PPD) alle Camere federali Filippo Lombardi che commenta la partenza di Eveline Widmer-Schlumpf per il Giornale del popolo (GdP). Lo fa ricordando di essersi sempre opposto al “complotto” che ha portato la grigionese in governo.
E il bilancio di schermaglie ed eventi che hanno caratterizzato la presenza in Consiglio federale della rappresentante del Partito borghese democratico non lascia dubbi al senatore ticinese: il ritiro di Eveline Widmer-Schlumpf mette fine a “un’anomalia che non ha fatto bene al Paese, alla sua governabilità, ai suoi equilibri politici e persino alle sue relazioni con l’Europa”.
Il Corriere del Ticino (CdT) incentra il suo commento sulle “tre ragioni fondamentali” per cui non rimpiangerà Eveline Widmer-Schlumpf quando non sarà più in governo. In primo luogo il foglio di Lugano afferma che “la trama ordita nell’autunno del 2007 ai danni” di Christoph Blocher “è quanto di più riprovevole possa essere escogitato nel nostro Paese pur di coronare i propri sogni di potere”.
Il CdT cita poi “la forzatura istituzionale che la sua presenza in Consiglio federale ha rappresentato” nel sistema svizzero di “pieno e adeguato coinvolgimento di tutti i maggiori partiti nella condivisione delle responsabilità esecutive”. In terzo luogo il più grande quotidiano del Ticino rimprovera alla ministra partente di essersi limitata ad “adeguarsi agli impulsi altrui, alle mutevoli circostanze esterne, alle pressioni, agli aut aut”.
“La Svizzera ne ha tratto beneficio? A ciascuno la sua opinione. Il 18 ottobre ha però emesso un giudizio negativo”, conclude il CdT.
Che ne sarà?
Unico quotidiano ticinese a non puntare l’indice contro la grigionese e chi l’ha portata in governo, la RegioneTicino rileva che, di fronte al rischio di non essere rieletta, Eveline Widmer-Schlumpf ha preferito “lasciare il campo a testa alta”. La preoccupazione del quotidiano di Bellinzona non è tanto il bilancio del lavoro della ministra delle finanze, ma piuttosto quanto avverrà dopo la sua partenza.
Questa si traduce in una “carta bianca” per l’UDC che – la Regione non ha dubbi in merito – tornerà ad avere due seggi nell’esecutivo federale. Secondo il giornale, non importa chi sarà il nuovo rappresentante UDC in Consiglio federale, ciò che ci si deve chiedere è: “un secondo democentrista nell’esecutivo migliorerà il clima politico elvetico?”. Un interrogativo che il quotidiano ticinese al momento lascia senza risposta.
Pessimista in proposito è L’Hebdo. Per il settimanale romando, “numerose riforme che la grigionese aveva contribuito a sostenere, come la svolta energetica con l’abbandono del nucleare, ma anche la riforma pensionistica e l’apertura all’Europa con il salvataggio della via bilaterale, sono compromesse”.
Nuovi scontri sono previsti anche dalla Liberté. Secondo il quotidiano friburghese, per ora “i capi del primo partito della Svizzera moltiplicano i pegni sulla loro collegialità e il mantenimento della via bilaterale con l’Unione europea. Ma come credere che il lupo possa trasformarsi in agnello? Perché abbandonerebbe la strategia che ha fatto il suo successo, ossia quella del piede in due scarpe? Solo gli ingenui e coloro che hanno dimenticato l’era Christoph Blocher non vedono l’altra evidenza: dietro gli agnelli si rintanano le pecore nere”.
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