“La Svizzera ha pochi mezzi per lottare contro il terrorismo“
Pur non rientrando tra i bersagli prioritari del terrorismo islamico, anche la Svizzera dovrebbe prepararsi meglio per affrontare questa minaccia, ritiene Albert A. Stahel, esperto di strategia militare. Secondo il professore dell’Università di Zurigo, la polizia e l’esercito non dispongono di mezzi sufficienti per lottare contro il terrorismo.
Lunedì la televisione svizzero-tedesca SRF mostra il lungometraggio “Terror – Ihr Urteil” (Terrore – il vostro giudizio), in cui un gruppo di terroristi dirotta un velivolo per farlo precipitare su uno stadio di calcio gremito di pubblico. L’aereo viene abbattuto da un pilota dell’aviazione militare, il quale deve poi rispondere dinnanzi alla giustizia per la morte di 164 persone. I telespettatori sono chiamati a giudicare se il pilota va riconosciuto colpevole o meno per il suo intervento.
swissinfo.ch: Professor Stahel, secondo lei, il pilota va condannato o no?
Albert A. Stahel: Non considero molto sensata questa domanda. La questione relativa all’abbattimento di un velivolo di passeggeri era già sorta dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Da allora, i governi hanno definito dei processi decisionali per far fronte ad un simile attacco. Spetta ai dirigenti politici decidere se abbattere o meno l’aereo.
swissinfo.ch: Anche in Svizzera?
A.A.St.: In ogni democrazia l’esercito sottostà al governo. Bisognerebbe piuttosto porsi la seguente domanda: il Consiglio federale è in grado di giudicare se un velivolo va abbattuto o meno? Può darsi che i vertici politici siano paralizzati. Ma questo è un altro tema.
swissinfo.ch: In che misura, rispetto ad altri paesi, la Svizzera è pronta ad affrontare la minaccia terroristica?
A.A.St.: È una domanda delicata, in quanto riguarda i mezzi a disposizione. In Svizzera vi sono complessivamente 17’000 poliziotti. Molto poco rispetto ad altri paesi. Ciò non significa però che abbiamo un pessimo servizio d’informazioni.
swissinfo.ch: Vuole dire che i servizi d’informazione sono ben preparati per prevenire un attacco, ma non la polizia e l’esercito?
A.A.St.: Un tempo l’esercito disponeva di unità speciali di fanteria, ma queste sono state soppresse con la riforma Esercito XXI. Nutro quindi interrogativi sulla capacità dell’esercito – ad eccezione dei soldati professionisti del servizio di sicurezza – di fornire un contributo essenziale alla lotta contro il terrorismo.
swissinfo.ch: Ciò è dovuto anche al fatto che la Svizzera dispone solo di un esercito di milizia?
A.A.St.: No, non per questo. Al contrario. Negli Stati uniti si fa ricorso alla Guardia nazionale in caso di problemi interni. I suoi membri sono soldati di milizia.
swissinfo.ch: Cosa succederebbe quindi nel caso concreto di un attacco terroristico?
A.A.St.: In caso di attacco, è ormai troppo tardi. Ciò che conta è invece la prevenzione, la capacità di intravedere una minaccia e di adottare misure di protezione. In quest’ambito disponiamo però di pochi mezzi: l’unica protezione è costituita dai corpi di polizia, i quali non hanno effettivi sufficienti. Il loro numero dovrebbe essere aumentato in ogni ambito. Da parte sua, l’esercito dovrebbe poter disporre di unità di milizia specialmente formate ed equipaggiate per sostenere i corpi di polizia in caso di minaccia terroristica.
swissinfo.ch: La Svizzera è molto popolata e dispone di una vasta infrastruttura. Cosa significa questo?
A.A.St.: Significa che la Svizzera è molto vulnerabile. Più un’infrastruttura è estesa e utilizzata – pensiamo ad esempio all’intenso traffico ferroviario – e più vi sono possibilità di attacchi da parte di terroristi.
swissinfo.ch: Quali sono le sue proposte di soluzione?
A.A.St.: Innanzitutto vanno protetti i punti più importanti. E poi bisogna valutare quanti mezzi sono necessari.
swissinfo.ch: I costi sono però molto alti…
A.A.St.: Non necessariamente. Soprattutto se i compiti di sicurezza vengono affidati ai soldati di milizia.
swissinfo.ch: Il rischio di terrorismo in Svizzera è molto alto?
A.A.St.: Attualmente non siamo un bersaglio prioritario.
swissinfo.ch: Non teme quindi un attacco terroristico?
A.A.St.: No. La probabilità è molto ridotta. Ma non possiamo dimenticare che siamo parte dell’Europa.
swissinfo.ch: Divieti del burqa o di minareti possono porre la Svizzera tra gli obbiettivi dei fondamentalisti islamici?
A.A.St.: No, non è il caso. Il tema principale riguarda la guerra in Medio Oriente. In Siria e in Iraq è in corso una lotta contro i sunniti, una vera e propria “pulizia etnica”. Gli Stati che vi partecipano – Russia, Stati uniti, Francia, Gran Bretagna, Australia, Danimarca e Germania – rischiano maggiormente di entrare nel mirino del terrorismo.
Traduzione di Armando Mombelli
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