Svizzera-UE: la diaspora elvetica vuole una strategia chiara da parte del Governo
Gli svizzeri e le svizzere all'estero sono "estremamente preoccupati" per l'evoluzione delle relazioni tra la Confederazione e l'Unione europea. I loro rappresentanti, riuniti a Lugano per il 98° Congresso annuale, chiedono al Consiglio federale di elaborare una strategia chiara per mantenere l'Accordo sulla libera circolazione delle persone.
I delegati e le delegate del Consiglio degli svizzeri all’estero (CSE) hanno adottato venerdì quasi all’unanimità (84 voti a favore, 0 contrari e un’astensione) una nuova risoluzione sulla questione europea. Chiedono al Governo di impegnarsi in favore del “completo mantenimento” dell’Accordo sulla libera circolazione delle personeCollegamento esterno “al fine di garantire i diritti degli svizzeri e delle svizzere che vivono in un Paese dell’UE e di tutte le persone che desiderano stabilirvisi in futuro”.
Più di 400 membri della “Quinta Svizzera” si riuniscono ogni anno per tre giorni in patria per il loro congresso annuale. L’appuntamento inizia tradizionalmente con la seduta del Consiglio degli svizzeri all’estero, il “Parlamento della Quinta Svizzera”, prima di aprirsi ufficialmente il venerdì sera. La giornata di sabato è dedicata all’assemblea plenaria e al tema ufficiale del congresso, che quest’anno è: “Quali sfide incontra la nostra democrazia?”. La giornata di domenica è l’occasione per visitare la regione ospitante.
Per chi rappresenta la diaspora elvetica, non c’è dubbio che gli svizzeri e le svizzere all’estero beneficino direttamente dei vantaggi della libera circolazione delle persone. “Grazie a questo accordo, le cittadine e i cittadini svizzeri ed europei sono trattati su un piano di parità e beneficiano di una serie di diritti nei settori dell’economia, del lavoro, della fiscalità e delle prestazioni sociali, per citare solo alcuni esempi”, si legge nella risoluzione.
Inoltre, senza la libera circolazione, il ricongiungimento familiare non sarebbe più garantito in caso di emigrazione verso l’UE, avverte il “Parlamento” della Quinta Svizzera. “Questo potrebbe portare alla disgregazione delle famiglie svizzere”, sostiene.
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Una mobilità essenziale
L’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSECollegamento esterno) ha sempre sostenuto con vigore l’Accordo sulla libera circolazione delle persone, che consente a individui di nazionalità svizzera di stabilirsi e lavorare liberamente in Europa. Negli ultimi anni, la lobby della diaspora si è opposta a tutti gli attacchi – la maggior parte dei quali provenienti dalle fila dell’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) – che direttamente o indirettamente prendevano di mira l’accordo tra Berna e Bruxelles firmato nel 1999.
Per comprendere questo impegno costante, basta guardare le statistiche: delle 788’000 persone con passaporto svizzero che alla fine del 2021 risiedevano fuori dal loro Paese d’origine, più della metà (57%) viveva in un Paese europeo. Di queste 449’571 persone, il 25% possiede esclusivamente la cittadinanza svizzera e quindi beneficia direttamente dell’accordo sulla libera circolazione.
Inoltre, tre quarti delle cittadine e dei cittadini svizzeri stabilitisi all’estero hanno un’età compresa tra i 18 e i 65 anni e sono quindi potenzialmente attivi in ambito lavorativo. Sono anche sempre di più coloro che lasciano il proprio Paese più volte nel corso della carriera, ciò che rende la libertà di movimento e di domicilio sempre più importante nello spazio europeo.
Le conseguenze sono già visibili
Dopo molti anni di negoziati, nel 2021 il progetto di accordo istituzionale è stato abbandonato dal Consiglio federale. Da allora le discussioni con Bruxelles sono riprese, ma senza mai raggiungere un’intesa sulla famosa questione istituzionale.
Nel febbraio 2022, il Governo svizzero ha fissato un nuovo orientamento: vuole proseguire la via bilaterale. Un nuovo accordo istituzionale non è all’ordine del giorno. Il Consiglio federale intende affrontare in modo settoriale questioni quali la ripresa dinamica del diritto europeo, la risoluzione delle vertenze e le clausole di salvaguardia.
Sebbene sia ancora difficile valutare tutti gli effetti dell’interruzione dei negoziati con l’UE, le conseguenze negative sono già tangibili. Questo è il caso, in particolare, dei settori della ricerca, della mobilità studentesca e dell’esportazione di prodotti medici, afferma il CSE.
Una rinuncia totale al primo pacchetto di accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE, che contiene il testo sulla libera circolazione delle persone, non è tra gli scenari più probabili, secondo l’ex ambasciatore Alexis Lautenberg, invitato a una tavola rotonda a Lugano a cui hanno partecipato anche parlamentari dei principali partiti del Paese. “Non posso pensare che questo sia nell’interesse dell’UE”, ha detto Lautenberg ai delegati e alle delegate presenti a Lugano.
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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