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Effetti collaterali ed effetto placebo: intervista a un premio Ig-Nobel svizzero

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Lieven A. Schenk e il Dr. Christian Büchel (a sinistra) analizzano i dati di imaging a risonanza magnetica raccolti per l'esperimento. Lieven A. Schenk

Ogni anno i premi Ig-Nobel vengono assegnati alle ricerche scientifiche più "improbabili". SWI swissinfo.ch ha parlato con il vincitore svizzero dell'Ig-Nobel 2024 per la medicina. Lo studio per cui ha ricevuto il peculiare riconoscimento, però, è di una rilevanza tutt'altro che indifferente.

Il premio 2024 per la chimica è stato consegnato ai responsabili della ricerca franco-olandese che ha utilizzato la cromatografia per separare lombrichi ubriachi da lombrichi sobri. Il premio per la fisiologia è andato allo studio nippo-statunitense che ha scoperto che molti mammiferi sono capaci di respirare tramite l’ano. La ricerca statunitense che ha dimostrato e spiegato le capacità natatorie di una trota morta ha vinto invece il premio per la fisica.

Ovviamente non stiamo parlando del premio Nobel, ma dell’Ig-Nobel, un riconoscimento che ogni anno celebra le ricerche più “improbabili” effettuate in tutto il mondo, perché anche il serioso mondo della ricerca scientifica sa come farsi una risata di tanto in tanto.

Nonostante a prima vista la descrizione degli studi vincitori possa far pensare a ricerche farlocche, non è per nulla così. La stragrande maggioranza dei premi Ig-Nobel è vinta da lavori scientifici di tutto rispetto e peer-reviewed. Li caratterizza però il fatto che possono far sorridere. O meglio, come si legge sul sito di Improbable researchCollegamento esterno: fanno ridere… e poi riflettere.

Persona
Lieven A.Schenk è belga e svizzero. È cresciuto a Reinach, Comune nei pressi di Basilea. Da 10 anni vive e lavora in Germania. “La nazionalità è una cosa complicata per me. I miei figli sono belgi, svizzeri e tedeschi. Direi che mi considero europeo”, dice. Schenk Ha studiato psicologia e neuroscienze molecolari all’Università di Basilea e in seguito neuroscienze sistemiche al Centro medico universitario di Amburgo-Eppendorf. “Mi considero, primariamente, un neuroscienziato”, afferma. Lieven A. Schenk

È esattamente il caso del premio Ig-Nobel per la medicina di quest’anno, che è andato alla ricerca che “ha dimostrato che i farmaci fasulli che causano effetti collaterali dolorosi sono più efficaci dei farmaci fasulli che non causano effetti collaterali dolorosi”.

A scriverlo è stato un gruppo di ricerca del Centro medico universitario di Amburgo-Eppendorf, in Germania. Tra i suoi membri, il dr. Lieven A. Schenk, originario della Svizzera, Paese che peraltro vanta numerosissimi Premi Ig-Nobel.

Abbiamo discusso con lui dell’improbabile riconoscimento e del contenuto del suo studioCollegamento esterno che, come capirete leggendo l’intervista, è tutto salvo una ricerca di poco conto.

In che modo lei e i suoi colleghi avete reagito alla notizia della vincita del premio Ig-Nobel? È stata una sorpresa?

Sicuramente io sono stato molto sorpreso. Non ci pensavo e non me l’aspettavo. Però, beh, è un riconoscimento che non dice nulla sulla qualità della ricerca, anche se alcuni dei lavori premiati in passato erano molto buoni, se non eccellenti. Ci sono state ricerche influenti premiate con l’Ig-Nobel.

Io penso che abbiamo ricevuto il premio perché abbiamo approfondito una tematica a prima vista controintuitiva, ma nel settore degli effetti non farmacologici, della modulazione del dolore, dello studio dell’effetto placebo, non lo è.

Anche i miei colleghi sono stati sorpresi. Penso che in passato l’Ig-Nobel fosse piuttosto di un premio “scherzo”, ma è stato riformulato per celebrare le ricerche che ti fanno prima ridere e poi riflettere. Nel nostro gruppo di ricerca le reazioni andavano dal “Mh, la cosa non mi convince” alla pura gioia.

La cerimonia di premiazione dei laureati Ig-Nobel 2024 si è tenuta il 12 settembre. Tema dell’evento: “La legge di Murphy” (che recita: se qualcosa può andare male, lo farà), anche se, come si legge nel comunicato stampa di Improbable Research, che consegna i premi, il tema non riguarda necessariamente i lavori insigniti del riconoscimento.

Le prime Cerimonie dei premi Ig-Nobel si sono tenute dal 1991 al 1994 presso il prestigioso Massachussetts Institute of Technology (MIT) per poi spostarsi nel campus di Harvard. Dopo la pausa forzata della pandemia che ha reso le cerimonie esclusivamente virtuali, quest’anno ha segnato un grande ritorno dal vivo dove tutto è cominciato, all’MIT.

In ogni caso vincere un Ig-Nobel può dare visibilità a una ricerca, vero?

Sì, certamente. Darà sicuramente della visibilità alla nostra ricerca ed è qualcosa di cui sono felice, perché penso che si tratti di uno studio buono e valido che mette in luce un aspetto importante nell’ambito dei test clinici e della pratica clinica.  

Tuttavia, poiché si tratta di un premio piuttosto sarcastico, c’è sempre la preoccupazione che il lato scientifico non sia preso sul serio perché alcune persone potrebbero pensare che si tratta solo di una burla. La visibilità però c’è e spero che la gente capisca che lo studio è molto rilevante, anche se la tematica è controintuitiva.

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Può spiegarci brevemente il contenuto e i risultati della ricerca?

Volevamo indagare in che modo gli effetti collaterali di un farmaco influiscono sulle aspettative del paziente riguardo al trattamento, aspettative che, a loro volta, possono avere un impatto sulla percezione del dolore. In altre parole, volevamo capire l’influenza degli effetti collaterali sull’effetto placebo e individuare i meccanismi psicologici e neurali su cui si basa.

Abbiamo quindi somministrato ad alcuni pazienti [che erano convinti di ricevere un anestetico tramite spray nasale] un placebo senza effetti collaterali e poi un altro con un effetto collaterale [una leggera sensazione di bruciore]. Sottoposti a stimoli dolorosi sperimentali, i pazienti hanno mostrato meno dolore quando hanno ricevuto il placebo con l’effetto collaterale.

Tramite la risonanza magnetica abbiamo inoltre visto che questo effetto è probabilmente mediato dal cosiddetto sistema di modulazione discendente del dolore, che si attiva durante l’analgesia placebo.

Quali implicazioni potrebbe avere la vostra ricerca?

[Per appurare che gli effetti di un trattamento non siano dovuti all’effetto placebo] di norma, durante i test clinici, si utilizza il farmaco da testare su un gruppo di pazienti, mentre ad altri si somministra un placebo che, normalmente, non ha nessun effetto collaterale. Il nostro studio sottolinea che questo potrebbe avere un effetto negativo sui risultati del test.

Sia il personale medico che i pazienti non sanno se il farmaco è quello vero o il placebo. Tuttavia, i medici sanno bene quali potrebbero essere gli effetti collaterali e anche i pazienti vengono informati.

Se questi effetti collaterali si verificano, improvvisamente le persone capiscono di star ricevendo o somministrando il vero farmaco, il che può provocare nel paziente un maggior effetto placebo. Viceversa, l’effetto placebo si riduce quando gli effetti collaterali non si presentano.

Il nostro studio dimostra che in questi casi l’effetto placebo dei due gruppi potrebbe essere talmente diverso che non è più possibile stimare l’efficacia del trattamento.  

Quindi la pratica dovrebbe cambiare?

Ritengo che quando si deve testare un trattamento che ha effetti collaterali molto specifici e molto percettibili sarebbe una buona idea fare in modo che anche il placebo li provochi, così da eliminare le differenze di percezione tra i due gruppi.

Sicuramente ci sono differenti modi di affrontare il problema. Per ora il nostro studio si limita a metterlo in luce.

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