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La domanda d’oro è fortissima: raffinerie ticinesi sotto pressione

Oro
KEYSTONE/Karl Mathis

L’incertezza geopolitica spinge la domanda – Gran parte del metallo prezioso a livello mondiale viene lavorata in Svizzera – A farla da padrone sono tre aziende del Mendrisiotto confrontate con mesi di superlavoro.

Crisi fa rima con oro. In tempi di incertezza chi vuole evitare di tenere i soldi sotto il materasso, punta sul metallo giallo e chi è già esposto sui mercati ne acquista per diversificare, perché l’oro segue una sua via, senza farsi distrarre dagli altri prodotti finanziari. E in caso di incertezza dev’essere reale, oro fisico, ma le 1’000 tonnellate commerciate ogni giorno a Londra non bastano.

Christoph Wild, presidente ASFCMP, Associazione svizzera fabbricanti e commercianti di metalli preziosi, ha spiegato alla RSI che in tempi come questi, di grande incertezza, le persone vogliono toccare fisicamente il proprio metallo acquistato. Da qui la non disponibilità per tutti e l’aumento di richiesta alle raffinerie.

Il 70% dell’oro mondiale passa dalla Svizzera. Solo a gennaio ne sono state esportate negli Stati Uniti 193 tonnellate, record degli ultimi 13 anni. Almeno metà è passata dal Mendrisiotto, dove hanno sede tre delle maggiori aziende del settore. Contattate dalla RSI, hanno confermato il periodo di superlavoro.

Il servizio della RSI:

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“Da dicembre 2024 la domanda di prodotto destinata agli Stati Uniti ha avuto una notevole crescita. Anche in passato abbiamo gestito periodi di domanda particolarmente intensa e l’azienda è organizzata per gestire ogni tipo di richiesta del mercato, anche grazie a processi produttivi con un alto grado di automazione”, osserva Simone Knobloch, COO di Valcambi SA.

“L’attuale picco della domanda è durato 3 mesi, un periodo insolitamente lungo”, gli fa eco Robin Kolvenbach, Co-CEO di Argor-Heraeus, che fa notare come questo non si tramuti però direttamente in maggiori ricavi. “Tra metà dicembre e metà marzo i tassi di leasing dell’oro sono decuplicati a causa del consistente flusso di oro da Londra verso New York attraverso le raffinerie, con un impatto diretto sui costi. L’azienda non è infatti proprietaria dell’oro che lavora, la maggior parte proviene da leasing con le banche.”

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