Prospettive svizzere in 10 lingue
docente con allievi

Oggi in Svizzera

Cari svizzeri e care svizzere all’estero,

Alle Olimpiadi di Parigi, la delegazione elvetica sta facendo incetta di medaglie… di legno. Stando a una statistica compilata dal Tages-Anzeiger, finora gli atleti e le atlete svizzere ne hanno collezionate ben otto, a fronte delle quattro di tre anni fa a Pechino e delle due nel 2016 a Rio. Ieri a terminare ai piedi del podio è stata Angelica Moser nel salto con l’asta, mentre il giorno prima Simon Ehammer nel salto in lungo. Speriamo che gli ultimi giorni dei Giochi sorridano un po’ di più ai rossocrociati.

persone al lavoro
Keystone / Christian Beutler

E se in Svizzera si lavorasse solo quattro giorni alla settimana? È la proposta avanzata recentemente dall’associazione Impiegati Svizzera.

La settimana lavorativa corta non ha ancora preso piede nella Confederazione, anche se alcune aziende hanno adottato questo sistema. Alcuni giorni fa, l’organizzazione Impiegati Svizzera è tornata alla carica, chiedendo alle aziende di scegliere se offrire al proprio personale una retribuzione maggiore o più tempo libero.

L’economia svizzera è confrontata attualmente con una carenza di lavoratori e lavoratrici qualificate in alcuni settori. Inoltre, le generazioni più giovani (e non solo) chiedono spesso un miglior equilibrio tra vita professionale e privata. La settimana corta potrebbe risolvere questi problemi? È La domanda che si pone questa settimana la piattaforma Dialogo della Società svizzera di radiotelevisione SSR.

Il bilancio delle aziende che hanno introdotto questo modello lavorativo è in chiaroscuro. Se alcune – come la società informatica vodese Asymba – hanno constatato un aumento della produttività, altre – come il gruppo alberghiero Kraft Basel – hanno fatto marcia indietro, su richiesta proprio dei dipendenti che hanno preferito tornare alla settimana di cinque giorni.

  • L’articolo di Dialogo pubblicato su swissinfo.ch.
  • Un approfondimento della mia collega Marija Milanovic.
  • Telelavoro, da necessità a rivoluzione culturale. Un articolo di Simone della Ripa pubblicato su tvsvizzera.it.
  • Mentre in diverse parti del mondo la settimana corta sta diventando sempre più popolare, in Svizzera il sistema convince poche aziende. Un approfondimento dagli archivi di swissinfo.ch.
palazzo a venezia
La bandiera svizzera sventola sul canale della Giudecca dal 1966. Photo : Niklaus Stauss Zuerich

Pro Helvetia interromperà le sue attività nella sede veneziana di Palazzo Trevisan dal 2026. La misura ha provocato una levata di scudi ed è uno dei temi caldi di cui si sta discutendo al Locarno Film Festival, che si è aperto ieri.

A fine luglio, la Fondazione Svizzera per la cultura ha suscitato notevole scalpore, non solo tra gli ambienti culturali, annunciando che dal 2026 non organizzerà più eventi a Palazzo Trevisan. Il motivo: Pro Helvetia deve risparmiare e a farne le spese sono parte delle attività veneziane. La Fondazione continuerà a occuparsi dell’allestimento del padiglione svizzero alla Biennale, ma rinuncerà alle manifestazioni parallele proposte in quella che era la sede del Consolato elvetico nella Serenissima.

Vi è poi un’altra incognita che pesa sul prestigioso edificio veneziano, di cui la Confederazione possiede un piano. Stando a indiscrezioni trapelate sui media, Berna vorrebbe metterlo in vendita.

Le reazioni non si sono fatte attendere. “Un errore imperdonabile”, “una decisione miope”, “una scelta poco lungimirante”, hanno commentato alcune personalità del mondo della cultura e della politica. La consigliera di Stato ticinese Marina Carobbio ha da parte sua evocato l’organizzazione di una tavola rotonda per discutere del futuro di Palazzo Trevisan e ha dichiarato che parlerà della questiona con i consiglieri federali Ignazio Cassis e Elisabeth Baume-Schneider (responsabile della cultura) durante il Locarno Film Festival. La manifestazione cinematografica è uno dei tradizionali appuntamenti durante i quali si fa il punto sulla politica culturale della Confederazione.

docente con allievi
Keystone / Christian Beutler

Il corpo insegnante svizzero si dichiara abbastanza soddisfatto della sua professione. È quanto emerge da uno studio presentato oggi a Berna dall’associazione svizzero tedesca dei docenti e dal Sindacato degli insegnanti romandi.

La soddisfazione dei e delle docenti è complessivamente pari a 4,2 su una scala di valutazione scolastica da 1 a 6, ha dichiarato in una conferenza stampa Martina Brägger, responsabile dello studio, che è stato condotto per la quinta volta nella Svizzera tedesca (e nel Liechtenstein) e per la prima in Romandia. Il Ticino non è invece stato preso in considerazione.

A soddisfare gli insegnanti e le insegnanti è in particolare la collaborazione con i colleghi, il clima nelle classi e le lezioni impartite. Hanno invece una visione più negativa del sostegno integrativo. “In generale il corpo docente è soddisfatto della professione, ma ci sono segnali di allarme”, ha affermato Dagmar Rösler, la presidente della Dachverband Lehrerinnen und Lehrer Schweiz, l’organizzazione ombrello della Svizzera tedesca.

Dallo studio emergono inoltre differenze tra le due regioni linguistiche: sebbene i risultati siano simili, la soddisfazione di chi insegna nella Svizzera romanda è leggermente inferiore (3,9 su 6) rispetto alla Svizzera tedesca, ha aggiunto l’autrice dello studio.

  • L’articoloCollegamento esterno di Keystone-ATS ripreso da La Regione.
  • A che punto è la scuola inclusiva in Svizzera? L’approfondimento di Luca Beti.
  • La carenza di insegnanti è un problema annoso in Svizzera. A tal punto che in alcuni cantoni sono state assunte persone senza certificato pedagogico. La testimonianza di uno di loro pubblicata su swissinfo.ch.
  • Due docenti su tre in Svizzera hanno subito minacce, aggressioni verbali o forme di mobbing. Il servizio su tvsvizzera.it.
capsula sarco
Keystone / Ennio Leanza

L’arrivo in Svizzera di una capsula per il suicidio rilancia il dibattito etico. Secondo il presidente della Commissione nazionale di etica Markus Zimmermann l’uso di questo apparecchio “potrebbe permettere di accelerare l’introduzione di una legislazione adeguata”.

L’annuncio che presto la capsula denominata “Sarco” e sviluppata dall’organizzazione The Last Resort sarà utilizzata in Svizzera ha suscitato un certo scalpore. La Commissione nazionale d’etica in materia di medicina umana (CNE), che nel 2005 e 2006 aveva chiesto senza successo una regolamentazione dettagliata per le organizzazioni di aiuto al suicidio, ritiene che siano necessarie norme e una supervisione più rigorose.

Intervistato dall’agenzia Keystone-ATS, Markus Zimmermann rileva che in Svizzera l’assistenza al suicidio è poco regolamentata ed è punibile solo se motivata da ragioni egoistiche. La CNE non si è ancora pronunciata sulla capsula, ma Zimmerman considera che, sulla base delle informazioni in suo possesso, la pratica commerciale che sta dietro a The Last Resort sia problematica da un punto di vista etico.

L’uso di questa capsula non dovrebbe comunque influenzare il cosiddetto turismo della morte verso la Svizzera, secondo diversi esperti interpellati da Keystone-ATS. Tanto più che diversi Paesi europei stanno legalizzando l’assistenza al suicidio.

  • Un approfondimento della mia collega Kaoru Uda dopo l’annuncio due settimane fa che la capsula per il suicidio sarà utilizzata per la prima volta in Svizzera.
  • Il focus di swissinfo.ch dedicato al suicidio assistito in Svizzera.

I più letti
Quinta Svizzera

I più discussi

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR