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Schermo che annuncia elezione di Trump

Oggi in Svizzera

Care svizzere e cari svizzeri all'estero,

C'è un solo grande tema che occupa la stampa elvetica oggi e non è l'annuncio dell'entrata in vigore della legge di applicazione dell'iniziativa federale "anti burqa".

Ne parleremo comunque, ma prima dedichiamoci alle reazioni e ai commenti scatenati dal travolgente ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

Buona lettura!

Manifesto di Trump
Keystone/epa

I commenti della stampa svizzera sull’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti vanno dal mitigato al catastrofista. Tutti, tuttavia, sottolineano l’imprevedibilità del tycoon e i “rischiosi” cambiamenti all’orizzonte.

L’editorialista del quotidiano francofono Le Temps non mastica le parole. “Il posto degli Stati Uniti nel mondo è quella di una potenza all’immagine di questo presidente caricaturale: egoista, ripiegata su sé stessa e sui propri interessi, svuotata di ogni senso di responsabilità sul piano multilaterale“.

I giornali germanofoni si dimostrano più pacati, con l’NZZ che parla tuttavia della “scommessa altamente rischiosa” dei repubblicani. Con Trump sperano di stimolare la crescita economica, il prezzo da pagare, però, è l’instabilità. “I freni e contrappesi della Costituzione si applicano anche a Trump, ma il suo carattere è imprevedibile e potrebbe decidere di ignorarli provocando caos mai visto, a Washington e nel mondo“.

Il Tages-Anzeiger menziona le possibili conseguenze del risultato delle presidenziali americane per la Confederazione, sottolineando che “Trump va preso sul serio”. Ricorda che “la Svizzera non ha avuto grossi problemi con Trump durante il suo primo mandato. L’unico punto controverso è la bilancia commerciale negativa con gli USA”. Più preoccupante, secondo il giornale, è la politica estera: “Se Trump dovesse voltare le spalle all’Europa e soprattutto alla NATO, come ha minacciato, e se dovesse accettare o addirittura approvare l’imperialismo di Putin, le conseguenze sulla politica di sicurezza per l’Europa e quindi per la Svizzera sarebbero gravi“.

Donna con bandiere USA e svizzera
Keystone / Salvatore Di Nolfi

Mentre la presidente della Confederazione Viola Amherd si congratulava con Donald Trump per la sua elezione, gli esponenti di vari partiti elvetici si sono espressi sul risultato delle presidenziali.

“Ci rallegriamo di continuare a lavorare insieme sulla base dei nostri valori e interessi comuni”, ha scritto Amherd su X. Berna è un partner fidato degli USA, si legge nel post che sottolinea come le relazioni economiche e scientifiche tra i due paesi sono “eccellenti”.

Non si rallegrano invece i Verdi, per cui “Trump è una minaccia per la democrazia la pace, i diritti delle donne e la protezione del clima”, ha scritto il consigliere nazionale ecologista Nicolas Walder.

A dirsi fiducioso riguardo alle relazioni tra Washington e Berna è invece il consigliere nazionale dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) Nicolas Kolly, secondo cui la vittoria di Trump è da leggere nei valori conservatori che il neoeletto difende, piuttosto che nel personaggio in sé. “Credo che gli americani abbiano respinto i valori woke rappresentati da Kamala Harris”, ha affermato Kolly.

Secondo il presidente del Partito liberale radicale (PLR, destra) Thierry Burkart, l’elezione di Trump significa “incertezza per la Svizzera”. Secondo lui, il nuovo presidente degli Stati Uniti non ha un programma elettorale chiaro e la sua elezione significa imprevedibilità in termini di politica estera.

La consigliera nazionale Elisabeth Schneider-Schneiter, del Centro, ha dichiarato alla radio che l’Europa farebbe bene a rafforzarsi per non rimanere schiacciata tra i blocchi. In quanto piccola economia, la Svizzera ha tutto l’interesse a perseguire una politica insieme a un’Europa forte.

Il copresidente del Partito socialista Cédric Wermuth ha affermato da parte sua che il ruolo della Svizzera dopo l’insediamento di Trump sarà quello di insistere, insieme ad altri Paesi, sull’importanza degli accordi internazionali e del sostegno all’Ucraina.

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manifesto
Keystone/ Urs Flueeler

A partire dal 1°gennaio 2025 su tutto il territorio svizzero sarà vietato dissimulare il volto nei luoghi pubblici. Il Consiglio federale ha fissato oggi l’entrata in vigore delle relative disposizioni di legge.

Si tratta della legge d’applicazione della cosiddetta “Iniziativa anti-burqa” su cui il popolo si era espresso favorevolmente (51,2% di “sì”) alle urne dopo un’accesa campagna nel 2021. Chi violerà le disposizioni potrà vedersi comminare una multa di 100 franchi, pagabile immediatamente.  In caso di non ottemperanza, la sanzione potrà gonfiarsi, fino a raggiungere i 1’000 franchi.

Delle eccezioni sono previste. Ad esempio, la dissimulazione del viso rimane ammessa a bordo degli aerei, nei luoghi di culto e per motivi di salute, sicurezza e protezione dalle condizioni climatiche, così come per seguire le usanze locali e in occasione di spettacoli artistici e d’intrattenimento.

Museo CICR, esterni
Keystone / Salvatore Di Nolfi

Il museo del CICR, a Ginevra, è a rischio chiusura. I piani di risparmio della Confederazione prevedono infatti la fine del finanziamento versato dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Tagli previsti anche per la polizia diplomatica.

Il Museo del Comitato internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa accoglie ogni anno più di 120’000 visitatori e visitatrici. Tra le altre cose, mette in luce la storia e l’attualità del lavoro umanitario e l’importanza delle Convenzioni di Ginevra, di cui quest’anno si celebra il 75esimo anniversario.

La fine del sostegno di 1,1 milioni di franchi annui fornito finora dal DFAE significherebbe la chiusura del museo, afferma il direttore di quest’ultimo, Pascal Hufschmid. Secondo il ministero degli esteri, però, “senza dei correttivi, si rischiano deficit strutturali miliardari. Le misure colpiscono tutte le aree di responsabilità federale“.

Tra le misure previste vi è anche la soppressione del credito di un milione di franchi annui per la polizia diplomatica, responsabile della sicurezza dei capi di Stato e delle delegazioni straniere che si recano a Ginevra. I costi andrebbero a carico del Cantone. Secondo la consigliera di Stato ginevrina Carole-Anne Kast, ciò è “inaccettabile in base al diritto internazionale”, poiché la Svizzera ha l’obbligo di garantire la sicurezza dei rappresentanti stranieri sul suo territorio.

Tiratori nella nebbia
Keystone / Philipp Schmidli

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