Oggi in Svizzera
Care svizzere e cari svizzeri all'estero,
il passato oscuro del settore bancario svizzero è tornato di prepotenza di attualità in questi giorni con le rivelazioni sui conti legati al nazismo. Diverse testate hanno pubblicato interviste con storici ed esperti.
Oggi ricorre anche il decimo anniversario dell'attentato contro Charlie Hebdo. Cos'è cambiato nel frattempo per il lavoro di vignettisti e vignettiste in Svizzera?
Nel 2020, l'iniziativa "Per imprese responsabili" era naufragata in votazione pur avendo ottenuto l'approvazione della maggioranza del popolo, ma non dei Cantoni. Ora un comitato vuole riprovarci e ha lanciato la raccolta di firme per riportare la Svizzera alle urne.
Il nostro bollettino si conclude illustrando un problema con cui si trovano confrontate molte imprese elvetiche che faticano a trovare persone disposte a raccogliere il testimone una volta che chi le dirige andrà in pensione.
Vi auguro una buona lettura!
Dopo le rivelazioni dello scorso fine settimana riguardanti innumerevoli documenti che attestano l’esistenza di conti presso Credit Suisse collegati ai nazisti che finora erano sconosciuti o solo parzialmente noti, la stampa elvetica ne ha discusso in dettaglio con degli esperti.
Secondo un’inchiesta della Commissione bilancio del Senato degli Stati Uniti, Credit Suisse avrebbe nascosto informazioni nel corso di precedenti indagini sui conti bancari che erano appartenuti a nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
Non è una sorpresa per gli storici Sacha Zala e Marc Perrenoud. Quest’ultimo è stato membro della nota commissione Bergier, che tra gli anni Novanta e Duemila aveva indagato sulla storia della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale. “La Commissione Bergier ha portato alla luce così tanta documentazione che non siamo riusciti a esaminarla tutta nei cinque anni del nostro mandato, dal 1996 al 2001″, spiega lo storico in un’intervista pubblicata martedì da Le Temps.
Oltre alla mancanza di tempo, Perrenoud sottolinea la collaborazione delle banche. “In alcuni casi abbiamo sospettato che nascondessero informazioni, ma non avevamo prove. La Commissione avrebbe potuto inviare ispettori di polizia a controllare”, aggiunge, ma “c’era il rischio che gli archivi venissero distrutti”. Dalle colonne di Le Temps l’esperto chiede ora che si svolgano ulteriori ricerche. Nel caso di banche “too big to fail”, per le quali è stato mobilitato molto denaro pubblico allo scopo di salvarle, “la popolazione dovrebbe avere il diritto di essere informata sulla loro storia”, dice.
- L’intervista a Marc PerrenoudCollegamento esterno su Le Temps e a Sacha ZalaCollegamento esterno su RSI
- Averi nazisti: “Credit Suisse non disse tutto”Collegamento esterno – L’articolo di RSI sulle rivelazioni statunitensi
Dieci anni dopo l’attentato islamista alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, in cui vennero uccise 12 persone, Arcinfo ha parlato con alcuni vignettisti svizzeri di come è cambiato nel frattempo il loro lavoro.
L’enorme sostegno nei confronti di Charlie Hebdo e di vignettisti e vignettiste dimostrato dopo l’attentato è crollato, ma non è una tendenza legata a quanto accaduto quel 7 gennaio, sostengono i disegnatori satirici svizzeri Vincent l’Épée, Patrick Chappatte e Nicolas Sjöstedt, alias Jo Ted.
“Tutta la società è cambiata, è diventata più puritana”, sottolinea quest’ultimo. “Oggi, quando si tratta di umorismo, bisogna usare le pinze, anche con le persone vicine”. Gli fa eco L’Épée: “Negli ultimi anni, lo spirito libertario ha subito un colpo, ma questo non è legato a ‘Charlie’. Oggi la società è più polarizzata e le redazioni sono diventate più timorose”.
Secondo Patrick Chappatte, “l’11 settembre dei vignettisti”, come lo chiama lui, “ha cambiato tutto e niente”. Ricorda che dopo l’attentato il New York Times gli aveva commissionato un disegno che è rimasto sulla home page del giornale per una giornata intera, un evento inedito. Tuttavia, quattro anni più tardi, il quotidiano newyorkese ha rinunciato completamente alla pubblicazione di vignette satiriche.
- L’articoloCollegamento esterno di Arcinfo
La Svizzera non deve essere l’unico Paese a non obbligare le proprie multinazionali a dimostrare responsabilità in ambito di ecologia e diritti umani. Un comitato ha presentato martedì a Berna un nuovo progetto di iniziativa in tal senso. Spera di raccogliere in un mese le 100’000 firme necessarie per portare il popolo alle urne.
Nel novembre del 2020, l’iniziativa popolare “Per multinazionali responsabili” era stata accettata dal 50,7% dell’elettorato, ma respinta dalla maggioranza dei Cantoni, ed è quindi stata bocciata. Una controproposta, basata sul “reporting”, è entrata in vigore nel 2022, ma è “rimasta inefficace”, ha denunciato martedì il comitato promotore dell’iniziativa, composto da “una vasta alleanza di rappresentanti di tutti i partiti politici, da imprese svizzere e da più di 90 organizzazioni della società civile”, si legge sul sito del gruppo.
Dal 2020, Paesi come la Germania e la Norvegia hanno approvato leggi in materia e l’Unione Europea ha adottato una direttiva sul dovere di diligenza. Tuttavia, il comitato d’iniziativa deplora il fatto che la discussione non stia facendo progressi nella Confederazione.
La nuova proposta chiede regole vincolanti per obbligare le multinazionali svizzere a rispettare i diritti umani e gli standard ambientali.
- La notiziaCollegamento esterno riportata da RSI
- “Come l’UE rilancia il dibattito svizzero sulla responsabilità d’impresa” – l’approfondimento di SWI swissinfo.ch sul tema
Molte aziende in Svizzera si trovano davanti a un futuro incerto poiché, con molti dirigenti che si avviano verso la pensione, non è sempre facile trovare una soluzione per la successione.
Secondo uno studio della società di consulenza manageriale Dun and Bradstreet ci sono 650’000 imprese in Svizzera e il problema della successione è particolarmente sentito nel settore edile e per le imprese con meno di 50 dipendenti.
Circa 100’000 di queste piccole aziende erano alla ricerca di una soluzione sulla successione nel 2024, molte di più che due anni prima. È una realtà che non risparmia neppure le imprese con finanze solide. Anche per le aziende più grandi la tendenza è in aumento.
Secondo Alexandra Bertschi, esperta di successione della società di revisione e consulenza PWC, la mancanza di persone disposte a prendere il testimone non è un bene per l’economia, ma è comprensibile: “Ci sono meno persone che arrivano rispetto a coloro che partono, la parola chiave in questo caso è ‘baby boomer’. Molte si avviano alla pensione e non ci sono abbastanza successori. Da una parte il problema è in termine di numeri, dall’altra è culturale, con la Generazione Z che ha dei modelli di vita differenti”.
- L’articoloCollegamento esterno di SRF
Foto del giorno
Capita spesso che la nostra redazione fotografica scovi delle tradizioni di cui ignoravo totalmente l’esistenza. Nella foto, un giovane partecipante al “Priis Chlepfae”, competizione che premia chi sa far schioccare meglio una frusta. Si tiene annualmente il giorno dell’Epifania nella piazza principale di Svitto.
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