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Martin Pfister sotto un ombrello

Oggi in Svizzera

Care svizzere e cari svizzeri all’estero,

Il bollettino di questo lunedì si apre con un'intervista al responsabile dell'ambasciata svizzera in Myanmar dopo il terremoto che ha scosso la regione venerdì scorso.

Domani Martin Pfister prenderà ufficialmente le redini del ministero della Difesa e molti dei titoli di oggi mettono in evidenza le enormi sfide e i problemi che erediterà. Anche se entrerà in carica il 1° aprile, la lista di dossier che gli arriverà sulla sua scrivania non è affatto uno scherzo.

Cordiali saluti da Berna,

edificio crollato
EPA/STRINGER

La Svizzera ha presentato un’offerta di aiuti umanitari all’ambasciata del Myanmar a Ginevra, che comprende il sostegno nei settori dell’approvvigionamento idrico, dell’assistenza medica e dei rifugi d’emergenza.

Lo ha comunicato Daniel Derzic, capo missione presso l’ambasciata svizzera in Myanmar alla SRF. Esperti elvetici e materiale di soccorso potrebbero essere inviati nel Paese, ha aggiunto.

La guerra civile in corso in Myanmar sta complicando la consegna degli aiuti, ha spiegato Derzic. “Purtroppo, l’accesso umanitario è anche in parte politicizzato. Quando un’area è controllata da diversi attori, diventa molto più difficile“. Tuttavia, il diplomatico ha ribadito l’impegno della Svizzera ad offrire aiuto ovunque sia necessario.

L’ambasciata è in contatto con i cittadini svizzeri in Myanmar e, finora, non sono stati segnalate vittime tra la comunità svizzera.

Amherd e Süssli
Keystone / Peter Schneider

La Svizzera ha ancora bisogno di un capo dell’esercito? Alcuni ambienti militari e l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) pensano di no.

“Un ritorno al vecchio modello con una leadership più ampia è per me un’opzione seria”, ha dichiarato Stefan Holenstein, presidente dell’Associazione delle società militari svizzere, alla SonntagsZeitung. Secondo Holenstein, “un generale come comandante in capo ha senso solo in caso di guerra”.

Senza dubbio il nuovo ministro della difesa Martin Pfister ha già riflettuto sulla struttura e sul funzionamento del suo dipartimento, da tempo bersaglio di critiche e colpito da una serie di dimissioni ai vertici, tra cui proprio quella del capo dell’esercito, Thomas Süssli (nella foto assieme a Viola Amherd). In una recente intervista, Pfister ha descritto la situazione come “un’opportunità per ripensare la struttura organizzativa”. 

L’UDC ha a lungo sostenuto l’abolizione del ruolo di capo dell’esercito, considerandolo eccessivamente politicizzato. Lo stesso Süssli aveva suscitato polemiche quando ha descritto il suo ruolo come la “cerniera tra la politica e l’esercito”.

Ma non tutti sono d’accordo. Franziska Roth, consigliera agli Stati del Partito socialista (PS), insiste sul fatto che nell’attuale clima geopolitico le forze armate svizzere “hanno bisogno di un capo e questa posizione deve essere rafforzata”. A prescindere dal dibattito, la carica, istituita nel 2004, non è destinata a scomparire presto. Uno dei primi compiti di Pfister sarà quello di nominare il successore di Süssli.

Membri protezione civile
Keystone / Salvatore Di Nolfi

Martin Pfister non erediterà solo problemi  relativi all’esercito, ma anche quelli legati alla protezione civile e alla sicurezza informatica.  

Il sistema di protezione civile della Svizzera è rimasto in gran parte in secondo piano mentre il resto del dipartimento della difesa occupava grande spazio sui giornali. Ma, come scrive la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), i moderni conflitti globali hanno dimostrato l’importanza della protezione civile di un Paese.

La questione inizia ai vertici dell’Ufficio federale della protezione civile (Babs). Una riorganizzazione del 2021 ha creato molto malcontento nel personale e le critiche sono arrivate in particolare dai Cantoni. “È difficile collaborare con un ufficio quando i referenti cambiano continuamente e molte posizioni rimangono vacanti”, afferma Hanspeter von Flüe dell’’Ufficio per la protezione civile del Cantone di Berna.

Patrik Reiniger, vicepresidente della Conferenza dei responsabili cantonali degli affari militari, è ancora più diretto: “Saremmo a malapena in grado di proteggere il Paese in caso di guerra. Non siamo preparati“. Sostiene che un esercito robusto non è sufficiente: anche la protezione civile deve essere rafforzata.

Una simulazione di un’emergenza condotta nel 2024 dalle autorità federali e cantonali ha messo in luce le lacune: la cooperazione  è fallita e la leadership federale è stata giudicata inadeguata e confusa, ricorda Reiniger.

Un altro dossier problematico attende sulla scrivania di Pfister: l’Ufficio federale per la cibersicurezza (UFCS), istituito dall’ormai ex consigliera federale Viola Amherd.

Sebbene nel 2022 Amherd avesse sostenuto che la difesa informatica è parte integrante della protezione della popolazione, la NZZ sottolinea che non esiste una strategia chiara.

Le ragioni sono molteplici: l’esercito non dispone di un quadro giuridico solido in questo ambito, il budget dell’UFCS è minimo e alcuni esperti di sicurezza temono che la vicinanza tra l’esercito e i servizi di intelligence possa creare conflitti di interesse.

Un’alleanza multipartitica sostiene l’aumento del budget dell’ufficio informatico dagli attuali 16,1 milioni di franchi a 31. Tuttavia, l’elaborazione di una strategia valida e a lungo termine sarà una delle tante sfide del nuovo ministro della Difesa.

Monetine
Keystone / Gaetan Bally

Un numero crescente di persone in Svizzera è classificato come “working poor”, ovvero vive sotto la soglia di povertà pur svolgendo un’attività lavorativa.  

I nuovi dati dell’Ufficio federale di statistica (UST), relativi al 2023, mostrano che la percentuale di working poor è cresciuta, raggiungendo il 4,4% (contro il 3,8% del 2022), benché il tasso di povertà complessivo sia rimasto stabile all’8,1%.

La soglia di povertà si basa sugli standard della Conferenza svizzera delle istituzioni dell’azione sociale (CSIAS). Nel 2023, la soglia corrispondeva a entrate di 2’315 al mese per una persona sola e di 4’051 franchi per  per una coppia con due figli..

Nel 2023, era il 6,3% della popolazione a vivere in economie domestiche con almeno due tipi di arretrati, ossia fatture non saldate in tempo nell’arco di 12 mesi per motivi finanziari. Nel 2022, invece, questa situazione concerneva solo il 4,8%. Si è così tornati quasi al livello del 2019 (7%).

Tradotto con l’aiuto di Deepl/Zz

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