“Il conflitto del Nagorno-Karabakh deve finire”
La legge marziale è in vigore da fine settembre in Armenia e Azerbaigian. Lo svizzero all'estero Daniel Zurfluh è fuggito in Svizzera con i suoi due figli.
“La prima settimana abbiamo seguito gli sviluppi con preoccupazione”, dice Daniel Zurfluh. Il 57enne svizzero vive a Erevan, capitale dell’Armenia, da quasi cinque anni con la moglie armena e i due figli.
“Dopo l’attacco a un aeroporto militare in Azerbaigian all’inizio di ottobre, tuttavia, ho temuto contromisure che potessero estendersi oltre la regione del Karabakh”, dice il consulente per l’outsourcing informatico. Quello è stato il momento in cui la famiglia ha deciso di portare in salvo almeno i due bambini.
Da decenni la regione del Nagorno-Karabakh è al centro di un conflitto tra Armenia e Azerbaigian. Dal 1991 la regione, che si è autoproclamata indipendente, e sette regioni circostanti sono controllate dall’Armenia.
Nel 1994, con la mediazione della Russia è stato negoziato un cessate il fuoco. Il conflitto è tuttavia riemerso più volte in passato.
Separato dalla moglie
La fuga della famiglia svizzera all’estero è stata resa più complicata dalla pandemia di Covid-19. “I voli riprendono solo lentamente”, dice Zurfluh. La famiglia ha prenotato il volo all’inizio di ottobre e il padre e i suoi figli sono volati in Svizzera via Amsterdam e Parigi.
Ma la moglie di Zurfluh ha deciso di rimanere a Erevan, perché sua madre e la sua azienda di catering esigono la sua presenza. Daniel Zurfluh può lavorare ovunque. Infatti, prima del coronavirus era regolarmente in Svizzera.
“La vita a Erevan prosegue più o meno normalmente, ma l’atmosfera è cupa e la gente non esce molto”, spiega l’espatriato. Anche l’azienda informatica per la quale lavora a Erevan continua ad operare come al solito, tranne per il fatto che vari dipendenti sono stati arruolati dall’esercito.
Quando possiamo tornare indietro?
“Speriamo di poter tornare presto”, dice Daniel Zurfluh, che da lunedì scorso è in quarantena con i suoi figli vicino a Lucerna. La situazione è particolarmente difficile per i bambini, di otto e dieci anni, perché sono separati dalla madre.
“Questo conflitto deve essere risolto, e non con mezzi militari”, dice Zurfluh. Le tensioni vanno avanti da decenni, ma le trattative si sono arenate. “L’opinione pubblica e gli Stati occidentali non sono molto interessati”, si rammarica.
L’espatriato è infastidito dal fatto che i media si accontentino di scrivere che si tratta di un vecchio conflitto. “Non è accettabile che gli scontri scoppino regolarmente, bisogna trovare una soluzione”. Zurfluh ritiene che l’Armenia, che controlla la regione, non avesse motivo di cambiare lo status quo, quindi la responsabilità del recente inasprimento delle tensioni è chiara.
Zurfluh vede una ragione per la mancanza di interesse da parte di altri paesi. L’Azerbaigian è un paese ricco di petrolio e gas. “L’interferenza turca fa scattare l’allarme anche in Armenia”, dice. Per ragioni storiche, gli armeni si sentono estremamente minacciati dall’intervento della Turchia.
“È importante che il pubblico e i diversi paesi prendano coscienza di ciò che accade sul campo”. L’espatriato ritiene che il coinvolgimento della Russia, che sostiene l’Armenia ma ha interessi in Azerbaigian, renda la situazione “estremamente delicata”.
Secondo l’Ufficio federale di statistica, alla fine del 2019, 28 svizzeri all’estero vivevano in Armenia e 32 in Azerbaigian. Daniel Zurfluh è anche membro di un’associazione imprenditoriale locale gestita dalla Germania, che rappresenta gli interessi delle aziende tedesche e armene.
Andrea Tognina
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