Microtassa sul settore finanziario per sgravare famiglie e imprese
Tassare le transazioni finanziarie invece del lavoro e dei consumi: un’iniziativa popolare propone d’introdurre una microimposta sui pagamenti elettronici per finanziare le spese dello Stato e ridurre la pressione fiscale sulle famiglie e le imprese. Una proposta al passo con i cambiamenti della società o un salto nel vuoto?
“Oggi circa il 10% delle transazioni finanziarie sono direttamente utili all’economia. Per il resto, si può discutere se sono parzialmente o indirettamente utili. Ma di certo una gran parte serve soltanto a fini puramente speculativi”, dichiara il professore Marc ChesneyCollegamento esterno, uno dei padri dell’iniziativa popolare per una ‘Microimposta sul traffico scritturale dei pagamenti’Collegamento esterno, lanciata pochi giorni fa.
Il direttore del dipartimento banche e finanza dell’Università di Zurigo figura da anni in prima linea tra gli economisti che denunciano gli eccessi del settore finanziario internazionale. “Almeno la metà delle operazioni di acquisto o vendita di azioni a livello mondiale sono eseguite da computer al microsecondo. Vengono trasmessi molto rapidamente ordini di acquisto in modo da far salire il valore di un titolo e, quando il prezzo è sufficientemente alto, il computer annulla gli ordini e, invece di comperare, vende. E, così, il contrario”.
“Tutto ciò si chiama manipolazione del sistema finanziario”, sottolinea Marc Chesney, secondo il quale questo settore è sempre più dominato da scommesse e cinismo, invece che da investimenti e fiducia. “Accanto al trading ad alta frequenza, si è creato un volume colossale di prodotti finanziari derivati e strutturati che permettono, tra l’altro, di scommettere sul default di molte imprese o perfino sul loro fallimento. Ad esempio, molti hedge funds hanno scommesso nel settembre scorso sul fallimento della società Thomas Cook, ottenendo lauti guadagni”.
Sostrato fiscale più alto
Questi prodotti derivati, gestiti da un’élite di specialisti, hanno assunto negli ultimi 20 anni dimensioni sproporzionate che minacciano la stabilità dello stesso settore finanziario e non coincidono più con i valori dell’economia reale, avverte il professore di finanza quantistica. “Basta dare un’occhiata ad alcune cifre: nel 2017 il Prodotto interno lordo globale era pari a 81 mila miliardi di dollari, il debito pubblico e privato raggiungeva 233 mila miliardi e il volume dei prodotti derivati addirittura 755 mila miliardi”.
L’iperfinanziarizzazione dell’economia presenta però un vantaggio, rilevano i promotori dell’iniziativa popolare: il traffico dei pagamenti senza contanti si è gonfiato a tal punto da offrire il più alto sostrato fiscale disponibile. In Svizzera, i pagamenti elettronici corrispondono ad un importo annuo di almeno 100 mila miliardi di franchi, ossia oltre 140 volte il Prodotto interno lordo.
“E si tratta di stime prudenti”, dichiara Marc Chesney. Questa cifra tiene conto di dati conosciuti, come le transazioni eseguite tramite Swiss Interbank Clearing (SIC), il sistema che regola i pagamenti tra banche agli altri operatori del mercato finanzario, oppure Forex, il mercato delle divise. “Non sappiamo nulla del volume di altri pagamenti, in particolare delle transazioni eseguite all’interno di una banca. Lo stesso Consiglio federale non ha voluto o potuto dare una risposta ad un’interpellanza parlamentareCollegamento esterno che chiedeva dati precisi su tali transazioni”.
Sostituire tre imposte
L’introduzione di una microimposta sul traffico scritturale dei pagamenti, come chiesto dall’iniziativa, consentirebbe quindi di rendere più trasparente il settore finanziario. La microtassa verrebbe prelevata su tutti i pagamenti senza contanti, dai versamenti della vita quotidiana alle operazioni di borsa, alla compravendita di divise o materie prime fino alle transazioni su prodotti derivati. I prestatori di servizi di pagamento scritturale (elettronico) sarebbero tenuti a prelevare automaticamente la microimposta e verrebbero indennizzati dallo Stato per tale prelievo.
La microimposta automatica si basa su un’aliquota unica, riscossa sia sull’addebito che sull’accredito. Inizialmente, tale aliquota non supererà lo 0,005%. “Questo piccolo prelievo iniziale ci servirà a conoscere la dimensione e la struttura del traffico dei pagamenti e, quindi, l’entità della base fiscale imponibile”, spiega Marc Chesney.
L’iniziativa prevede un’aliquota massima dello 0,5%. Secondo i suoi promotoriCollegamento esterno, basterà però molto meno per raggiungere l’obbiettivo definito nel testo, ossia sostituire con questa microtassa l’imposta sul valore aggiunto (IVA), l’imposta federale diretta e la tassa di bollo. Queste tre imposte hanno generato l’anno scorso introiti per oltre 47 miliardi di franchi, ossia circa tre quarti delle entrate complessive della Confederazione.
“Se partiamo da un sostrato fiscale di almeno 100’000 miliardi di franchi, una piccolissima aliquota dello 0,1% sarebbe già sufficiente per assicurare proventi pari a 100 miliardi di franchi all’anno. Un importo quindi ben superiore agli introiti attuali della Confederazione”, puntualizza l’economista.
Sistema fiscale antiquato
La microimposta automatica consentirebbe di snellire il sistema fiscale, riducendo buona parte delle pratiche burocratiche. Il prelievo di questa imposta verrebbe effettuato alla fonte, approfittando della sofisticata logistica del settore finanziario. Mentre quest’ultimo si è continuamente modernizzato negli ultimi decenni, riuscendo in molti ambiti a rimanere esente da imposte, il sistema fiscale è rimasto fermo a principi che risalgono a metà del secolo scorso.
“Tra gli obbiettivi principali della nostra iniziativa vi è quello di aggiornare un sistema fiscale ormai vecchio, che non tiene più conto dei cambiamenti della società degli ultimi tempi. Nell’era della digitalizzazione dell’economia non ha più molto senso tassare il reddito del lavoro. Già oggi, ad esempio, ci troviamo di fronte a casse automatiche e ben presto vi saranno taxi senza autista”.
Sempre secondo i suoi promotori, l’iniziativa istaurerebbe un regime fiscale molto più equo. Attualmente la fiscalità colpisce il lavoro, l’imprenditoria e i consumi, penalizzando i più deboli e nuocendo alla stessa economia. Vi sfugge invece buona parte del settore finanziario, a vantaggio soprattutto di coloro che dispongono di patrimoni più alti. Il nuovo regime fiscale consentirebbe ad una famiglia con un reddito di 100’000 franchi di pagare 4’000 franchi in meno d’imposte all’anno.
Forti opposizioni
L’iniziativa non vuole essere né di destra né di sinistra. Tra i suoi promotori figurano due ex dirigenti bancari zurighesi, economisti, imprenditori, politici di diversi partiti e un ex vicecancelliere della Confederazione. Anche questa proposta, che scuote in una certa misura il settore finanziario e vuole introdurre un cambiamento radicale di paradigma fiscale, si scontrerà di certo con una forte opposizione del mondo bancario e delle principali organizzazioni economiche.
L’iniziativa ha già suscitato critiche da parte di altri esperti di economia. Per Reiner EichenbergerCollegamento esterno, professore di politica finanziaria dell’Università di Friburgo, “le imposte possono essere prelevate solo sulla creazione di valore aggiunto e non su un giro di affari che si ridurrebbe di anno in anno. Le banche chiuderebbero o a trasferirebbero all’estero molte attività soggette alla microimposta, ciò che costringerebbe lo Stato a rincarare l’aliquota, a scapito di consumatori, lavoratori e imprenditori”.
Anche Paul DembinskiCollegamento esterno, direttore dell’Osservatorio della finanza di Ginevra si è detto scettico. “Introdurre una simile tassa solo in Svizzera avrebbe l’effetto far abbassare i volumi delle transazioni e di far migrare gli affari finanziari verso altri paesi”. Il dibattito è aperto e, per ora, i promotori dell’iniziativa dovranno dapprima raccogliere le 100’000 firme necessarie per portare la loro proposta dinnanzi al popolo.
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