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Controlli sistematici per evitare una seconda Fukushima

Un contadino vuota il latte contaminato in un prato a Nihonmatsu, nella prefettura di Fukushima. Keystone

Il disastro nucleare di Fukushima era evitabile? Stando all’esperto nucleare svizzero Bruno Pellaud una verifica indipendente di tutte le centrali atomiche al mondo l’avrebbe scongiurato. Intervista.

Oltra a criticare gli errori commessi durante la crisi, l’ex-dirigente dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica si è detto anche pieno di rabbia per le carenze individuate nei sistemi di sicurezza della centrale a Fukushima, a cui il gestore non ha posto rimedio.

Quasi tre settimane dopo che lo tsunami ha spazzato il nord-est del Giappone, gli ingegneri stanno ancora tentando di raffreddare il cuore del reattore. Purtroppo l’operazione non è riuscita a impedire la fuoriuscita di materiale radioattivo.

swissinfo.ch: Un alto funzionario americano ha affermato di fronte al Senato che il reattore è in “lenta ripresa”. È d’accordo con questa valutazione della situazione?

Bruno Pellaud: Parlare di “lenta ripresa” mi sembra una visione un po’ ottimistica, visto che il livello di radioattività nella centrale rende particolarmente difficile il lavoro. Sembra che in alcuni reattori siano di nuovo in funzione i sistemi di raffreddamento, tuttavia c’è ancora del materiale in fusione e una fuoriuscita radioattiva.

Se il contenitore del reattore numero due fosse danneggiato, ciò comporterebbe conseguenze maggiori visto che il cemento sottostante non è stato progettato per trattenere questo metallo fuso. La speranza è che il raffreddamento e l’apporto continuo d’acqua possano evitare il peggio.

L’obiettivo è contenere la radioattività nel metallo o nell’acqua, ciò comporterebbe un impatto minore rispetto a una fuga nell’aria. L’acqua contaminata è meno problematica dato che il mare è davvero grande. Infatti, non rimarrà nei pressi della centrale per più di un paio di giorni. In seguito prenderà il largo grazie alle correnti.

swissinfo.ch: Come valuta le misure adottate dalla società Tokio Electric Power Corporation (Tepco) e dal governo giapponese?

B.P.: Sono stati commessi degli errori nella gestione della situazione, è chiaro. Si è atteso troppo prima di prendere dei provvedimenti, per esempio, per il raffreddamento supplementare del reattore.

Ci sono dei limiti nel complicato processo decisionale in Giappone. Ma le critiche non si limitano a questo. La manutenzione è stata carente, i controlli sono stati negletti, non si sono rispettate le checklist e si è mentito alle autorità.

Ciò che mi fa arrabbiare di più è che tanto tempo fa proprio nei reattori di Fukushima sono stati identificati dei punti deboli. Altrove nel mondo si sono adottati dei provvedimenti per risolvere queste lacune.

In Svizzera, al reattore nucleare di Mühleberg, per esempio, si sono aggiunti dei sistemi di raffreddamento, prendendo acqua dal sottosuolo o da serbatoi nei pressi della centrale. Sono stati montati numerosi cavi elettrici ed è stato installato un secondo involucro duro. Inoltre, è ormai prassi montare dei ricombinatori di idrogeno per evitare delle esplosioni, ciò che invece non è stato fatto a Fukushima. Sono delle misure che non costano molto, adottabili ovunque e non solo in Svizzera.

Inoltre, il fornitore, la multinazionale statunitense General Electric, non ha informato sufficientemente i giapponesi su ciò che è stato fatto in Europa e in Svizzera.

Ci si illudeva che i giapponesi fossero meglio informati e non si credeva possibile che in Europa fossimo più all’avanguardia. Eppure è così. Era possibile prendere delle misure per evitare questa situazione, anche nel caso di uno tsunami.

swissinfo.ch: Come giudica la gestione delle informazioni?

B.P.: Malgrado la confusione, si è tentato di informare in maniera seria e corretta. Tuttavia, sono tante le possibilità di commettere errori durante la sequenza di eventi tra la centrale nucleare, i responsabili delle misurazioni sul territorio fino a Tokio e la conferenza stampa.

Non siamo comunque ai livelli della catastrofe di Chernobyl, durante la quale c’è stata un’evidente disinformazione.

swissinfo.ch: L’Agenzia internazionale dell’energia nucleare ha agito in maniera sufficientemente tempestiva? Non poteva fare di più?

B.P.: L’AIEA è un’organizzazione internazionale con un mandato storico e una funzione di controllo limitata alle questioni di non proliferazione. Per quanto riguarda la sicurezza, l’AIEA non ha un mandato ufficiale, eccezion fatta per gli incontri  tra esperti mondiali per rivedere gli standard di sicurezza. Nel 2008, l’AIEA ha avvisato la Tepco che a Fukushima le norme sismiche non erano sufficienti e che si doveva fare qualcosa. Ed è ciò che l’AIEA poteva fare.

Durante la catastrofe, l’AIEA era autorizzata a fornire informazioni tecniche. Poteva fare di più? Sì, ma era compito dell’AIEA o di un’altra organizzazione?

In questo momento, se richiesto da uno Stato o da una centrale nucleare, l’AIEA può inviare una squadra formata da dieci o quindici esperti in un impianto per controllare ogni cosa – com’è costruita, gestita e mantenuta – e redigere un rapporto. Ma sono in pochi coloro che colgono questa opportunità. Sono solo una mezza dozzina i “buoni studenti”, che non hanno nulla da temere. A Fukushima, l’AIEA non ha effettuato nessun tipo di controllo.

Andrebbero introdotte verifiche sistematiche e indipendenti e i governi e i paesi vicini dovrebbero trarne le conseguenze.

Mi sono occupato a lungo di nucleare e credevo che questi aspetti fossero organizzati. Ho scoperto con l’incidente giapponese che invece non è sempre così.

La centrale atomica a Fukushima si trova a 240 chilometri a nord di Tokio. L’11 marzo, quest’ultima è stata danneggiata seriamente dal terremoto e dallo tsunami, provocando la maggiore crisi nucleare dopo quella di Chernobyl del 1986.

Due dei sei reattori gestiti dalla società Tepco sono ritenuti stabili, gli altri quattro invece non sono sicuri e quindi, quando la situazione sarà sotto controllo, verranno spenti.

Gli addetti alla centrale stanno tentando di rimettere in funzione i sistemi di raffreddamento in cinque reattori. Al momento, la sfida maggiore è quella di togliere l’acqua radioattiva dalla base dei reattori 1, 2 e 3.

Dal rettore 2 fuoriescono livelli di radioattività maggiori a 1000 millisievert all’ora. Il livello massimo è di 250 millisievert all’anno.

A causa dell’alto tasso di radioattività nell’acqua, gli esperti temono un danneggiamento del recipiente in pressione, delle valvole o dei tubi del reattore 2. Hanno paura inoltre che potrebbero trascorrere mesi prima di riuscire a spegnere definitivamente il cuore del reattore.

Vari Stati e organizzazioni hanno chiesto al Giappone di ampliare la zona di evacuazione attorno alla centrale.  Infatti, l’AIEA ha registrato livelli di radiazioni oltre i limiti consentiti anche a 40 chilometri. L’Agenzia per la sicurezza nucleare ha inoltre reso noto che lo iodio radioattivo nelle acque marine appena fuori la centrale è in continuo aumento. Ciò significa che materiale tossico continua a fuoriuscire e a riversarsi in mare.

Dal 1993 al 1999 ha diretto l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA). Si occupato in maniera approfondita specialmente dei programmi nucleari di Nord Corea e Iran.

Dal 2001 al 2009 è stato presidente del Forum elvetico sul nucleare.

Da quando ha lasciato l’AIEA ha mantenuto un vivo interesse per l’energia nucleare e la non proliferazione. Al momento, cura una rubrica su questioni nucleari per l’autorevole sito americano TheHuffington Post.

(traduzione dall’inglese, Luca Beti)

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