L’aereo solare svizzero Solar Impulse 2 (Si2) ha lasciato le Hawaii a destinazione della California. Il decollo è avvenuto giovedì alle 18:16, ora svizzera. L'apparecchio sperimentale ha ripreso il giro del mondo, dopo uno scalo tecnico di quasi 300 giorni.
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Non contenta di occuparsi dei fatti suoi, Susan ha studiato giornalismo a Boston per avere la perfetta scusa di mettersi nei panni degli altri. Quando non scrive, presenta e produce podcast e video.
Questa volta è l’iniziatore del progetto e pilota Bertrand Piccard a essere ai comandi del velivolo solare. Lo scorso mese di luglio, durante il volo storico di quasi cinque giorni e cinque notti dal Giappone alle Hawaii, nella cabina di pilotaggio c’era invece il suo collega André Borschberg.
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swissinfo.ch ha chiesto al team di Solar ImpulseCollegamento esterno di illustrare le principali sfide della nona tappa del volo di Si2 attorno al mondo, che porterà il velivolo dall’aeroporto di Kalaeloa, nelle Hawaii, a quello di Moffet a Mountain View, vicino a San Francisco.
swissinfo.ch: Per quali aspetti questa tratta è diversa da quelle precedenti?
Alexandra Gindroz, portavoce di Solar Impulse: La seconda parte della traversata del Pacifico durerà circa quattro giorni e quattro notti. Per ciò che riguarda le sfide fisiche e tecniche per il pilota e il team prima, durante e dopo il volo, la seconda parte della traversata del Pacifico è simile alla prima.
swissinfo.ch: Il fatto che la distanza è minore significa che il viaggio sarà più facile?
Alexandra Gindroz: No. La distanza minore non riduce le sfide umane e tecniche per il pilota e il team. Quando l’aereo sorvola aree popolate non è permesso dormire. Al di sopra degli oceani e delle zone disabitate le fasi di sonno sono invece pianificate e integrate nella forma di brevi pisolini di al massimo 20 minuti, da una a dodici volte al giorno.
swissinfo.ch: Quali sono le sfide specifiche a questo punto del percorso?
André Borschberg: Ce ne sono diverse. La prima sfida è il fuso orario di 12 ore tra noi alle Hawaii e il Centro di controllo della missione a Monaco. C’è sempre qualcuno che è al rovescio, ciò significa che dobbiamo lavorare molto tardi alla sera oppure molto presto al mattino.
La seconda sfida è che questa volta iniziamo subito con una lunga tappa sopra all’oceano. Questo vuol dire che dobbiamo essere pronti a ogni momento. Dobbiamo fare bene tutto al primo colpo. Le batterie saranno quasi scariche al termine della notte e quindi dobbiamo aspettare che le condizione meteorologiche siano davvero ottimali.
Bertrand Piccard: Per me sarà il volo più lungo con Solar Impulse. Durerà circa quattro gironi e sarò solo nella cabina di pilotaggio. Sento molta pressione siccome André è un pilota professionista nel nostro team e durante la prima parte della traversata del pacifico ha eseguito un volo perfetto. Anche io devo essere al suo livello. La pressione è alta. Ci sono molte incognite e molti punti interrogativi. Ma è un’avventura e non vedo l’ora di affrontarla.
Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio
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swissinfo.ch: Perché ha voluto volare direttamente alle Hawaii invece di effettuare una pausa dopo il volo di prova?
André Borschberg: C’erano talmente tante restrizioni di volo sopra al Giappone che l’unica soluzione era di effettuare il volo principale subito dopo quello di prova. Alcuni sistemi non funzionavano e secondo gli ingegneri non c’era modo di continuare. E ovviamente c’era Bertrand [Piccard] da una parte ed io dall’altra, nella cabina di pilotaggio, a pensare alla situazione: lo stato del velivolo, le condizioni meteorologiche e la mia capacità di gestire la situazione.
Ho deciso che potevo andare avanti. Mi sono detto che il livello di rischio era accettabile e che ce l’avrei fatta malgrado le carenze. Ma è stata una decisione molto difficile siccome, per un certo verso, c’erano in ballo molte emozioni. Fai parte del team, ma vai contro il suo volere. Non è facile. Ho semplicemente detto che il responsabile della decisione ero io, non gli ingegneri. Detto questo, volevo sapere se potevo davvero contare sul loro aiuto e supporto. Così è stato, per ognuno di loro. Nelle loro voci potevo però percepire molta tensione. Penso che sia stata la decisione più difficile che abbia mai preso.
swissinfo.ch: Gli ingegneri sembravano tesi durante la diretta del volo. Lei si è sentito in pericolo o ha avuto paura?
A. B.: Abbiamo forzato le batterie molto di più rispetto a un volo normale in cui si sale a 8'500 metri. Abbiamo effettuato i due voli uno dopo l’altro. Per il volo di prova sono dovuto salire rapidamente ad alta quota. Poi sono sceso e ho iniziato il volo [verso le Hawaii]. Il risultato è che durante il secondo e il terzo giorno le batterie erano molto più calde del previsto. È questo che si sente [durante la trasmissione in diretta]. Certo, eravamo preoccupati, ma non ero angosciato. Questo ha modificato il modo di riposare e di volare. È stata un’ulteriore differenza rispetto a un volo normale, ma ero fiducioso che ce l’avremmo fatta.
swissinfo.ch: Lassù non aveva molta privacy. Tutti sapevano cosa stava mangiando o quando stava dormendo, facendo yoga o utilizzando il bagno. Come ci si sente a essere seguiti così da vicino per tutto il tempo?
A. B.: Ci si dimentica. A volte mi dicevo: ‘Ah già, mi stanno guardando!’ (risate). La cabina di pilotaggio è molto piccola. Bisogna fare molta attenzione, essere prudenti, e fare le cose in modo lento e rilassato. Bisogna riflettere su quello che si sta per fare ed organizzarsi. Questo vale quando si preparano i pasti o ci si cambia i vestiti e, ancor di più, quando si va in bagno.
Sono alto un metro e novanta. Si può immaginare una persona che si muove in quello spazio [3,8 m3] con vestiti pesanti, cavi, tubi e tutto quanto. Tutto va fatto con calma. Si adotta lentamente un atteggiamento zen poiché l’unico modo di fare bene le cose è concentrarsi. Il proprio livello di consapevolezza aumenta. È un modo molto consapevole di vivere, fare ed essere. È stato fantastico! È stata la prima volta che ho potuto viverlo in maniera così profonda. Ho vissuto nel presente a ogni momento. Ci si dimentica quindi della telecamera e di tutto. Si è semplicemente nel proprio ambiente.
swissinfo.ch: Durante il volo ha fatto esercizi di yoga. Ma non ha avuto dolori alla schiena o gambe anchilosate?
A. B.: Sono sicuro che non mi crederà, ma no, mi sentivo bene. Nemmeno il mio medico mi crede. Ho fatto yoga il più possibile. Ogni mattina avevo una lunga sessione e poi tentavo di avere diverse sessioni e movimenti durante il giorno. Ovviamente non potevo assumere le posizioni di yoga siccome non potevo alzarmi in piedi o praticare il saluto al sole. Ma potevo sedermi in vari modi e sdraiarmi, ciò che mi ha aiutato molto.
Quando si fa yoga si impara a osservare sé stessi, il proprio corpo, la propria mente. E quando si è stressati, può essere utile dissociarsi dallo stress e analizzare il modo in cui si reagisce e ci si rilassa. Questo mi ha aiutato a mantenere la giusta mentalità e a non farmi coinvolgere emotivamente da situazioni quali le batterie.
swissinfo.ch: Cosa ci può dire del volo di cinque giorni? È andata come se l’aspettava?
A. B.: Meglio del previsto, anche se “meglio” non è proprio il termine giusto. È stato più arricchente, più fantastico, estremamente speciale. Quando stavo volando per l’ultima notte continuavo a contare le ore e i minuti. Non perché fossi stanco o impaziente di atterrare. No, tentavo di godermi ogni attimo siccome sapevo che era l’ultima volta che mi trovavo nella cabina di pilotaggio per uno di questi voli speciali. E questo volo significava molto per me. È stato qualcosa a cui ho pensato per dodici anni. Da bambino sognavo questi pionieri che hanno fatto la storia dell’aviazione. È stato fantastico trovarsi in una situazione di questo tipo, provare quello che hanno magari provato anche loro.
swissinfo.ch: Quale è stata la prima cosa che ha fatto dopo l’atterraggio?
A. B.: Abbracciare la mia famiglia. Quando ho lasciato il Giappone, i miei pensieri erano con loro siccome sapevo che avrebbero sentito che l’aereo non stava funzionando bene e che sarebbero stati in ansia. Sono stato molto felice di rivedere mia moglie e i miei figli.
swissinfo.ch: Sembra che le Hawaii siano state molto accoglienti…
A. B.: Assolutamente. Fermarsi alle Hawaii è una grande opportunità poiché possiamo disporre di un buon hangar. Possiamo proteggere bene l’aereo e prepararlo per l’anno prossimo. È un aeroporto molto tranquillo e quindi sarà l’ideale per i voli di prova. E quando l’aereo sarà pronto voleremo verso il continente. La situazione è davvero ottimale.
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