Gli escrementi degli uccelli marini dell’Artico arricchiscono l’ambiente
Quando si pensa all'Artico, la maggior parte delle persone pensa a un luogo ghiacciato o roccioso con una vegetazione scarsa, se non addirittura inesistente. Ma accanto alla tundra naturale, fatta per lo più di arbusti nani o di macchie di vegetazione irregolari, vi sono alcune zone con una vegetazione più ricca ai piedi delle aree di nidificazione degli uccelli concentrate su ripide scogliere.
Avvicinandoci a queste scogliere dal mare, come prima cosa abbiamo visto i ripidi fianchi della montagna. Le graziose macchie verdi sottostanti facevano un bel contrasto con il grigio della roccia. Abbiamo sentito gli uccelli ancor prima di vederli. È stato molto commovente vedere i pulcini che saltavano dalla scogliera per il loro primo volo, accompagnati e incoraggiati dai genitori.
Diario di bordo in due megabyte dalle Svalbard
Due megabyte era il limite di dati che i nostri blogger potevano inviare quotidianamente dall’Antartide durante la loro spedizione di ricerca sulle microplastiche. La trasmissione di dati è limitata anche per altre tre dottorande che trascorrono l’estate a studiare l’inverdimento dell’Artico sulle isole Svalbard, in Norvegia. Si tratta di un fenomeno causato dal riscaldamento globale e legato alla chimica, allo spessore e all’età del suolo.
Diverse specie di uccelli, come le piccole alcidi, le risse e i fulmari, si riproducono sui ripidi pendii della costa delle Svalbard. Gli uccelli cacciano i pesci in mare e le loro enormi colonie possono produrre fino a 150 chilogrammi di guano [escrementi] al giorno. Questo tipo di guano è stato, ed è tuttora, un fertilizzante molto utilizzato in agricoltura. In questo caso, le sostanze nutritive provenienti dal mare vengono trasportate verso la tundra solitamente povera di sostanze nutritive e questo ricco fertilizzante agisce come fa su un qualsiasi campo: fornisce nutrimento alle piante.
I nutrienti vengono dispersi con lo scioglimento delle nevi in primavera e, durante il resto dell’anno, tramite il deflusso delle piogge. Questi processi sono essenziali per la formazione di terreni arricchiti di sostanze nutritive che danno origine a una vegetazione rigogliosa e a microrganismi specializzati.
Questo processo di arricchimento dei nutrienti è particolarmente rilevante nell’Artico. L’azoto è un fattore limitante per la crescita delle piante in molte zone climatiche della Terra, ma la disponibilità di azoto e fosforo è particolarmente ridotta nell’Artico. Ciò è dovuto alle basse temperature, alle scarse precipitazioni e alla lenta erosione del terreno, un processo che rilascia minerali nel suolo. La maggiore quantità di sostanze nutritive nel terreno ai piedi di queste scogliere di uccelli consente alle specie vegetali di crescere meglio, e favorisce l’insediamento di altre specie che non crescono altrettanto bene sui terreni poveri di sostanze nutritive della tundra. Esempi tipici di piante che prosperano grazie alle sostanze nutritive distribuite dagli escrementi degli uccelli sono l’acetosa di montagna (Oxyria digyna), una pianta da fiore della famiglia del grano saraceno che si trova tipicamente nelle Alpi, e lo scorbuto della Groenlandia (Cochlearia groenlandica), una pianta fiorita usata per scopi medicinali. È probabile che si trovino anche piante endemiche presenti solo alle Svalbard, come la Saxifraga svalbardensis a petali bianchi.
Con l’aumento dei nutrienti e il cambiamento della vegetazione, anche la composizione e l’attività del microbioma si modificano. Questo microbioma – cioè l’insieme di batteri, funghi e altri microrganismi – si comporta in modo diverso rispetto a quello della tundra naturale per quanto riguarda il ciclo del carbonio e dell’azoto e l’alterazione del terreno. Ciò influisce anche sul modo in cui il microbioma interagisce con le piante.
Poiché in questi luoghi c’è stato per lungo tempo un aumento dell’apporto di nutrienti (le scogliere di uccelli tendono a essere utilizzate per periodi molto lunghi), si sono creati dei suoli spessi e ricchi di sostanze organiche, che spesso sono congelati tutto l’anno negli strati più profondi (permafrost). Questi suoli potrebbero potenzialmente rilasciare dei gas a effetto serra in seguito alla decomposizione della materia vegetale da parte dei microrganismi durate la fase di scongelamento, a causa delle temperature dell’aria più calde nell’Artico. Vorremmo studiare meglio questi cambiamenti per aggiungere un altro tassello alla nostra comprensione dell’inverdimento dell’Artico.
Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio
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