Guerra e pace: le tecnologie a doppio uso fanno discutere
Le nuove tecnologie, create per migliorare la nostra società, vengono sempre più spesso utilizzate per fare la guerra. Essendo leader nello sviluppo dei droni, la Svizzera è molto toccata da questo fenomeno. Regolamentarlo, però, è difficile: Il conflitto di interessi tra le potenze mondiali è forte.
La guerra in Ucraina ha reso evidente che tutte le innovazioni possono avere applicazioni sia civili che militari.
Questa strada a doppio senso ha permesso di migliorare sensibilmente la nostra vita. Grazie all’innovazione militare, l’umanità ha potuto beneficiare di invenzione di cui non possiamo più fare a meno, quali Internet, il GPS o le fotocamere digitali.
Ma oggi come oggi, è sempre di più la ricerca civile ad alimentare il settore militare, piuttosto che il contrario, specialmente in settori emergenti come la robotica e l’intelligenza artificiale (IA).
In Svizzera, questo fenomeno sta diventando sempre più controverso. La Confederazione, infatti, guida lo sviluppo dei droni autonomi e dei sistemi di apprendimento e riconoscimento automatico, due tecnologie che alimentano le armi letali autonome o robot killer. Ne ho scritto in un mio articolo di recente pubblicazione.
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Nonostante il diritto umanitario internazionale si applichi a tutti i tipi di armi, l’uso delle tecnologie emergenti – in particolare quelle guidate dall’IA – non è esplicitamente regolamentato da alcun accordo.
Le Nazioni Uniti e altre organizzazioni internazionali stanno spingendo per rendere vincolante un trattato internazionale che proibisca i sistemi d’arma autonomi. A luglioCollegamento esterno, si terrà a Ginevra un incontro tra esperti ed esperte di vari Paesi per tentare di far avanzare le negoziazioni in questo senso. Ma si mormora già che sarà un buco nell’acqua.
Paesi come Stati Uniti, Russia, Turchia, Corea del Sud, Israele e Regno Unito sono contrari alla proibizione delle armi letali autonome. Tutti questi Stati stanno investendo massicciamente in tale tecnologia.
La Svizzera assume, come sempre, una posizione più moderata: seppure ritenga necessario sviluppare delle norme vincolanti, è contraria al divieto totale, perché ritiene che ciò limiti la ricerca e metta al bando anche tecnologie utili per la popolazione.
Potete leggere di più nell’articolo che io e la mia collega Sibilla Bondolfi abbiamo scritto su questo tema.
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Dite la vostra
Secondo voi sarebbe giusto bandire i sistemi d’arma autonomi? Dobbiamo temere che i risultati delle ricerche condotte in Svizzera finiscano per alimentare i robot assassini? Fatemi sapere cosa ne pensate o partecipate al mio dibattito:
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