Impresa svizzera rinuncia all’uranio russo di Majak
L'Axpo ha annunciato la sospensione delle importazioni di uranio dalla centrale russa di Majak. L'impianto è da tempo nel mirino degli ambientalisti: negli anni Cinquanta, infatti, era stata insabbiata un'esplosione, che secondo Greenpace continua a contaminare le regioni limitrofe.
Il gruppo energetico zurighese, tra i leader in Svizzera, ha deciso di porre fine alle importazioni di uranio dalla centrale di Majak, al confine tra l’Asia e l’Europa, a causa della mancanza di trasparenza nella catena di distribuzione del combustibile. In autunno, l’Axpo si era vista negare l’accesso all’impianto da parte dell’azienda russa Rosatom, con la giustificazione che il complesso si trova in una zona militare.
L’uranio riprocessato a Majak viene utilizzato in Svizzera per il funzionamento della centrale di Beznau, la più vecchia del paese. Per compensare questo deficit, l’Axpo aumenterà così le importazioni da Seversk, in Siberia, un’altra centrale fortemente contestata dagli ambientalisti di Greenpeace.
Stando all’Axpo, tuttavia, le prescrizioni internazionali in ambito di produzione di uranio sono rispettate sia a Majak che a Seversk. È risaputo, scrive la ditta svizzera, che la regione di Majak è contaminata fin dagli anni Cinquanta. Nella zona si registrò all’epoca l’esplosione di un deposito di plutonio altamente radioattivo. Il tasso di malati di cancro è molto più alto della media, e così il tasso di aborti e di bambini nati con gravi handicap. Secondo Axpo le autorità e i gestori dell’impianto hanno tuttavia adottato misure di risanamento.
Una catena che passa per la Francia
Attualmente l’uranio processato in Russia non arriva direttamente nelle centrali svizzere, come spiega a swissinfo.ch il portavoce dell’Axpo Rainer Meier. L’Axpo ha infatti sottoscritto un contratto con il gruppo energetico francese Areva. A sua volta, l’Areva collabora con una centrale nella città di Elektrostal, che si rifornisce da diversi impianti russi,
«Ora faremo un accordo con Areva in modo da assicurarci che il combustibile importato non contenga uranio prodotto dalla centrale di Majak», spiega Ranier Meier.
Il portavoce respinge le accuse secondo cui la decisione dell’impresa svizzera sarebbe soltanto un’operazione di pubbliche relazioni, viste le crescenti accuse di cui è stata oggetto la centrale Majak.
Meier sottolinea che l’Axpo ha sempre preso molto sul serio le questioni ambientali. È stato il desiderio di trasparenza dell’impresa zurighese a permettere all’ONG Greenpeace di verificare alcune informazioni e a spingere poi la stessa Axpo a risalire la catena di fornitura del carburante.
Chi è il prossimo?
Patricia Marie, capo del servizio stampa Areva, spiega a swissinfo.ch che l’Axpo è l’unica impresa ad aver deciso di non più utilizzare l’uranio prodotto a Majak. L’Alpiq, la società svizzera che rifornisce l’impianto nucleare di Gösgen, non ha infatti seguito l’esempio.
«Vedremo se altri clienti andranno nella stessa direzione. Questa è una decisione indipendente dell’Axpo, che si è posta obiettivi di trasparenza molto alti», continua Marie.
L’attivista di Greenpeace Svizzera Florian Kasser conferma la volontà dell’Axpo di presentarsi come un’azienda con precisi criteri ambientali, ma sottolinea che il caso non è ancora chiuso. «È un passo nella giusta direzione. Un segnale forte, e non solo per la Svizzera. In futuro le imprese attive nel settore nucleare saranno molto più attente alle fonti del loro carburanti»
Smaltimento contestato
Greenpeace Svizzera si dice però stupita dalla decisione dell’Axpo di continuare a rifornirsi a Seversk. «I problemi in questa regione sono paragonabili a quelli della centrale di Majak», sottolinea Kasser.
A preoccupare gli ambientalisti è il fatto che i rifiuti riadioattivi vengono iniettati direttamente nel terreno. Un metodo di smaltimento «impensabile in qualsiasi paese europeo».
Secondo l’ONG c’è una contraddizione evidnete tra la scelta di approvvigionamento in un impianto come quello di Seversk e la volontà dell’azienda di fare uno sforzo in materia di energie rinnovabili.
Trasparenza, ma solo a metà
L’Axpo non è però in contatto soltanto con Greenpeace ma anche con Rosatom. Se il portavoce Meier descrive l’atteggiamento dei funzionari come «aperto e occidentale», Kasser sottolinea la mancanza di trasparenza dell’agenzia russa per l’energia atomica.
«Ci siamo resi conto che Rosatom sta cercando di fornire informazioni sulle sue attività, ma soltanto in modo limitato e a condizione che queste non vengano poi rese pubbliche», spiega l’attivista di Greenpeace.
La portavoce di Areva ha però un’opinione diversa su ciò che sta accadendo a Majak. Patricia Marie ha infatti assicurato a swissinfo.ch che l’impresa ha potuto inviare i propri ispettori in quelle parti del sito esterne all’area militare.
«Abbiamo un codice normativo e non compriamo in un luogo qualunque senza controllare. I risultati delle verifiche che abbiamo effettuato erano del tutto soddisfacenti e quindi non c’è motivo per non lavorare con la centrale di Majak».
Tra le imprese leader nel settore energetico svizzero, la Axpo impiega oltre 4’000 persone.
Circa 3000 specialisti garantiscono l’approvvigionamento elettrico di 3 milioni di persone e migliaia di aziende industriali e artigianali, prevalentemente nella Svizzera nordorientale e centrale.
Lo scopo dell’azienda è di garantire una “fornitura affidabile di energia elettrica prodotta da fonti ecosostenibili a prezzi concorrenziali”.
L’Axpo è attiva nel settore dell’energia nucleare ed idroelettrica.
Possiede due centrali nucleari a Beznau e ha partecipazioni in quelle di Gösgen e Leibstadt.
Tra i più grandi siti nucleari al mondo, la centrale di Majak si trova 1’400 km a est di Mosca, negli Urali meridionali, che segnano il confine tra Europa e Asia.
Nel 1957, l’esplosione di un serbatoio di stoccaggio contenente rifiuti liquidi altamente radioattivi ha contaminato una vasta area.
L’incidente – tra i più gravi della storia – è stato messo a tacere per circa 30 anni.
Stando a Greenpeace la zona vicina alla centrale di Majak è ancora “una delle più radioattive al mondo”.
Per anni i rifiuti radioattivi sono stati versati direttamente nel fiume Techa, che ha fornito acqua potabile ad oltre 100.000 persone.
(Traduzione e adattamento dal’inglese)
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