«Rinunciare ai pesticidi avrebbe conseguenze gravi»
Uno studio recente ha ribadito che i pesticidi distruggono la biodiversità dei campi europei. Eppure i contadini sembrano non poterne fare a meno. Samuel Vogel, dell'Ufficio federale dell'agricoltura, spiega perché.
La ricerca dell’università tedesca di Gottinga, pubblicata nel numero di marzo di Basic and applied ecology, è stata condotta in nove regioni europee. Gli agronomi hanno studiato l’impatto dell’agricoltura moderna, sempre più intensiva, sulle piante, sui coleotteri e sugli uccelli che nidificano al suolo.
Risultato: quando la produttività di un campo di cereali raddoppia, il numero di specie vegetali si dimezza, quello di coleotteri e uccelli si riduce di un terzo.
La causa principale è da ricercare in un maggior uso di insetticidi e fungicidi. Stando allo studio, l’agricoltura biologica non può frenare la perdita di biodiversità fintanto che la maggioranza dei contadini non rinuncia all’uso di pesticidi.
Un campo coltivato in modo biologico preserva la biodiversità vegetale e i coleotteri. Ma gli uccelli, così come i mammiferi, le farfalle e le api, si muovono su superfici più ampie di quelle riservate all’agricoltura biologica.
La responsabile del progetto di ricerca, la professoressa di agro-ecologia Teja Tscharntke, è categorica: chi vuole una molteplicità di specie, deve rinunciare ai pesticidi.
Senza pesticidi, troppe perdite
«Già oggi il nostro obiettivo è ridurre al minimo l’impiego di pesticidi», commenta Samuel Vogel, capo del gruppo Ecologia all’Ufficio federale dell’agricoltura. La politica agraria svizzera prevede numerosi strumenti che dovrebbero condurre in questa direzione. Da un lato, i pesticidi sono sottoposti a controlli severi, dall’altro «ogni contadino deve provare che rispetta le esigenze ecologiche se vuole ottenere pagamenti diretti».
Gli agricoltori hanno il diritto di ricorrere ai pesticidi solo quando la quantità di erbacce o parassiti supera una determinata soglia, incidendo sul volume del raccolto.
Secondo Vogel, una rinuncia totale ai pesticidi avrebbe come conseguenza una drastica riduzione della produttività. La peronospora, ad esempio, può significare la perdita totale del raccolto di patate. «Nel XVIII secolo, quando ancora non c’era la possibilità d’intervenire chimicamente, la peronospora ha causato una grave carestia in Irlanda spingendo moltissime persone ad emigrare».
Le erbacce portano a perdere fino al 50% del raccolto; nelle colture di cereali, la rinuncia a insetticidi e fungicidi porta a raccolti minori del 10%. «In questo senso, una rinuncia totale ai prodotti fitosanitari avrebbe conseguenze gravi», afferma Vogel.
Altre strategie per la biodiversità
Anche se l’ipotesi di un bando dei pesticidi è giudicata poco realista, lo stato della biodiversità in Svizzera impone lo ricerca di misure adatte a favorirla e proteggerla. In ritardo rispetto ad altri paesi europei, l’Ufficio federale dell’ambiente sta mettendo a punto una strategia nazionale per la biodiversità, che dovrebbe essere presentata al governo nel corso del 2010.
Una strategia nazionale è importante per «avere una visione d’insieme», spiega Samuel Vogel. «Non c’è solo l’agricoltura, anche nel bosco o nelle riserve naturali ci sono numerosi interventi per la conservazione e lo sviluppo della biodiversità».
Oggi, ad esempio, la legge svizzera sull’agricoltura impone ai contadini di disporre di un 7% di superficie di compensazione ecologica. «Questa è una peculiarità svizzera; in Europa non ci sono disposizioni simili».
Le superfici di compensazione ecologica sono terreni non utilizzati in modo intensivo, sui quali ad esempio vengono lasciate crescere delle siepi formate da diversi cespugli. Anche i cosiddetti maggesi fioriti rientrano in questa categoria. Si tratta di superfici seminate con una miscela di sementi di erbe selvatiche indigene, erbe che vanno a sostituire, per un determinato periodo, le colture intensive che le hanno precedute.
L’estensione delle superfici di compensazione ecologica è cresciuta in modo continuo fino al 2002. Da allora si è fermi a 120’000 ettari circa. Si tratta per lo più di prati (70%) e alberi da frutto ad alto fusto lasciati nei campi (20%).
Obiettivo mancato
Nonostante gli sforzi, lo stato di salute della biodiversità svizzera, soprattutto in pianura, non è buono. Un problema condiviso con altri paesi, afferma Simon Vogel. «Si tratta di una zona densamente popolata; un dato di fatto che ha un influsso importante. Buona parte del territorio è edificato e si continua a costruire. Su questo punto è necessario intervenire».
Per gli esperti di economia e gli agronomi di «Vision Landwirtschaft» (Progetto agricoltura) che hanno recentemente pubblicato un libro bianco in materia, la Svizzera ha ancora molta strada da fare. Il sistema dei pagamenti diretti viene criticato aspramente. A loro avviso, oggi l’agricoltura non rispetta il mandato costituzionale, né per quanto riguarda l’approvvigionamento, né per gli aspetti legati alla sostenibilità. La Confederazione sarebbe molto lontana dal raggiungere gli obiettivi che essa stessa si è posta.
Eveline Kobler, swissinfo.ch
Traduzione e adattamento, Doris Lucini
Il 12 giugno 1992, a Rio, l’allora consigliere federale Flavio Cotti firmava la Convenzione sulla biodiversità. In Svizzera, l’accordo è stato ratificato nel 1994 e messo in vigore un anno più tardi.
La Convenzione ha dato l’impulso per il Progetto integrato biodiversità (1993) sfociato qualche anno più tardi nel Forum svizzero sulla biodiversità (1999).
Nonostante la Svizzera si sia ufficialmente impegnata a frenare la perdita di biodiversità – obiettivo lungi dall’essere raggiunto – non dispone ancora di una strategia nazionale. In questo campo è in notevole ritardo rispetto agli altri paesi europei.
Il parlamento ha inserito l’elaborazione di una strategia nazionale per la conservazione e la promozione della biodiversità nel programma di legislatura 2007-2008.
L’Ufficio federale dell’ambiente ha cominciato i lavori di preparazione della strategia nazionale nel 2009. Il progetto dovrebbe essere sottoposto al governo nel 2010 e discusso dalle camere nel 2011.
Con biodiversità s’intendono le molteplici sfaccettature della vita sulla Terra.
Spesso è associata solo alla ricchezza di specie animali e vegetali, ma comprende anche la diversità genetica all’interno delle specie e i differenti tipi di habitat.
Il termine è nato negli Stati uniti all’inizio degli anni ottanta. È la contrazione di biological diversity.
La parola entra nell’uso comune dopo il Vertice della Terra di Rio (1992), che si conclude con la firma della Convenzione sulla biodiversità. I paesi firmatari s’impegnano a studiare e proteggere la biodiversità, anche attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
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