Al Cern iniziate le prove del Big Bang
Il più potente acceleratore di particelle del mondo – il «Large Hadron Collider» (LHC) – è entrato in funzione mercoledì mattina al Centro europeo di ricerche nucleari (CERN) di Ginevra.
Nell’anello sotterraneo di 27,6 chilometri sono stati immessi i primi fasci di protoni, le cui future collisioni permetteranno – forse – ai ricercatori di scoprire gli ultimi segreti della materia.
Il grande evento mediatico è stato seguito in diretta dai giornalisti di oltre 400 testate europee, mentre i rappresentanti dei paesi membri del CERN festeggeranno l’avvenimento il 21 ottobre.
L’acceleratore si è acceso alle 09:33 in punto, dando così il via ai quattro esperimenti previsti nel progetto più ambizioso della fisica moderna. Il primo fascio, “sparato” in senso orario, ha concluso il primo giro alle 10:26.
“È fatta”, ha esclamato il direttore del progetto Lyn Evans. “Bravi!”, gli ha fatto eco il direttore generale del CERN Robert Aymar, mentre scrosciavano gli applausi.
Il secondo fascio avrebbe dovuto essere lanciato in senso inverso verso mezzogiorno. Ma l’operazione è stata posticipata di un paio d’ore, per consentire agli scienziati di regolare il sistema di criogenizzazione che raffredda i magneti dei superconduttori. Alle 15:00 la prova era conclusa: anche il secondo fascio aveva effettuato l’intero giro.
Pazienza necessaria
Il test preliminare è stato un vero successo. Tuttavia, le sperimentazioni vere e proprie – con le previste collisioni a energie elevatissime – avverranno soltanto fra alcune settimane, ha spiegato il professore di fisica zurighese Ulrich Straumann, uno dei due rappresentanti della Svizzera in seno al Consiglio del CERN.
I protoni e gli ioni di piombo saranno allora accelerati fino a un’energia di cinquemila miliardi di elettronvolt e fatti circolare nell’anello, mantenuti nella loro traiettoria da 9300 magneti superconduttori. Per il suo funzionamento, il LHC assorbe l’equivalente dell’approvvigionamento in elettricità di tutte le economie domestiche del cantone di Ginevra.
In questo modo, i fisici ricreeranno le condizioni che regnavano nell’Universo nel primo milionesimo di milionesimo di secondo di vita. Gli scontri di particelle dovrebbero permettere di generarne altre, mai osservate finora. Fra queste il «bosone di Higgs», un’ipotetica particella elementare di cui il LHC dovrebbe confermare l’esistenza.
Secondo Straumann, occorrerà avere pazienza: saranno necessari almeno due anni per raggiungere i primi risultati attendibili. «Probabilmente trascorrerò perlomeno i primi due anni di lavoro a spiegare perché non abbiamo ancora trovato nulla», ha commentato dal canto suo Rolf-Dieter Heuer, che dirigerà il CERN a partire dal 1° gennaio 2009.
C’è chi dice no
Secondo il celebre astrofisico britannnico Stephen Hawking, gli esperimenti del CERN non permetteranno di individuare la particella di Higgs. Per questo motivo, lo scienziato ha scommesso 100 dollari sulla non riuscita dell’esperimento.
A suo parere «un fallimento sarebbe molto più emozionante: ciò dimostrerebbe che abbiamo sbagliato qualcosa e che dobbiamo ripensarci».
Nuovi strumenti
Il funzionamento dell’impianto genererà comunque un’enorme quantità di dati, pari a 100’000 DVD l’anno. Per valutare questa massa d’informazioni, nei prossimi 15 anni saranno messi a contribuzione migliaia di computer nel mondo intero.
A tale scopo, gli informatici del centro di ricerche hanno creato la «LHC Computing Grid» (LCG), un’apposita rete di interconnessioni tra i computer che metteranno a disposizione le loro capacità di calcolo e di memoria. Secondo gli specialisti, dopo essere stata impiegata in altri campi, come la ricerca medica, la Grid sarà utilizzata anche dal pubblico.
Nessun buco nero
In merito ai timori suscitati negli ultimi tempi dagli esperimenti che saranno condotti a Ginevra – suscettibili, secondo taluni, di generare buchi neri in grado di inghiottire l’Universo –, i ricercatori del CERN hanno spiegato che le collisioni di energia come quelle che saranno prodotte dal LHC si sono già verificate sulla Terra, come in altri pianeti, un numero incalcolabile di volte.
L’LHC ricreerà i fenomeni naturali dei raggi cosmici, che producono energie anche superiori a quelle dell’impianto e che investono continuamente il nostro pianeta senza nessuna conseguenza, ha rilevato a questo proposito il fisico italiano Michelangelo Mangano, autore di uno studio sulla sicurezza del LHC.
I principali rischi sono piuttosto di natura meccanica, legati al tipo di struttura, ossia un tunnel di 27 chilometri, 100 metri sotto terra e sottoposto ad un’alta tensione delle correnti. «L’unico rischio concreto è quello di perdere il controllo del fascio di protoni e di danneggiare in questo modo l’impianto», ha precisato Heuer.
swissinfo e agenzie
In un’intervista al quotidiano svizzero di lingua francese Le Temps, il fisico e portavoce del CERN James Gillies ha stigmatizzato il risalto dato da alcuni media ai timori che gli esperimenti iniziati mercoledì possano generare un buco nero.
«Passo la metà del mio tempo a gettare acqua sul fuoco, rispondendo alle domande di persone preoccupate: in fondo, ritengo che si tratti di una reazione normale. Ciò che non ritengo normale, invece, è il fatto che siano messe così in risalto le tesi – dimostrate come errate – di una mezza dozzina di persone che sono sì scienziati, ma non si occupano di fisica».
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