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Alle origini dell’inquinamento da plastica

Florian Faure, ricercatore al Politecnico federale di Losanna, ha raccolto molti campioni di acqua nel Rodano. swissinfo.ch

I ricercatori che hanno identificato significativi inquinanti plastici nel Lago Lemano stanno ora esaminando le altre fonti d'acqua in Svizzera. I loro risultati dovrebbero dare un'idea dell'inquinamento da microplastiche negli oceani, la maggior parte del quale proviene da fiumi e acque reflue.

Florian Faure punta la pinzetta sulla superficie di un cocktail oscuro che ha appena estratto dal Rodano, a ovest di Ginevra. “Questa è una pallina di plastica e quelle sono microperle di polistirene”, spiega il ricercatore ambientale del Politecnico federale di Losanna (EPFL).

È ora di prendere un ultimo campione. Si sporge oltre il bordo del ponte di metallo sopra il Rodano a Chancy, a sud ovest di Ginevra, e con una corda abbassa la manta di campionamento – una rete a maglia fine galleggiante – nel fiume che scorre dalla Svizzera alla Francia e sfocia nel Mar Mediterraneo.

Faure fa parte di un gruppo di ricercatori dell’EPFL che esaminano l’inquinamento da microplastiche –frammenti inferiori ai cinque millimetri di diametro – nel Rodano e nel Reno, così come nei laghi di Zurigo, Costanza, Neuchâtel, Maggiore, Brienz e Bienne.

Altri sviluppi

Commissionata dall’Ufficio federale dell’ambiente, la ricerca, che si concluderà il prossimo aprile, fa seguito al loro studio sull’inquinamento da microplastiche nel Lemano, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Archives des Sciences e hanno fatto i titoli dei giornali la scorsa estate.

I ricercatori dell’EPFL hanno trovato plastica in ogni campione prelevato dalle spiagge del Lemano. Si tratta principalmente di perle di polistirene, ma anche plastiche dure, membrane di plastica e pezzi di filo da pesca, così come microsfere contenute in prodotti per la pulizia del corpo e cosmetici. La quantità di detriti catturati nella manta di campionamento nel Lago Lemano è paragonabile a misurazioni effettuate nel Mediterraneo, ha riferito l’EPFL.

L’approccio per il nuovo studio è analogo, vale a dire il rastrellamento di spiagge e laghi e la dissezione pesci. Ma questa volta i ricercatori intendono prelevare molti più campioni.

Florian Faure

Panoramica importante

Diversi studi si sono concentrati sul problema dei rifiuti di plastica che finiscono negli oceani e nei mari e si frantumano in piccoli pezzi che creano la cosiddetta “zuppa di plastica” galleggiante, che può essere dannosa per pesci, uccelli e piccoli organismi trasportati dall’acqua. Ciò nonostante, poco si sa circa la reale portata dell’inquinamento da microplastica in laghi e fiumi.

“È qualcosa che non si può ignorare. Se si passeggia lungo le spiagge del Lago Lemano o il Lago di Costanza si vede plastica ovunque”, osserva Ole Seehausen, capo della sezione Ecologia ed evoluzione dei pesci all’Eawag, l’istituto di ricerca dell’acqua dei Politecnici federali.

La ricerca sull’inquinamento da plastica in laghi e fiumi è considerata cruciale, poiché gli scienziati stimano che solo il 20 per cento delle microplastiche che si trovano in mari e oceani vi vengono scaricati direttamente. Si pensa che il rimanente 80 per cento provenga da fonti terrestri, quali discariche, rifiuti nelle strade e nelle canalizzazioni.

La produzione mondiale di plastica è passata da 1,5 milioni di tonnellate (Mt) all’anno nel 1950 a 245 Mt nel 2008. Una quantità che potrebbe triplicare entro il 2050.

Nell’Unione europea nel 2008 sono stati generati circa 25 Mt di rifiuti di plastica, ma solo 5,3 Mt sono stati riciclati. Se da un lato è previsto un aumento del 30% del riciclaggio entro il 2015, d’altra parte però, si prevede che la messa in discarica e l’incenerimento con recupero di energia resteranno le principali modalità di gestione dei rifiuti.

In assenza di una migliore concezione dei prodotti e di migliori misure di gestione dei rifiuti, nell’UE le scorie di plastica aumenteranno di pari passo con la produzione. Si stima che le tendenze osservate nell’UE saranno più marcate nelle economie in rapida crescita come India, Cina, Brasile e Indonesia, ma anche nei paesi in via di sviluppo.

Una volta dispersi nell’ambiente – soprattutto quello marino – i rifiuti di plastica possono restare intatti per centinaia di anni. Ogni anno circa 10 Mt di rifiuti, in prevalenza di plastica, danneggiano l’ambiente costiero e marino e la vita acquatica, si riversano negli oceani e nei mari di tutto il mondo, trasformandoli nelle più grandi discariche di plastica del mondo.

Si stima che gli agglomerati di rifiuti nell’Atlantico e nel Pacifico siano nell’ordine di 100 Mt, di cui circa l’80 % è costituito di plastiche. La maggior parte dei residui di plastica alla fine si posa sui fondali marini.

Fonte: Libro verde della Commissione europea sui rifiuti di plastica nell’ambiente (marzo 2013)

“Questa panoramica sarà importante per decidere i provvedimenti da adottare”, afferma Manuel Kunz, dell’Ufficio federale dell’ambiente. Lo studio svizzero dovrebbe aiutare le autorità a chiarire la provenienza di tale spazzatura. Alcuni esperti puntano l’indice sulle canalizzazioni stradali, in cui convoglia l’acqua piovana, e sui piccoli corsi d’acqua che straripano quando ci sono forti temporali.

“I sistemi di drenaggio e gli impianti di depurazione non sono progettati per affrontare situazioni estreme”, dice Andri Bryner, dell’Eawag.

Minuscolissime sfere di plastica utilizzate come abrasivi in esfolianti per il viso e il corpo o anche in dentifrici, che possono avere meno di un millimetro di diametro, sono troppo piccole per essere filtrate dagli impianti di trattamento delle acque usate, aggiunge Faure.

Rischi per la salute?

La Svizzera non è l’unico paese che studia il problema. Nell’ambito di uno studio attualmente in corso sull’inquinamento da microplastiche nei Grandi Laghi negli Stati Uniti, sono state rilevate alte concentrazioni, in particolare di microsfere, nei laghi Huron, Erie e Superiore. La ricerca continua negli altri laghi. Si sta inoltre cercando di scoprire se i pesci ingeriscono i minuscoli frammenti.

Mentre i pericoli riguardanti l’ ingestione di pezzi più grandi di plastica sono ben documentati, i rischi di microplastiche per gli ecosistemi lacustri e fluviali sono meno noti.

Un nuovo studio nel Lago di Garda, pubblicato il 7 ottobre su Current Biology, suggerisce che minuscole particelle possono entrare nella catena alimentare tramite una grande varietà di invertebrati di acqua dolce che le ingerisce.

Si teme che le plastiche possano anche percolare negli uccelli e nei pesci che le ingeriscono additivi tossici e altre sostanze inquinanti che si trovano sulla loro superficie. Per esempio bisfenolo A (BPA) e ftalati, due agenti cancerogeni usati nella plastica trasparente, o altri inquinanti idrofobici, come i policlorobifenili (PCB).

Il ministero dell’ambiente olandese, che sta seguendo da vicino questo tema, sostiene che le sostanze tossiche contenute nei rifiuti microplastici possono entrare nella catena alimentare attraverso la fauna marina – per esempio cetrioli di mare, plancton o cozze – che le ingerisce.

Ma Faure è più cauto: “Non possiamo dire con certezza che queste microplastiche sono una minaccia. I legami con la catena alimentare sono ancora oggetto di ricerca ed è difficile valutare i rischi. Per il momento sono semplicemente nuove forme di inquinamento”.

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Campagna contro le microperle

Dal canto suo l’Unione europea prevede di valutare e regolare la politica dei rifiuti nel 2014. Lo scorso marzo, la Commissione europea ha pubblicato un documento di consultazione sulla strategia europea per i rifiuti di plastica nell’ambiente.

Intanto l’opposizione all’uso di microsfere nei prodotti sta crescendo. L’anno scorso le organizzazioni non governative (Ong) olandesi Plastic Soup Foundation e North Sea Foundation hanno lanciato una campagna denominata “Beat The Micro Bead” (Sconfiggere le microperle), che viene ora supportata a livello internazionale da oltre 30 associazioni ambientaliste – ma nessuna svizzera. In una petizione si chiede il divieto di particelle di microplastica nei prodotti per l’igiene e la cura del corpo, dal 1° gennaio 2014.

Le multinazionali che producono cosmetici e altri articoli contenenti le microperle hanno promesso di agire. Unilever ha annunciato di voler bandire tutte le microsfere di plastica dai suoi prodotti entro il 2015. Johnson & Johnson , Colgate- Palmolive e L’Oreal hanno seguito l’esempio. Procter & Gamble ha detto che li bandirà entro il 2017, nonostante la mancanza di dati scientifici indipendenti sugli effetti delle microplastiche sull’ambiente marino.

Ma gli attivisti non sono soddisfatti. “Non agiscono abbastanza velocemente. Stanno guadagnando tempo”, afferma Maria Westerbos, direttrice della Plastic Soup Foundation.

(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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