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Biodiversità, una questione di umiltà

Il pesce "pancake" (Halieutichthys intermedius) è stato scoperto nel 2010 nel Golfo del Messico. wikipedia.org

Ogni anno sono scoperte migliaia di specie, alcune decisamente curiose. Nonostante le nuove forme di piante e animali censite dai ricercatori, la biodiversità del pianeta continua a essere sotto pressione. Oggi più che mai.

È una lotta tra predatori le cui conseguenze peseranno su tutto il pianeta. Quella che stiamo vivendo è la sesta estinzione di massa della Terra, sostengono diversi ricercatori, per i quali la causa del disastro è chiara: l’uomo.

La pressione umana sugli ecosistemi ha raggiunto livelli tali, che diverse specie predatorie – tra cui il leone, il lupo e gli squali – sono in forte declino. L’allarme è stato lanciato da un gruppo di scienziati internazionali, che in un articolo apparso in luglio sulla rivista Science avverte che la scomparsa dei grandi predatori avrà gravi ripercussioni su tutta la catena alimentare e la biodiversità in generale.

Per preservare il suo habitat, l’uomo deve dar prova di maggiore umiltà, ritiene Jean-Christophe Vié, esperto di biodiversità presso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (UICN), con sede a Gland nel canton Vaud.

swissinfo.ch: Quante sono le nuove specie scoperte ogni anno?

Jean-Christophe Vié: Tra le 18’000 e le 20’000. Si tratta principalmente di insetti, anche se non mancano animali più grandi. Penso ad esempio a una nuova specie di varano scoperta l’anno scorso nelle Filippine. La sua dimensione è considerevole, fino a due metri. Mi chiedo come questo animale abbia potuto passare inosservato…

Non è tuttavia corretto parlare di “nuove” specie: si fa infatti riferimento a specie che sono già presenti sulla Terra, ma che la scienza impiega del tempo a scoprire. Sono una novità per l’uomo, non per la Terra. Conosciamo forse il 10% della biodiversità del pianeta.

L’identificazione di altre specie è invece legata all’adozione di nuove tecniche di classificazione: quella che pensavamo fosse un’unica specie, in realtà erano due.

 

swissinfo.ch: Quante invece le specie scomparse nel corso dei secoli?

J.-C. V: Dal XVI secolo sono circa un migliaio le specie ad essersi estinte. Per la maggior parte appartengono a gruppi ben noti quali i mammiferi, gli uccelli o gli anfibi.

Per diverse specie abbiamo forti dubbi sulla loro estinzione, dal momento che non le abbiamo più riviste da parecchio tempo. Ma forse sopravvivono in zone che non abbiamo potuto esplorare per mancanza di fondi. Ci sono poi innumerevoli specie che sono sparite senza mai essere state documentate.

Non dobbiamo tuttavia fare confusione: non possiamo fare un legame tre le “nuove” specie e quelle estinte. La biodiversità è chiaramente in declino.

swissinfo.ch: Come si fa ad affermare che una specie è “estinta”?

J.-C. V.: Si parla di specie estinta quando non se ne rileva più traccia dopo aver cercato in tutte le zone in cui la si può trovare, ad ogni ora del giorno e della notte e nel periodo dell’anno appropriato.

swissinfo: Sul totale delle specie animali e vegetali che hanno vissuto sulla Terra, quante sono ancora presenti oggi?

J.-C. V.: La stragrande maggioranza – diciamo il 90% – delle specie che hanno vissuto sulla Terra si sono estinte. I dinosauri sono soltanto uno dei molteplici esempi.

swissinfo: Tra i metodi di salvaguardia della biodiversità vi è la reintroduzione volontaria. Quali i programmi più riusciti?

J.-C. V: Il successo maggiore, e più recente, è la reintroduzione dell’orice d’Arabia, una sorta di antilope, in Oman e in Arabia saudita. Si trattava di una specie estinta in natura, presente soltanto negli zoo. Un altro esempio è il furetto dei piedi neri, reintrodotto nel Wyoming. In Svizzera c’è stata la reintroduzione della lince, anche se il suo equilibrio permane fragile.

swissinfo.ch: Quali invece gli interventi più fallimentari?

J.-C. V: Tra i criteri di messa in atto di un programma di reintroduzione vi deve essere la certezza, o la quasi certezza, che l’azione funzioni. Si tratta di interventi molto costosi e quindi il rischio di fallimento deve essere vicino allo zero.

Detto questo posso citare il caso del gipeto barbuto. Dopo il suo reinserimento nelle Alpi abbiamo dovuto aspettare diversi anni prima di assistere alla nascita del primo pulcino in libertà. Si tratta forse di un fallimento, considerati i fondi messi a disposizione? Difficile da dire. Da una parte si tratta di una situazione ancora molto fragile, ma dall’altra la popolazione è in crescita.

Più preoccupante è comunque un altro tipo d’introduzione: quella di specie invasive. In Europa ne sono state recensite circa 10’000 e oltre il 10% delle specie ha un impatto negativo a livello economico ed ecologico. In Asia, e più precisamente in Indonesia, è stata introdotta una specie di acacia per frenare l’avanzata degli incendi in una riserva. Oggi la pianta si è diffusa in quasi tutto il parco, scombussolando l’intero ecosistema.

swissinfo.ch: La reintroduzione volontaria di una specie non costituisce un tentativo artificiale, e arrogante, di interferire con la natura?

J.-C. V: Assolutamente no. È al contrario un modo per correggere gli errori del passato. L’uomo non ha introdotto degli animali: questi erano già sulla Terra e noi li abbiamo fatti sparire. Trovo che ad essere arrogante sia la distruzione della natura. Dobbiamo essere più umili e riconoscere la nostra dipendenza da quello che ci circonda.

Ogni anno l’Istituto internazionale per l’esplorazione delle specie (Università dell’Arizona) stila una lista delle dieci nuove specie più singolari. Alcuni esempi del 2010 sono:

Tyrannobdella rex: sanguisuga scoperta in Perù nella narice di una ragazza. È l’unica ad avere una sola mandibola e un unico dente.

Halomonas titanicae: batterio che vive a grandi profondità. È stato trovato sullo scafo del Titanic (Oceano Atlantico).

Caerostris darwini: ragno che tesse tele estremamente resistenti e lunghe più di 30 metri (Madagascar).

Varanus bitatawa: varano che può raggiungere i due metri di lunghezza (Filippine).

Psathvrella aquatica: fungo dal ciclo vitale interamente acquatico (Stati Uniti).

Le origini delle estinzioni di massa sono molteplici e a volte controverse. Tra le cause principali ci sono i grandi cambiamenti climatici, le catastrofi naturali e gli impatti di asteroidi e meteoriti.

450 milioni di anni fa (Ordoviciano): estinzione dell’85% delle specie, soprattutto invertebrati marini.

370 milioni di anni fa (Devoniano): estinzione del 60-70% delle specie, tra cui molti pesci preistorici.

250 milioni di anni fa (Permiano-Triassico): è il grande evento di estinzione di massa della Terra; spariscono il 96% delle specie marine e il 70% di quelle terrestri.

200 milioni di anni fa (Triassico-Giurassico): estinzione del 50% delle specie, soprattutto rettili e anfibi.

65 milioni di anni fa (Cretaceo-Terziario): si estingue il 75% delle specie. Con la sparizione dei dinosauri emergono i mammiferi e gli uccelli.

Oggi: secondo diversi scienziati le attività umane stanno causando la sesta estinzione di massa della storia. In pericolo sarebbero in particolare i grandi predatori.

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