Biologico alla lente degli ispettori
Gli agricoltori biologici svizzeri sono sottoposti a regole severe. La loro attività è periodicamente verificata da meticolosi "poliziotti ecologici". Swissinfo.ch ha accompagnato un'ispettrice durante il controllo annuale.
Seline Droz ha una lunga lista di domande: sui certificati, i registri, il numero di parcelle, i prodotti utilizzati, le quantità commercializzate.
La verifica delle diverse tappe della produzione biologica è il compito principale della collaboratrice di bio.inspecta, l’azienda svizzera responsabile del controllo e della certificazione dei prodotti ecosostenibili.
Stephane Dessimoz, dell’azienda Biofruits di Vétroz, in Vallese, è preparato: tutti i documenti richiesti sono pronti nel suo ufficio. L’agricoltore è abituato a questi controlli e non è per nulla intimorito dalla visita della “poliziotta ecologica”, come si autodefinisce ironicamente Seline Droz.
«Abbiamo iniziato a coltivare in maniera biologica nel 1992. Nel 2001 abbiamo riconvertito completamente le coltivazioni e oggi forniamo circa il 70% delle mele biologiche vendute in Svizzera».
Afide maledetto
Sbrigate le pratiche burocratiche, Dessimoz ci accompagna sul terreno. La cooperativa per la quale lavora (90 ettari di superficie) è tra le più grandi del cantone. «Non possiamo visitare tutto; concentriamoci sulle parcelle che non abbiamo visto l’anno scorso», propone Seline Droz.
«Oltre alla rotazione delle colture – mi spiega l’agricoltore mentre ci avviciniamo ai campi – uno degli aspetti più importanti della produzione biologica è la scelta delle piante. Per le fragole ho ad esempio acquistato delle varietà provenienti dall’Italia: mi costano 40 centesimi invece di 30, ma sono più resistenti».
Anche il trattamento antiparassitario nelle piantagioni di mele – il Neem, un estratto vegetale – risulta più caro rispetto ai pesticidi chimici. «In compenso si rivela molto più efficace per contenere l’afide cenerognolo, il nostro più grande nemico. Basta scegliere le dosi adeguate e spruzzare al momento giusto».
Confusione sessuale
«Per prevenire i danni della carpocapsa – prosegue Dessimoz – utilizziamo degli erogatori di feromoni sessuali: queste sostanze perturbano il comportamento dei maschi durante l’accoppiamento, riducendo la riproduzione».
Seline Droz ascolta interessata. Annuisce. C’è però un particolare che la incuriosisce: a pochi metri dalla piantagione biologica c’è una parcella, di un altro agricoltore, coltivata in modo tradizionale. «Come fate per evitare di mischiare le mele durante il raccolto?», chiede.
«Le mele sono colte separatamente e le casse accuratamente etichettate», risponde Dessimoz. «È il problema del Vallese: ci sono molte piccole coltivazioni, una vicino all’altra».
Problemi di contaminazione, invece, non ce ne sono. «Le due piantagioni sono state collocate tenendo conto della direzione del vento».
Difficile imbrogliare
Poco distante una ragazza sta testando un nuovo trattamento. La mascherina calata sul naso e il cappellino “Syngenta” (produttore svizzero di pesticidi) mi inquietano.
«Sono tutti prodotti certificati dal Fibl, l’Istituto svizzero di ricerca sull’agricoltura biologica», mi rassicura Seline Droz dopo aver verificato le diciture sui bidoni di plastica.
«Capita raramente di constatare la presenza di sostanze non autorizzate. Può succedere che nei prodotti biologici vengano rilevate tracce di pesticidi, ma ciò non è dovuto alla malafede degli agricoltori. I composti chimici possono essere stati trasportati dal vento oppure si trovavano già nel terreno».
Per Dessimoz, imbrogliare spacciando prodotti tradizionali sotto il marchio “bio” è inconcepibile. «I controlli, sia sui campi che a livello della catena di trasformazione, sono talmente numerosi che è impossibile imbrogliare».
Nessuna multa
Il controllo presso la Biofruits è andato bene. Non mi sorprende: Dessimoz era avvertito. Se durante queste verifiche annuali emergono elementi anomali, gli ispettori di bio.inspecta sono però pronti a intervenire nuovamente. Questa volta senza preavviso.
«Valuto l’azienda nel suo insieme: se ad esempio appare troppo pulita, inizio a insospettirmi…», spiega Droz. Per chi sgarra non sono previste multe; quando le infrazioni si moltiplicano viene però ritirata la certificazione biologica «Nel 2008 sono stati ritirati sei marchi: poca roba, se si considera che le aziende biologiche sono oltre 6’000».
«Le irregolarità – puntualizza – riguardano soprattutto carenze nell’allevamento degli animali».
Oltre a perdere un marchio che attira sempre più consumatori, il contadino non può più contare sui sussidi ecologici – spesso decisivi per la sopravvivenza dell’azienda – versati dalla Confederazione.
In guerra senza fucile
Le direttive svizzere per l’agricoltura biologica – osserva Seline Droz – sono simili a quelle dell’Unione europea. «In Svizzera siamo a volte più severi: nell’Ue si può allevare biologico e coltivare tradizionalmente. In Svizzera, invece, l’intera produzione deve essere biologica».
«La produzione biologica è un principio, una filosofia», interviene Stephane Dessimoz. «In Vallese siamo una minoranza, forse il 5% dei produttori. Molti hanno paura del cambiamento: passare al biologico è come partire in guerra senza fucile».
«Un afide su un ciliegio mi ha distrutto l’intera piantagione», ricorda Dessimoz. «Ma se guardo ora il risultato ottenuto con le mele e altri prodotti, ho di che essere fiero».
Luigi Jorio, swissinfo.ch, Vétroz
In Svizzera l’agricoltura organo-biologica si sviluppa a partire dagli anni ’40 del secolo scorso grazie all’iniziativa del dottor Hans Müller, il quale diffonde il pensiero dell’agricoltura sostenibile a cicli chiusi.
Nel 1973 viene fondato l’Istituto di ricerca per l’agricoltura biologica (FiBL). Le competenze del centro di ricerca di Frick, nel canton Argovia, sono richieste in tutto il mondo.
L’era moderna dell’agricoltura biologica inizia nel 1981 con la fondazione dell’associazione mantello Bio Suisse e la creazione della “Gemma”, il marchio registrato per l’agricoltura biologica controllata.
Nel 1993 il gruppo di commercio al dettaglio Coop incomincia a vendere prodotti biologici (Migros nel 1995). Il coinvolgimento dei due principali dettaglianti del paese gioca un ruolo fondamentale nella crescita del settore biologico.
Con una spesa pro capite di 187 franchi all’anno (2008), gli svizzeri sono i maggiori consumatori di prodotti biologici al mondo.
6’111 aziende biologiche in Svizzera.
Si tratta dell’11,9% delle aziende agricole del paese.
121’000 ettari di terreno sono coltivati biologicamente (11,4% della superficie agricola totale).
In Europa soltanto Liechtenstein (29%) e Austria (13%) hanno proporzioni maggiori.
La vendita di prodotti biologici in Svizzera ha totalizzato 1,44 miliardi di franchi.
Variazione rispetto al 2007: +11,2%.
I prodotti più richiesti sono nell’ordine: uova, pane, legumi, latte, frutta, formaggio e carne.
Circa il 10% dei bovini, l’1% dei maiali, il 19% delle pecore e il 22% delle capre sono allevati secondo le direttive biologiche.
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