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Come uno svizzero ha salvato 20 milioni di persone

Foglie di manioca attaccate dalla cocciniglia farinosa Biovision

L'entomologo Hans Rudolf Herren ha trovato il sistema per debellare la cocciniglia, un parassita della farina di manioca che devastava le colture. Il suo lavoro ha salvato 20 milioni di vite umane in Africa e gli è valso, nel 1995, il Premio mondiale per l'alimentazione.

Herren, al centro di una nuova biografia, racconta a swissinfo.ch come è riuscito a debellare l’insetto con un metodo naturale, ossia facendo capo a un insetto nemico, come la vespa, diffuso dagli aeroplani su enormi zone dell’Africa.

Lo scienziato svizzero aveva solo 31 anni quando ha cominciato a lavorare in Africa nel bel mezzo di una crisi senza precedenti: la cocciniglia farinosa stava decimando la principale coltura di tuberi dell’Africa: la manioca. Dopo dieci anni il dottor Herren era riuscito, praticamente da solo, a controllare biologicamente, quindi senza alcun prodotto chimico, l’insidioso parassita, scongiurando così una disastrosa carestia.

Da allora, Herren non ha mai smesso la sua ricerca sugli insetti e sul controllo naturale dei parassiti nelle piante, negli animali e negli esseri umani. Nel 1998, con alcuni amici crea a Zurigo la Fondazione Biovision, usando i soldi dei suoi diversi premi, per promuovere l’agricoltura biologica sostenibile in Africa. È anche presidente dell’organizzazione no-profit Millennium Institute di Washington, attiva nella promozione dello sviluppo sostenibile.

swissinfo.ch: Il titolo della biografia è: “Come Hans Rudolf Herren ha salvato 20 milioni di persone”. Come ci è riuscito?

Hans Rudolf Herren: Sapevamo che la cocciniglia farinosa non era di origine africana. Ed è proprio questa una delle ragioni della sua diffusione a macchia d’olio dopo la sua introduzione: non aveva nemici naturali. In base alle valutazioni di esperti si pensò che l’insetto provenisse dal Nuovo Mondo, nelle zone dove si coltiva manioca. Siccome la manioca proviene dalla regione amazzonica, fu subito chiaro che qualcuno doveva aver trasportato in Africa talee o altro materiale vegetale. E con essi anche il parassita. La priorità era dunque quella di capire da dove era venuta la cocciniglia, controllare se vi fosse qualcosa di utile che si potesse collegare all’insetto e usare questa informazione per l’Africa.

swissinfo.ch: Quindi c’è stato un sacco di lavoro investigativo.

H.R.H.: Certo. La cosa interessante è che per molti anni gli scienziati avevano studiato la manioca in America Latina, ma nessuno aveva mai visto la cocciniglia farinosa. Mi era sembrato molto strano. Così inizialmente avevo pensato che fosse in realtà il parassita di una delle varietà selvatiche delle colture. Alla fine il parassita è stato individuato nella zona di confine tra Brasile, Paraguay, Bolivia e, cosa molto interessante, sulla manioca coltivata. Ma nessuno l’aveva notato perché presente in quantità molto bassa. Nelle Americhe ci sono pochissime cocciniglie, il che significa che qualcosa le teneva sotto controllo.

swissinfo.ch: Lei scoprì che si trattava di un tipo di vespa.

H.R.H.: Sì, era una vespa parassitoide [che depone le uova nell’insetto e alla fine lo uccide]. In un grande stabilimento avevamo prodotto migliaia di vespe, chiuse in contenitori che permettessero di liberarle da un aereo alla velocità di 300 chilometri all’ora o più, in tutta l’Africa, dal Senegal al Mozambico. Ci eravamo assicurati che l’intervento fosse legato specificatamente alla cocciniglia della manioca. A trent’anni di distanza possiamo dire di non avere creato nessun problema e di avere sotto controllo il parassita dalla manioca.

swissinfo.ch: Oggi l’agricoltura ricorre ancora all’uso di molti prodotti chimici e anche alla tecnologia genetica. Come funziona la sua strategia, che usa strumenti della natura?

H.R.H.: Il rapporto dell’International Assessment of Agricultural Science and Technology for Development (IAASTD), pubblicato nel 2008, di cui sono stato co-presidente, ha chiarito che per l’agricoltura c’era bisogno di un cambiamento radicale, sia per i paesi sviluppati, sia per quelli in via di sviluppo. Gli autori hanno evidenziato che i modelli dell’agricoltura industriale ed intensiva e dell’agricoltura tradizionale, caratterizzata da una scasa produttività,  devono indirizzarsi verso un tipo di agricoltura multifunzionale, ecologica e biologica, che si rigenera autonomamente.

In fondo Biovision ha anticipato questo rapporto sostenendo la promozione di un’agricoltura ecologica, in armonia con il sistema, che non combatte l’ambiente, ma collabora con esso, e che produce abbastanza per nutrire tutti entro il 2050. Sono convinto che ce la possiamo fare. La domanda è: possiamo farlo adesso?

swissinfo.ch: Il libro la descrive come “uccello irrequieto”, che vola in tutto il mondo per portare la sua esperienza molto richiesta. Qualche progetto per rallentare il volo?

H.R.H.: Rallentare? Non ci penso nemmeno, perché c’è ancora tanto da fare. Ora il mio lavoro principale è presso il Millennium Institute, dove stiamo cercando di cambiare le politiche.

Dobbiamo pensare ora sul lungo termine e tenendo conto dei sistemi, perché quando si guarda là fuori tutto è collegato: qualunque cosa si faccia in una parte del mondo, ciò influenzerà qualcuno in un’altra parte; le abitudini alimentari influenzano il modo dei contadini di coltivare la terra, la quantità di pesticidi che viene usata. Perché come consumatori possiamo decidere che tipo di mondo desideriamo. Il consumatore decide tutto.

La principale  questione politica è quella di verificare se i governi sono pronti a dire ai consumatori di pagare il costo reale del cibo, inclusi tutti i costi esterni che sono prodotti dall’agricoltura industriale, come l’inquinamento dell’acqua, la perdita della biodiversità e i problemi sociali e sanitari.

Questi sono tutti i costi che la società sta pagando ora. Diciamo che devono essere inclusi nel prezzo del prodotto, così le persone possono scegliere. Possono acquistare prodotti del commercio equo, biologici, multifunzionali, oppure possono continuare ad acquistare beni prodotti dall’ agricoltura industriale. Questa sarebbe una via per cambiare il modo di fare agricoltura. Ma questo tipo di politiche non è molto facile da mettere in pratica. Non è molto popolare aumentare il prezzo del cibo. Ma prima o poi dovrà accadere.

Herren è nato il 30 novembre del 1947 in Vallese. È cresciuto in una famiglia proprietaria di una piantagione di tabacco, caratterizzata da un’agricoltura intensiva. Da ragazzo ha partecipato ai lavori disinfestazione chimica delle colture.

Dopo una formazione di agricoltore, Herren ha studiato presso il Politecnico federale di Zurigo, dove ha conseguito un dottorato. Ha poi completato la formazione accademica con un post-dottorato di ricerca in ecologia a Berkeley.

Ha lavorato in Africa per 27 anni, presso l’Istituto Internazionale di Agricoltura Tropicale (IITA) in Nigeria e come direttore del Centro Internazionale di Fisiologia ed Ecologia degli insetti (ICIPE) a Nairobi, in Kenya.

Nel 2005 Herren è stato nominato presidente del Millennium Institute negli Stati Uniti. Ha un vigneto biologico in California, è sposato e ha tre figli adulti.

La sua biografia, scritta da Herbert Cerutti (versione originale in tedesco: Wie Hans Rudolf Herren 20 Millionen Menschen retteteDie ökologische Erfolgsstory eines Schweizers) è stata pubblicata nel mese di maggio.

Hans Rudolf Herren è stato il primo svizzero a essere insignito del Premio mondiale per l’alimentazione (1995). Nel 2002 ha ricevuto il Premio Brandenberger, per il suo impegno nel miglioramento del benessere dell’umanità, e nel 2003 il Premio Tyler per i suoi progetti ambientali.

Fondata nel 1998, con sede a Zurigo, Biovision è una fondazione svizzera no-profit e indipendente. Affronta problemi come malattie infettive,  epidemie animali, parassiti delle colture, ecosistemi sovra-sfruttati: tutti fattori che contribuiscono a paralizzare lo sviluppo nell’Africa orientale.

La Fondazione Biovision combatte la povertà e la carestia. Promuove la diffusione e l’impiego di metodi ecologici che consentono di migliorare in modo duraturo le condizioni di vita in Africa, nel rispetto dell’ambiente. Biovision aiuta le persone a sostenersi da sole e incoraggia la riflessione e l’azione ecologica, al Nord come al Sud del mondo.

Biovision sostiene la maggioranza delle persone in Africa, piccoli agricoltori la cui esistenza dipende dalla qualità delle loro risorse naturali, e quindi hanno bisogno di un ambiente intatto, suolo fertile, buoni raccolti e bestiame sano per il loro benessere e quello della loro comunità.

Attualmente è in corso un progetto per incoraggiare l’apicoltura in Etiopia, dal momento che le api grazie all’impollinazione delle piante sono importanti per l’agricoltura. Biovision pubblica anche la rivista Organic Farmer per trasmettere conoscenze agli agricoltori locali.

Traduzione Armando Mombelli

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