Creare una biodiversità in senso moderno
Il fitopatologo Cesare Gessler e il suo team del Politecnico di Zurigo sperano di combattere le malattie fungine e batteriche del melo e della vigna con la cisgenetica, definita anche «biotecnologia verde».
A differenza della cugina transgenetica, questa tecnologia di manipolazione genetica utilizza esclusivamente materiale proveniente da organismi della stessa specie. Ne abbiamo discusso con l’esperto.
swissinfo.ch: Professor Gessler lei si è sempre occupato di malattie delle piante studiando le varietà resistenti.
Cesare Gessler: Sono sempre stato convinto che la resistenza innata, genetica della pianta è il miglior modo per ridurre l’impatto delle malattie delle piante ed eliminare l’uso dei pesticidi. Fino a metà del 19° secolo l’agricoltura non ha avuto bisogno di pesticidi, poi sono apparse delle malattie che hanno fatto enormi disastri anche in Svizzera, come ad esempio il marciume della patata, importato dagli Stati Uniti.
In seguito sono arrivate anche diverse malattie della vigna e in Ticino si sono dovute piantare delle varietà come Isabella perché le varietà vitis-vinifere locali sparivano. Finché si è poi scoperto come pesticida il rame e lo zolfo, che stiamo usando ancora oggi.
Dopo la seconda guerra mondiale l’industria ha cominciato a produrre fungicida sistemici di valore migliore e senza i noti trattamenti, oggi il Merlot in Ticino non lo produciamo più. E anche la mela è normalmente trattata da 12 a 15 volte con dei pesticidi contro la ticchiolatura e il fuoco batterico.
I pesticidi sono estremamente nocivi e sono una soluzione intermedia perché non abbiamo niente di meglio. Allora la nostra idea è di tornare indietro com’era prima dell’apparizione di queste malattie creando, grazie alla genetica, una biodiversità contro il patogeno ma in senso moderno.
swissinfo.ch: Come siete approdati alla cisgenetica?
C.G.: È una lunga storia, comunque è negli anni 90 che abbiamo cominciato a identificare i geni. Abbiamo prima sviluppato i cosiddetti marcatori per i geni, per la selezione normale che fanno alla stazione di ricerca di Wädenswil, e il passo successivo è stato andare a trovare la sequenza che dà questo gene. All’inizio del 2004 abbiamo creato le prime piante transgeniche con geni di melo ma con tutto il sistema di selezione ancora dentro.
Poi con la moratoria -dove io ero in favore della moratoria perché i prodotti che c’erano a quei tempi, e ci sono ancora adesso, non sono necessari per la Svizzera-, ci siamo posti il problema, ma che prodotti vogliamo? E allora visto che l’opposizione contro questi geni e specialmente contro quelli che vengono da batteri è grande, abbiamo deciso di eliminarli togliendo tutti i batteri che non vengono da un donatore che si può incrociare, cioè dal melo stesso.
swissinfo.ch: Perché si cercano soluzioni con la biotecnologia, non ci sono alternative?
C.G.: Da più di cent’anni si cerca di incorporare nelle piante di melo delle resistenze che vengono dai meli selvatici con incroci e selezioni classici e qualche successo si è anche ottenuto. Oggigiorno abbiamo delle varietà come Topaz, Ariwa e altre che sono resistenti, solo che la differenza tra una Gala e una Golden suscettibile e queste varietà resistenti è che la mela non è la stessa. E il problema è che il consumatore acquista la varietà che gli piace e ogni volta che si fa un incrocio nasce una mela nuova, con qualità diverse.
swissinfo.ch: Nel senso che cambia il gusto?
C.G.: Non solo il gusto. Naturalmente cambiano tutti gli aspetti, anche -e questo è molto importante- le capacità di produzione e conservazione. Ciò significa che per guadagnare la popolarità queste nuove varietà devono competere con delle Gala, delle Golden e varietà simili, il che è molto difficile perché di queste nuove varietà purtroppo non si è mai riusciti a trovarne una che si mantenga così bene in cella frigo come la Gala o la Golden.
E allora la strategia del 21° secolo è, purtroppo, quella di dare al consumatore quello che vuole cercando però di ridurre l’impatto ambientale dovuto ai pesticidi. Invece di fare un incrocio nuovo con metodi di selezione classici -che impiegano anche 50 anni prima di ottenere qualcosa di ragionevole- abbiamo pensato di inserire direttamente nella Gala il gene, la caratteristica che le manca, cioè la resistenza in questo caso contro la ticchiolatura e il fuoco batterico.
swissinfo.ch: C’è una differenza tra una Gala resistente e una suscettibile?
C.G.: C’è la differenza che la Gala resta Gala come qualità, il che non possiamo fare con incroci normali. E l’altra differenza è che se oggi abbiamo aggiunto la resistenza alla ticchiolatura e domani quella contro il fuoco batterico, poi possiamo migliorare e aggiungere altre resistenze ancora. La differenza è anche un’altra e cioè che non sappiamo a priori dove inseriamo questo gene, o meglio dove l’agro-batterio inserisce il gene perché lui lo fa a caso.
swissinfo.ch: Non crede che sia proprio questa casualità a creare diffidenza e paura tra i consumatori?
C.G.: Il luogo d’inserzione, sappiamo, è sicuramente ancora una questione aperta e oggi ci stiamo lavorando ma verificare che il gene sia inserito in un posto dove non disturba è fattibile. Direi che la paura è dettata più da mancanza di conoscenza perché sia il DNA che il prodotto di questo gene è noto e lo si mangia quando si mangia una Topaz o una mela resistente alla ticchiolatura.
E sappiamo che questi prodotti non hanno mai fatto male a nessuno perché altrimenti le varietà resistenti non avrebbero quel piccolo ma buon successo specialmente nell’agricoltura biologica. La questione semmai è che abbiamo usato dei metodi di trasformazione genetica ma il prodotto non possiamo più distinguerlo del tutto e questo sarà un problema legale da affrontare.
Per il resto non vedo funzionalmente la differenza tra una mela cisgenica e una mela incrociata normalmente. Il vantaggio invece è chiaro. Usiamo 12-15 trattamenti di fungicidi in meno, che è un bene sia per chi mangia, -perché i residui, non dimentichiamolo, ci sono sempre-, è un bene per l’ambiente, è un bene per il contadino che non tratta, è un bene per il risparmio di energia – perché se facciamo 12 passaggi in meno di trattore va considerato anche quello – e per ciò è un bene per tutti.
La differenza è che nessuno di coloro che ha sviluppato queste tecniche ci guadagna soldi e perciò l’industria non è assolutamente interessata a queste mele, anzi se le propongono a Syngenta, non le vogliono perché non vendono più i loro fungicidi.
swissinfo.ch: Una resistenza ai prodotti modificati geneticamente è legata anche a questioni etiche, nel senso che spesso la modificazione del genoma viene associata all’idea di una scienza che si sostituisce a Dio o all’idea dell’intervento umano contrapposto a quello della natura. Lei come studioso come vive questo scontro-incontro scienza-etica?
C.G.: Non ho personalmente questo problema ma lo capisco e lo rispetto. E sono assolutamente dell’opinione che non ha senso creare qualcosa che la selezione naturale non ha creato, cioè non dobbiamo far niente che la natura non può fare.
Per questo ritorno al nostro cisgenetico: la natura può fare tranquillamente, e ha sempre fatto, una pianta resistente alla ticchiolatura, che un giorno diventerà di nuovo suscettibile perché anche il fungo della ticchiolatura si evolve.
Solamente noi abbiamo dimenticato che in natura il melo viene riprodotto per seme e non per talea. Noi invece cosa abbiamo fatto? I milioni di alberi di Golden che ci sono al mondo sono tutti riprodotti per talea, sono tutti uguali. Tutte le piante di Merlot che abbiamo in Ticino sono uguali, riprodotte in una maniera che la natura non ha mai fatto. E questo ha dato un enorme vantaggio ai funghi, perché adesso questi patogeni possono attaccare una massa geneticamente omogenea.
E quello che noi facciamo è ricreare questa biodiversità verso il patogeno, che si trova così ostacolato da certe piante. Anche se un giorno sarà di nuovo capace di annullare la resistenza che abbiamo messo dentro, grazie alla biotecnologia noi possiamo essere migliori di lui e capaci di far evolvere la pianta, come l’ha fatto la natura, come l’ha sempre fatto, ma in maniera veloce. Rispettando in questo modo anche la richiesta – che in natura non esiste- di un frutteto di 2 o 3 ettari di Gala, tutte uguali.
È una tecnica di manipolazione genetica che -a differenza della cugina transgenetica- utilizza esclusivamente materiale genetico proveniente da un organismo donatore della stessa specie.
Considerata la migliore e più efficace strategia per lottare contro alcune malattie del melo e della vigna, la cisgenetica utilizza le resistenze insite nelle piante stesse secondo un processo che in natura è sempre esistito.
Secondo gli studiosi quando grazie alle conferme delle ricerche e a un’informazione corretta cesseranno i pregiudizi nei riguardi dell’ingegneria genetica e cambierà la legislazione, questa tecnica permetterà di sviluppare piante resistenti alle malattie evitando di disperdere nell’ambiente le ingenti e devastanti quantità di pesticidi oggi usate per combattere le malattie.
Cresciuto in Ticino, Cesare Gessler si è laureato in Agronomia al Politecnico di Zurigo dove oggi è docente di Patologia Vegetale all’Istituto di Biologia Integrativa, una branca del Dipartimento di Scienze Agrarie e Alimentari.
Esperto di malattie del melo e della vigna, ne ha affrontato la lotta non con la chimica ma sfruttando le resistenze innate nei vegetali, convinto che la genetica sia la soluzione migliore sia per ridurre l’impatto delle malattie che l’uso dei pesticidi.
Insieme a un cospicuo gruppo di ricerca, nel laboratorio zurighese Gessler cerca di ottenere delle piante resistenti a malattie fungine e batteriche quali la ticchiolatura del melo e il fuoco batterico usando una nuova tecnica di manipolazione genetica.
Gessler e la sua equipe hanno prelevato il gene di resistenza al fungo della ticchiolatura in una vecchia varietà di melo non commerciabile -il Malus– e l’hanno introdotto in una varietà di interesse economico quale la Gala.
Le ricerche che Gessler e la sua equipe stanno conducendo ormai da diversi anni sulle varietà cisgeniche di melo resistenti agli attacchi del fungo della ticchiolatura, s’iscrivono nel quadro del Programma nazionale di ricerca 59 «Vantaggi e rischi dell’emissione di piante geneticamente modificate».
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