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La macchina e la morale

La Svizzera può prendere le redini del dibattito etico?

A 3D rendering of two hands pointing at glowing digital brain. Artificial intelligence and future concept.
Getty Images/istockphoto / Peshkova

Le nuove tecnologie quali l'intelligenza artificiale non sono regolamentate e mancano degli standard internazionali. Grazie a una forte democrazia e a una ricerca di prim'ordine, la Svizzera potrebbe essere in prima linea nella definizione di un’intelligenza artificiale etica.

Che cos’è l’intelligenza artificiale (AI)? “L’intelligenza artificiale sarà la cosa migliore o peggiore mai successa all’umanità”, ha detto una volta l’eminente scienziato Stephen Hawking, morto nel 2018.

A fine 2018, un gruppo di esperti istituito dalla Commissione europea ha presentato in una prima bozza gli orientamenti etici per un’AI affidabileCollegamento esterno. Tuttavia, a oggi non esiste ancora una strategia globale per la definizione di principi comuni, che includa regole sulla trasparenza, la protezione della privacy, l’equità e la giustizia.

Grazie alle sue caratteristiche uniche – una democrazia forte, la sua posizione di neutralità e centri di ricerca di livello mondiale – la Svizzera è ben posizionata per giocare un ruolo di primo piano nel plasmare il futuro dell’intelligenza artificiale, facendo in modo che soddisfi degli standard etici. Il governo svizzero riconosce l’importanza dell’AI per far progredire il Paese e, in quest’ottica, è stato coinvolto in discussioni a livello internazionale.

Cos’è l’AI?

Non esiste un’unica definizione accettata di Intelligenza Artificiale. Spesso è divisa in due categorie, l’Intelligenza Generale Artificiale (AGI, Artificial General Intelligence) che tenta di replicare da vicino il comportamento umano, mentre l’Intelligenza Artificiale Stretta (Narrow AI) si concentra su singoli compiti, quali il riconoscimento facciale, le traduzioni automatiche e la personalizzazione dei contenuti, come i video su YouTube.

Il dibattito, ancora agli albori sul fronte interno, ha tuttavia assunto una certa serietà, sia in Svizzera che in altri paesi, per le preoccupazioni sulla privacy legate all’utilizzo di nuove tecnologie come le applicazioni di tracciamento per fermare la diffusione della Covid-19, indipendentemente dal fatto che si avvalgano o meno dell’AI.

L’iniziativa europea sul tracciamento dei contatti – chiamata PEPP-PT (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing Initiative PEPP-PT) – ha sostenuto una gestione centralizzata dei dati la cui trasparenza e governance sono state messe in dubbio. Il progetto è poi deragliato quando un certo numero di nazioni, tra cui la Svizzera, ha optato per un sistema decentralizzato di tutela della privacy, chiamato DP-3T (Decentralized Privacy-Preserving Proximity Tracing). Il colpo finale all’iniziativa europea è arrivato quando anche la Germania ha deciso di ritirarsi dal progetto.

“L’Europa si è impegnata in un acceso dibattito sui meriti dell’approccio centralizzato e decentralizzato al tracciamento di prossimità. Questo dibattito è stato molto proficuo poiché ha sensibilizzato un’ampia parte della popolazione e ha dimostrato l’attenzione con cui queste applicazioni vengono progettate e costruite. Le persone utilizzeranno l’app di tracciamento solo se riterranno di non dover sacrificare la propria privacy per uscire dall’isolamento”, ha detto Jim Larus. Larus è preside della Scuola di Scienze informatiche e della comunicazione (IC) del Politecnico federale di Losanna (EPFL) e membro del gruppo che ha lanciato il progetto DP3T all’EPFL.

Secondo un recente sondaggio, quasi due terzi dei cittadini svizzeri si sono espressi a favore delle applicazioni che permettono di controllare la diffusione delle infezioni. L’app DP-3T è stata lanciata il 13 maggio in via sperimentale, in attesa che vengano definite le basi legali per la sua diffusione, come deciso dal parlamento svizzero.

Sebbene l’app svizzera non si basi sull’AI, il dibattito evidenzia l’urgenza di rispondere alle domande relative all’etica e alla governance delle tecnologie non ancora regolamentate.

+ Per saperne di più sulla controversa app svizzera

Lo ‘stile svizzero’

L’intelligenza artificiale è stata inclusa per la prima volta nella strategia del governo svizzero al fine di creare le giuste condizioni per accelerare la trasformazione digitale della società.

Lo scorso dicembre un gruppo di lavoro ha consegnato al Consiglio federale (organo esecutivo) il suo rapporto intitolato ‘Sfide dell’intelligenza artificiale’. Nel rapporto si afferma che la Svizzera è pronta a sfruttare il potenziale dell’AI, ma gli autori hanno deciso di non soffermarsi in modo specifico sulle questioni etiche e la dimensione sociale dell’intelligenza artificiale, concentrandosi invece sui vari casi applicativi dell’AI e sulle sfide che ne derivano.

“In Svizzera, il governo centrale non impone una visione etica globale dell’intelligenza artificiale. Sarebbe incompatibile con le nostre tradizioni democratiche se il governo prescrivesse un tale approccio dall’alto verso il basso”, ha dichiarato a swissinfo.ch Daniel Egloff, responsabile per l’innovazione alla Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione (SEFRI). Egloff ha aggiunto che è difficile stabilire principi etici assoluti, poiché questi potrebbero cambiare a seconda del contesto tecnologico di riferimento. “Una visione etica per l’intelligenza artificiale sta emergendo nelle consultazioni tra i gruppi di interesse nazionali e internazionali, compresi gli attori pubblici, e il governo sta assumendo un ruolo attivo in questo dibattito”, ha aggiunto.

Visto in un contesto più ampio, il governo ribadisce di essere ampiamente coinvolto a livello internazionale nelle discussioni sull’etica e sui diritti umani. L’ambasciatore Thomas Schneider, direttore degli affari internazionali dell’Ufficio federale delle comunicazioni (UFCOM), ha dichiarato a swissinfo.ch che la Svizzera “è uno dei Paesi più attivi in seno al Consiglio d’Europa, alle Nazioni Unite e ad altri consessi”. Ha inoltre aggiunto che l’UFCOM e il Dipartimento federale degli esteri ambiscono a trasformare Ginevra in un centro globale di governance tecnologica.

“Inventare politiche etiche non ci porta da nessuna parte e non ci aiuterà a creare l’intelligenza artificiale”
Pascal Kaufmann, Mindfire Foundation

Un altro slogan?

Com’è possibile allora definire ciò che è etico o non etico nel mondo della tecnologia? Secondo Pascal Kaufmann, neuroscienziato e fondatore della Mindfire FoundationCollegamento esterno per un’AI che metta al centro l’essere umano, il concetto di etica applicato all’intelligenza artificiale è solo un altro slogan alla moda: “C’è molta confusione sul significato di intelligenza artificiale. Quello che molti chiamano ‘AI’ ha poco a che fare con l’intelligenza e molto di più con la forza bruta computazionale. Ecco perché non ha molto senso parlare di AI etica. Per essere etici, suggerisco di affrettarsi a creare l’intelligenza artificiale per le persone piuttosto che per i governi autocratici o per le grandi aziende tecnologiche. Inventare politiche etiche non ci porta da nessuna parte e non ci aiuterà a creare l’intelligenza artificiale”.

Anna Jobin, ricercatrice presso il Laboratorio di etica e politica sanitaria del Politecnico federale di Zurigo, non la vede allo stesso modo. Sulla base delle sue ricerche, Jobin crede che le considerazioni etiche debbano far parte integrante dello sviluppo dell’AI: “Non possiamo trattare l’AI come una questione puramente tecnologica e aggiungere un po’ di etica alla fine. Gli aspetti etici e sociali devono essere inclusi nella discussione fin dall’inizio”. Poiché l’impatto dell’AI sulla nostra vita quotidiana non potrà che crescere, Anna Jobin ritiene che i cittadini debbano essere coinvolti nei dibattiti sulle nuove tecnologie che utilizzano l’intelligenza artificiale e che le decisioni sull’AI debbano includere la società civile. Tuttavia, riconosce anche i limiti di elencare i principi etici in assenza di una governance etica.

Per Peter Seele, professore di etica aziendale all’USI, l’Università della Svizzera italiana, mettere su un piano di equità il business, l’etica e il diritto è la chiave per risolvere questi problemi. “Le imprese sono attratte dalle normative. Hanno bisogno di un quadro giuridico per prosperare. Buone leggi che allineino il business e l’etica creano l’ambiente ideale per tutti gli attori”, ha detto. La sfida è trovare un equilibrio tra i tre pilastri.

La combinazione perfetta

Anche se l’approccio svizzero si basa principalmente sull’autoregolamentazione, Seele sostiene che la creazione di un quadro giuridico darebbe un impulso significativo all’economia e alla società.

Se la Svizzera dovesse assumere un ruolo guida nella definizione di standard etici, il suo sistema politico basato sulla democrazia diretta e sulle cooperative controllate democraticamente potrebbe svolgere un ruolo centrale nel gettare le basi per la democratizzazione dell’intelligenza artificiale e dell’economia dei dati personali. Come suggerito dall’Accademia svizzera delle scienze tecniche SATW in un libro bianco apparso alla fine del 2019, il modello potrebbe essere la MIDATACollegamento esterno svizzera, una cooperativa senza scopo di lucro che garantisce la sovranità dei cittadini sull’uso dei loro dati, agendo come fiduciaria per la raccolta degli stessi. I titolari di un account dati possono diventare membri della cooperativa, partecipando attivamente alla sua governance democratica. Inoltre, hanno la facoltà di consentire l’accesso selettivo ai loro dati personali per studi clinici e scopi di ricerca medica.

L’emergere di un ecosistema di dati aperti che promuove la partecipazione della società civile sta sensibilizzando l’opinione pubblica sulle implicazioni dell’uso dei dati personali, soprattutto per motivi di salute, come nel caso dell’applicazione di tracciamento del coronavirus. Anche se si sostiene che il sistema decentralizzato, spesso favorito, preservi con più efficacia i diritti fondamentali rispetto a un approccio centralizzato, vi sono preoccupazioni circa la suscettibilità agli attacchi informatici.

La creazione di una base giuridica per l’intelligenza artificiale potrebbe innescare un dibattito pubblico sulla validità e l’etica dei sistemi digitali.

>> Intelligenza artificiale, amica o minaccia? (RSI, 21.11.2018)

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