La scommessa di Novartis contro la drepanocitosi fatica a vincere in Kenya
Dopo anni di disinteresse, si assiste a un rilancio della ricerca contro la drepanocitosi o anemia falciforme, una malattia genetica del sangue che colpisce milioni di persone nel mondo. Il gigante svizzero Novartis è tra le aziende che stanno sviluppando farmaci potenzialmente rivoluzionari, ma potrebbero passare decenni prima che essi arrivino alle persone che più ne hanno bisogno in Kenya.
Nel novembre 2019, i dirigenti di Novartis hanno avuto di che essere soddisfatti. Il crizanlizumab, commercializzato con il nome di Adakveo, ha avuto luce verdeCollegamento esterno dalla Food and Drug Administration FDA (l’agenzia statunitense per gli alimenti e i medicinali), diventando così il primo trattamento che mira alla causa degli imprevedibili e lancinanti dolori che affliggono chi soffre di drepanocitosi.
Questo approfondimento è parte di una serie sulle sfide che Governi, strutture sanitarie e pazienti devono affrontare per avere accesso a nuovi e costosi trattamenti per il cancro e altre malattie genetiche potenzialmente letali. Qui il sommario di tutti gli articoli.
Le persone con questa malattia, il 70% delle quali vive in Africa, presenta una mutazione genetica che toglie ossigeno ai globuli rossi, provocando gravi danni agli organi e dolori così debilitanti da rendere difficile svolgere un lavoro o andare a scuola. Tra il 50 e l’80% di bambine e bambini con anemia falciforme in Africa muore prima di compiere 5 anni di età.
Adakveo, il cui principio attivo crizanlizumab è un anticorpo monoclonale, è uno dei tre farmaci contro l’anemia drepanocitica approvati dalle autorità statunitensi negli ultimi 5 anni. Prima del 2017, erano vent’anni che non appariva sul mercato alcuna nuova cura.
A lungo stagnante, la ricerca in questo campo ha goduto di rinnovato interesse nell’ultimo decennio grazie ai progressi nel sequenziamento genetico e nelle tecnologie, che lasciano sperare che le cure per le malattie genetiche siano ormai a un passo.
Le autorità di regolamentazione statunitense ed europea, inoltre, incentivano la ricerca di cosiddetti farmaci orfani -troppo poco rimunerativi per essere sviluppati e prodotti in modo ordinario, poiché destinati malattie rare- accelerando le procedure di approvazione e contribuendo a ridurre di un terzo i costi di sviluppo. Altri incentivi, come un più lungo periodo senza la concorrenza dei generici, offrono pure un grande potenziale di guadagno alle aziende farmaceutiche, considerato il crescente numero di pazienti con anemia falciforme in mercati redditizi come gli Stati Uniti.
‘La drepanocitosi è davvero diffusa nel mondo, ma generalmente ignorata”, chiarisce Elliott Vichinsky, ematologo pediatrico dell’UCSF Benioff Children’s Hospital di Oakland, impegnato nella ricerca su questa patologia da oltre 40 anni. “Grazie a vari incentivi, le aziende possono ora risparmiare sullo sviluppo e molte di esse si stanno interessando alla malattia. Vi è stata un’esplosione nello sviluppo di farmaci.”
È una malattia potenzialmente letale causata da una mutazione genetica, ereditaria qualora entrambi i genitori ne siano portatori. La mutazione fa sì che i globuli rossi assumano una forma irregolare e spesso ricurva -che ricorda una mezzaluna o una falce- e fatichino a transitare nei vasi sanguigni, causando forti dolori diffusi nel corpo e danneggiando gli organi.
La malattia colpisce circa 120 milioni di personeCollegamento esterno in tutto il mondo. Circa il 70% di esse vive in Africa, il 20% nell’Asia meridionale e l’8% in Nord Africa e Medio Oriente. Il gene mutato è diffuso in Africa poiché offre una certa protezione contro la malaria, una parassitosi comune nel continente.
A causa delle migrazioni, la drepanocitosi sta diventando meno rara nel resto del globo. Ogni anno, nel mondo, nascono circa 300’000 bambine/i che ereditano entrambe le copie del gene mutato. Questo numero pare destinato a crescereCollegamento esterno del 30% entro il 2050.
Il tempo di sopravvivenza con l’anemia falciforme si è allungato grazie all’accesso a trattamenti come la idrossiurea (che riduce il numero e la gravità degli attacchi). Negli Stati Uniti, circa il 90% delle persone con la malattia raggiunge l’età adulta, benché la speranza di vita media sia ancora bassa (attorno ai 43 anni). In Africa, il 50-80% dei bambini con anemia falciforme muore entro i 5 anni di età.
Attualmente, esiste una sola cura approvata clinicamente, ovvero il trapianto di midollo osseo, ma è un’operazione rischiosa e per la quale è difficile trovare un donatore. Soltanto 2’000 persone ne hanno trovato uno. Secondo gli studi, tali trapianti hanno un potenziale di guarigioneCollegamento esterno dell’85%.
Si stima che il mercato dei farmaci contro la drepanocitosi crescerà dagli 1,35 miliardi di dollari del 2019 a 7,7 miliardi nel 2027, di cui oltre metà generati negli USA.
Novartis, che domina questa nicchia di mercato, ha speso 665 milioni di dollari (660 mio di franchi) per acquistare Adakveo da un’azienda di biotecnologieCollegamento esterno nel 2016. In agosto, la farmaceutica statunitense Pfizer ha alzato la posta in gioco, comprando per 5,4 miliardi di dollari la Global Blood Therapeutics, una piccola biotech impegnata nello sviluppo di trattamenti per malattie del sangue. Un mese dopo, la danese Novo Nordisk ha acquisito per 1,1 miliardi la Forma Therapeutics, che sta lavorando a nuove cure per l’anemia falciforme.
Farmaco di riferimento
Mentre le grandi aziende farmaceutiche si contendono il controllo delle cure ad alta tecnologia del futuro, le/i pazienti con anemia falciforme e le/i loro familiari della capitale del Kenya, Nairobi, stanno ancora lottando per avere accesso a farmaci che esistono ormai da 40 anni.
La Baraka Clinic, aperta a queste/i pazienti il martedì e il venerdì, è incastrata tra bancarelle di cibo e chioschi della M-Pesa mobile lungo file di tetti metallo ondulato a Mathare, il secondo più grande insediamento informale della capitale. Il figlio di 9 anni di Emaculate Achieng, Shadrack Otenyo, è uno dei circa 500 pazienti con la malattia che vengono qui regolarmente. Per bambine e bambini sotto i 5 anni, le visite e buona parte dei medicinali sono gratuiti grazie alla Children Sickle Cell FoundationCollegamento esterno e a German Doctors, un’organizzazione no profit che sostiene la clinica.
Ma la 38enne Emaculate, che ha altri due figli, deve pagare 300 scellini kenioti (2 franchi e 40) per ogni consulto. La tariffa include una visita del medico Moses Apela, lezioni sulla nutrizione, servizi di emergenza e medicamenti o integratori come l’acido folico. È meno della metà di quanto costerebbe in media una visita da un medico a Nairobi, ma è comunque gravoso, considerato che la maggior parte dei kenioti deve pagare di tasca propriaCollegamento esterno molti servizi.
C’è però un farmaco che non è incluso nel costo della visita a Shadrack, né è coperto dall’assicurazione sanitaria nazionale: l’idrossiurea, agente terapeutico di riferimento per la maggior parte dei pazienti affetti da depanocitosi.
Fu approvato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1967 per curare alcuni tumori del sangue, ma negli anni ’80 si scoprì che riportava i globuli rossi alla loro forma normale, riducendo drasticamente la frequenza degli attacchi che possono provocare dolore in quasi ogni parte del corpo e durare da poche ore a diversi giorni.
Studi condotti negli USA hanno mostrato che somministrare idrossiurea e penicillina ogni giorno dai nove mesi in poi, aumenta la sopravvivenza di bambine e bambine sotto i 5 anniCollegamento esterno di oltre l’80%.
Perché abbiamo scelto di trattare questo tema
Le cure contro il cancro e le malattie genetiche stanno conoscendo incredibili innovazioni, che hanno migliorato la sopravvivenza e la qualità di vita di molte persone ma sono inaccessibili in buona parte del mondo. Volevamo capire perché, e cosa si sta facendo affinché tutti possano beneficiarne.
Cercare le fonti
In ogni nostro articolo abbiamo cura di fornire un resoconto equilibrato, prendendo in considerazione tutti i fatti e le opinioni pertinenti al fine di selezionare le fonti. Per questo approfondimento, abbiamo contattato organizzazioni sanitarie internazionali con progetti in Kenya (che ci hanno suggerito interlocutrici e interlocutori esperte/i), consultato le più grandi aziende farmaceutiche (a Basilea e nel Paese africano) e collaborato con un giornalista locale per identificare funzionarie/i, strutture sanitarie e organizzazioni coinvolte nel dibattito nonché dare modo alle/ai pazienti di condividere le loro esperienze. Siamo stati in Kenya per raccogliere informazioni di prima mano e osservare con i nostri occhi la problematica.
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In quanto pillola, l’idrossiurea è facile da somministrare e non è più coperta da brevetto danni: sul mercato vi sono quindi versioni generiche, meno care. Ma benché sia relativamente a buon mercato, i margini di profitto la rendono economicamente inaccessibile a molti kenioti affetti da drepanocitosi e alle loro famiglie, spesso tra le più povere.
Grazie a un accordo con la produttrice Novartis, la Baraka Clinic fattura 20 scellini (16 centesimi di franco) a capsula, ovvero il 60-70% in meno del prezzo commerciale in farmacia. Ciononostante, i costi possono rivelarsi considerevoli per le/i pazienti, perché devono assumerne almeno una al giorno e pagare per altre spese mediche.
Shadrack, nell’ultimo anno, ha avuto una sola crisi dolorosa ed è in gran parte grazie all’idrossiurea. Ma Emaculate, che vendendo il pane guadagna meno di 300 scellini al giorno, riferisce che non sempre la famiglia può permettersi la dose quotidiana del medicamento, lasciandole la paura che suo figlio si svegli di nuovo urlando di dolore.
“La situazione più difficile è quando le famiglie hanno più di una figlia o un figlio con anemia falciforme”, spiega a SWI swissinfo.ch il pediatra Moses Apela. “Talvolta le madri devono scegliere chi di loro riceverà la medicina”.
Nella Contea di Kisumu, epicentro dell’anemia falciforme in Kenya, l’alto costo del trattamento scoraggia molti genitori, i quali rinunciano persino ai test diagnostici sulle/sui loro figlie/i, riferisce Bernard Awuonda, pediatra del Jaramogi Oginga Odinga Teaching & Referral Hospital (JOOTRH).
Awuonda stima che circa il 50-60% di bambine e bambini che visita hanno la malattia, ma spesso arrivano troppo tardi, quando hanno già subito danni irreversibili agli organi. “Vogliamo fare uno screening di tutti i neonati del Paese per intervenire precocemente con la penicillina e l’idrossiurea così che possano avere una buona qualità di vita, stabilità e andare a scuola”, spiega. “Ma ci mancano le risorse”.
Il ministro keniota della salute è cosciente del problema, ma potendo contare su pochi grandi donatori o aziende interessate a finanziare le cure di base per i malati di drepanocitosi, deve badare ad altre priorità.
Qualche anno fa, la Novartis aveva iniziato a offrire l’idrossiurea a prezzi agevolati e sostenere lo screening diagnostico di neonate e neonati negli ospedali di Awuonda, nell’ambito di un più ampio programma di lotta all’anemia falciforme in Africa.
“Non posso parlare di un farmaco come il crizanlizumab, se il sistema sanitario non ha la struttura per sostenerne l’uso e se la diagnosi o lo screening non sono ancora stati fatti. Queste sono le basi”, spiega la responsabile per i mercati sub-sahariani di Novartis Racey Muchilwa a SWI. Le donazioni hanno i loro limiti, aggiunge. “Il nostro obiettivo è di portare speranza ai pazienti in modo sostenibile”.
Ma c’è ancora molta strada da fare. “La lacuna maggiore è nell’accessibilità economica della diagnostica e dei trattamenti”, osserva Gladwell Gathecha, funzionaria del Ministero della salute che ha cercato di concludere un accordo per avere l’idrossiurea a un costo che l’assicurazione sanitaria nazionale possa coprire.
Promettenti sperimentazioni
Mentre molti kenioti aspettano l’idrossiurea a un prezzo accessibile, le aziende continuano a iniettare soldi nella ricerca di nuove cure come le terapie geniche, che mirano a correggere la mutazione all’origine della drepanocitosi, con la prospettiva di curare la malattia con una sola iniezione. Sono in corso almeno dieci sperimentazioni cliniche in questo senso, molte delle quali finanziate da Novartis.
Benché i primi risultati siano promettentiCollegamento esterno, molte/i esperte/i stimano che potrebbero servire 10-15 anni prima che una terapia genica contro l’anemia falciforme sia commercializzata. Se e quando sarà disponibile e accessibile alle/ai pazienti africane/i è inoltre tutto da vedere.
Nuovi trattamenti come Adakveo, pur non essendo una terapia genica, sono già fuori dalla portata della gente comune in Kenya. Novartis non ha ancora registrato il prodotto nel Paese, ma in quelli sviluppati un mese di cura costa tra i 7’000 e i 9’500 franchi.
Le terapie geniche sono destinate a essere ancora più care. A titolo di esempio, una terapia sviluppata da Bluebird Bio e approvata di recente dalla FDA per curare l’anemia mediterranea -un’altra malattia ereditaria del sangue- costa 2,8 milioni di dollari a paziente. La maggior parte di queste cure richiedeCollegamento esterno una chemioterapia e un trapianto di midollo osseo, ciò che è raramente eseguito in Africa per via del costo e della complessità dell’intervento. Infine, tutte le sperimentazioni di terapie geniche sono in corso in Paesi ad alto reddito.
Il principio è sostituire o riparare un gene difettoso, oppure aggiungerne uno nuovo, allo scopo di curare o guarire una malattia. È una tecnica promettente per il trattamento di un’ampia gamma di patologie come il cancro, la fibrosi cistica, malattie del cuore, diabete, drepanocitosi, emofilia e AIDS.
Novartis rivela a SWI che solo il 10-15% delle/dei pazienti con anemia falciforme a livello globale potrebbe essere trattato con le terapie geniche, se esse fossero disponibili oggi. La multinazionale sta lavorando a una cura più semplice da somministrare e dal costo più accessibile, grazie a un finanziamento della Gates Foundation, ma la ricerca è ancora agli inizi.
“Le terapie geniche sono una prospettiva entusiasmante, ma la verità è che oggi la maggior parte dei pazienti muore perché non può permettersi le cure esistenti”, sottolinea Vichinsky. Migliaia di vite potrebbero essere salvate in Africa con gli strumenti attuali, che però le farmaceutiche non sono interessate a fornire perché poco remunerativi. “Lo screening diagnostico dei neonati, la profilassi con penicillina e l’idrossiurea per tutti cambierebbero l’Africa per sempre”.
Tornando alla Baraka Clinic, Shadrack non ha certo decenni di tempo per aspettare una cura, osserva Selina Olwanda della Children’s Sickle Cell Foundation. “Un bambino non sceglie di nascere con l’anemia falciforme”, conclude. “Ha bisogno di farmaci per sopravvivere”.
Con la collaborazione di Mercy Murugi, produttrice cinematografica in Kenya. Elaborazione delle immagini: Ester Unterfinger. A cura di Nerys Avery.
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