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Realtà virtuale senza nausea, a che punto è la ricerca?

donna che indossa degli occhiali di realtà virtuale oculus
La "cybersickness", o nausea da realtà virtuale, non è un fenomeno raro. Keystone / Markus Schreiber

L'industria tecnologica spera che il metaverso generi grandi profitti. Molte persone però hanno la nausea quando indossano gli occhiali necessari per muoversi nel mondo virtuale. La ricerca svizzera sta cercando delle soluzioni.

Luca Surace indossa gli occhiali Oculus con le cuffie. Sullo schermo degli occhiali appare un ottovolante. Non un ottovolante qualsiasi, ma uno che nel mondo reale non potrebbe esistere, con curve e giravolte incredibili, estranee alle regole della fisica.

Durante l’intero viaggio sulle montagne russe virtuali, un eye tracker misura esattamente la posizione dello sguardo di Surace. Con l’aiuto di un joystick, il dottorando può indicare il livello del suo disagio.

Sulla scala, Surace sale qualche volta fino a dieci, il massimo. Dopo il test, deve prendere una boccata d’aria. Surace ha provato un malessere noto nella ricerca come cybersickness o nausea da realtà virtuale.

È proprio il tema a cui si sta dedicando il gruppo del suo professore, Piotr Didyk, all’Università della Svizzera italiana di LuganoCollegamento esterno. “Sono interessato al modo in cui le persone percepiscono le immagini”, dice.

A un precedente esperimento hanno partecipato in totale 25 persone. Tre di loro hanno dovuto interrompere la corsa sulle montagne russe virtuali perché si sentivano troppo male. Eppure sono rimaste tutto il tempo sedute.

Ad alcune persone, la realtà virtuale può addirittura provocare vertigini, mal di testa, affaticamento o sudorazione.

Per i giganti della tecnologia questo è un problema. Meta – il nuovo nome che Facebook si è data nel 2021 – ha investito molto nello sviluppo del metaverso, una piattaforma digitale immersiva che mira a facilitare le interazioni umane in tempo reale. Quest’anno Microsoft ha investito persino più di Meta e Google segue a poca distanza, al terzo postoCollegamento esterno.

>> Gaurda il nostro video dai laboratori di Lugano:

La nausea da realtà virtuale è comune

Basta dare un’occhiata alla copertura mediatica per capire che la cybersickness non è un fenomeno raro. Una giornalista del giornale economico Handelszeitung ha raccontato per esempio di essersi sentita male guardando in basso da una mongolfiera virtuale durante il Forum economico mondiale di Davos (WEF), nel corso della presentazione dell’iniziativa “Global Collaboration Village”.

Un giornalista di NZZ Folio ha testato la vita nel metaverso per alcuni giorni. “Quello che temo di più ormai è vomitare sul tappeto”, ha scritto, raccontando la sua esperienza. Se il metaverso deve avere successo, le aziende tecnologiche dovranno cercare delle soluzioni. Sperano che la ricerca sia d’aiuto.

Studio su larga scala a Zurigo

“La cybersickness è stata per decenni uno dei principali ostacoli all’adozione diffusa della realtà virtuale “, scrivono i ricercatori del Sensing, Interaction & Perception Lab del Politecnico federale di Zurigo (ETH) in uno studioCollegamento esterno presentato lo scorso anno – con 837 partecipanti, si tratta ad oggi del più grande studio sul campo nel campo della nausea da realtà virtuale.

I e le partecipanti al test, di età compresa tra i 18 e gli 80 anni, dovevano muoversi in una sala da ballo virtuale, evitando il contatto con le persone invitate al matrimonio, ma trovando e interagendo con alcuni soggetti speciali. Dopo ogni prova, hanno riferito il loro livello di malessere.

“I risultati hanno mostrato che le donne e chi aveva minore esperienza con la realtà virtuale erano più inclini a livelli più elevati di cybersickness”, afferma il professor Christian Holz, che ha supervisionato lo studio. Non è stato invece possibile stabilire una correlazione tra età e malessere.

Semplificando un po’, attualmente si ipotizza che la nausea da realtà virtuale possa manifestarsi perché alcune applicazioni di realtà virtuale causano uno sfasamento tra ciò che gli occhi vedono e ciò che l’orecchio interno percepisce. Il cosiddetto sistema vestibolare è responsabile del nostro equilibrio.

La gravità dei sintomi nella sala da ballo virtuale tende ad aumentare parallelamente al tempo trascorso e all’intensità dei movimenti all’interno del mondo virtuale, ma a un certo momento diminuisce, osserva Holz.

illustrazione di robot.

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Il fatto che le persone si sentano male quando si muovono in spazi virtuali potrebbe essere una delle ragioni per cui il metaverso si è un po’ arenato. Le grandi aziende tecnologiche, tuttavia, continuano a lavorare alacremente a un ulteriore sviluppo.

Ma ci sono ancora molte questioni senza risposta sulla tecnologia che vi sta alla base, afferma Guido Berger, redattore digitale della Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRF. “Tutti coloro che conoscono la tecnologia concordano sul fatto che la svolta non avverrà l’anno prossimo. Tra dieci o quindici anni l’avremo capita”.

Anche la società di ricerche di mercato Gartner prevedeCollegamento esterno che ci vorranno più di dieci anni prima che il metaverso sia maturo.

Un esempio: l’Istituto per i servizi finanziari di Zugo, parte della Scuola universitaria professionale di Lucerna, ha organizzato in autunno un evento insieme alla Banca cantonale di Lucerna, in cui la clientela della banca ha partecipato a un incontro di un’ora nel metaverso.

Molti e molte partecipanti hanno fatto notare in seguito che la permanenza nel mondo virtuale è più faticosa e stancante di un incontro fisico. L’Istituto ha dovuto limitare il numero di posti a sedere, perché attualmente è ancora necessaria “una larghezza di banda molto elevata” per poter utilizzare più occhiali, si legge nel rapporto sull’esperienza.

Perché la Svizzera è una sede importante

La Svizzera svolge un ruolo pionieristico nella realtà virtuale. Gli occhiali e la tecnologia necessaria per il metaverso sono sviluppati presso Meta a Zurigo. Nella sede svizzera sono impiegate 300 persone.

Interpellata, Meta non ha voluto specificare se a Zurigo si stia conducendo una ricerca sul tema della cybersickness. A marzo Meta ha annunciato un’altra ondata di tagli di 10’000 posti di lavoro in tutto il mondo, dopo gli 11’000 di novembre. Non è ancora noto se anche la sede elvetica sarà toccata.

La comunità imprenditoriale nutre grandi aspettative nei confronti del mondo virtuale parallelo. Le aziende sperano in un mercato virtuale che faccia crescere le loro vendite. Oltre all’e-commerce, ai giochi e all’intrattenimento, sono ipotizzabili offerte educative e applicazioni nel settore sanitario o artistico.

Cosa si può migliorare?

Questo per quanto riguarda le visioni future. Ma l’obiettivo dovrebbe essere quello di sviluppare occhiali per la realtà virtuale che non diano la nausea e siano così leggeri da far dimenticare agli utenti che li stanno indossando.

Piotr Didyk
Piotr Didyk è professore associato all’Università della Svizzera italiana. usi.ch

Piotr Didyk e il suo team stanno lavorando proprio a questo, con il sostegno finanziario, tra gli altri, di Meta. “La questione è come generare le immagini negli occhiali in modo così efficiente da ottenere la migliore qualità”, afferma.

Didyk è convinto che la nausea da realtà virtuale possa essere prevenuta con una progettazione intelligente delle applicazioni. Perché le ragioni, oltre al già citato disallineamento tra occhi e orecchio interno, sono per lo più tecniche: scarsa risoluzione delle immagini, mappatura troppo lenta dei movimenti sullo schermo (latenza), bassa frequenza di aggiornamento.

Il professore mostra un esempio di applicazione migliorata per gli occhiali di realtà virtuale. In parole povere, il cosiddetto “foveated rendering” sfrutta il fatto che il nostro campo visivo è piuttosto limitato e che è sufficiente che un’immagine sia nitida al centro del nostro campo visivo. In altre parole, esattamente dove l’occhio sta guardando. Gli occhiali sono in grado di rilevarlo grazie al tracciamento degli occhi.

Con la riduzione dei dati ai margini del campo visivo, è possibile ottenere una migliore risoluzione al centro dell’immagine con un maggior numero di dati. Secondo Didyk, questo porta a un’esperienza visiva più piacevole.

Altre applicazioni oggetto di ricerca a livello internazionale includono, oltre a computer più potenti, dispositivi che vibrano sul collo per distrarre dall’immersione e occhiali con sistemi di stabilizzazione ottica o un migliore tracciamento degli occhi.

Le neuroscienze hanno un approccio diverso. Diversi studi hanno rivelato perché le donne sono più spesso colpite dalla cybersickness rispetto agli uomini: dipende dalla minore distanza tra le pupille. Una volta regolata questa distanza negli occhiali, non si notano più differenze tra i sessi.

Christian Holz dell’ETH cita infine un altro modo per proteggersi dalla nausea nello spazio virtuale: “Uno dei modi più efficaci per combattere la cybersickness è fare delle pause”. Vale a dire che di tanto in tanto gli e le utenti dovrebbero riprendersi dalle forti impressioni del mondo virtuale tornando nel mondo reale.

A cura di Sabrina Weiss

Traduzione di Andrea Tognina

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