Neve artificiale per salvare i ghiacciai delle Alpi
I ghiacciai alpini stanno scomparendo a causa del riscaldamento climatico. Mentre in montagna c'è chi si appella alla divina provvidenza, i ricercatori tentano di frenare lo scioglimento con soluzioni tecnologiche.
Quando a inizio maggio la Svizzera è stata ricoperta da una coltre bianca, con neve fino in pianura, in molti hanno alzato lo sguardo al cielo increduli. Gli agricoltori hanno temuto per le coltivazioni, gli automobilisti per la tenuta degli pneumatici estivi.
Per Felix Keller, glaciologo, l’evento è invece stato una manna dal cielo. L’eccezionale nevicata, spiega, ha prolungato l’inverno alpino, offrendo ai ghiacciai una protezione supplementare contro l’irraggiamento solare.
Dalla cima delle Alpi fino in pianura, la serie di articoli di swissinfo.ch illustra le conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai a un determinato intervallo di altitudine, presentando le strategie di adattamento e di mitigazione adottate in Svizzera.
3’000 – 4’500 metri: ghiacciai alpini e paesaggio
2’000 – 3’000 m: turismo e pericoli naturali
Malgrado l’insolita nevicata di tarda primavera, i ghiacciai hanno continuato sciogliersi. Le due ondate di caldo che hanno colpito la Svizzera tra fine giugno e fine luglio, con quasi 30 gradi a Zermatt, ai piedi del Cervino, hanno ulteriormente intensificato il fenomeno.
In soli 14 giorni di canicola, i ghiacciai alpini hanno perso circa 800 milioni di tonnellate di neve e ghiaccio, scrive su Twitter Matthias HussCollegamento esterno, a capo della Rete di monitoraggio dei ghiacciai svizzeri (GlamosCollegamento esterno). Ciò corrisponde grosso modo a un cubo di ghiaccio alto tre volte la Torre Eiffel di Parigi. Oppure alla quantità di acqua potabile consumata dalla popolazione elvetica (8,5 milioni di persone) in un anno, osserva Huss.
Niente più ghiaccio nel 2100?
Che i ghiacciai si stanno sciogliendo, non è una novità: dal 1850, il volume dei ghiacciai alpini si è ridotto di circa il 60%. A sorprendere chi li osserva è però il ritmo con cui i ‘giganti’ delle Alpi si stanno rimpicciolendo.
“La mia impressione è che negli ultimi dieci anni la velocità di scioglimento dei ghiacciai sia fortemente aumentata”, scrive sul suo sito Simon Oberli, un fotografo naturalistico che documenta il fenomeno con spettacolari immagini panoramicheCollegamento esterno.
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Anche Matthias Huss constata che lo scioglimento ha subito un’accelerazione a partire dal 2011. Soltanto nell’anno idrologico 2017-2018, i circa 1’500 ghiacciai svizzeri hanno perso circa il 2,5% del loro volume totaleCollegamento esterno.
Di questo passo, la metà dei ghiacciai alpini è destinata a scomparire nei prossimi 30 anni, secondo un recente studioCollegamento esterno del Politecnico federale di Zurigo e dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio. E se non si farà nulla per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, tutti i ghiacciai in Svizzera e in Europa rischiano di sciogliersi quasi completamente entro la fine del secolo, avvertono i ricercatori.
Alpi senza volto
Le conseguenze del ritiro dei ghiacciai in Svizzera, Paese particolarmente colpito dal riscaldamento globale, sono molteplici. A dipendenza dell’altitudine considerata, possono essere di ordine fisico, geografico o economico. I settori più toccati sono il turismo, l’idroelettrico, la prevenzione dei pericoli naturali e le risorse idriche.
Lo scioglimento dei ghiacciai può anche avere dei risvolti positivi. I reperti archeologici e i resti umani (tra cui quelli di Ötzi) riportati alla luce dal ritiro del ghiaccio forniscono preziose informazioni sul passato. Ad esempio, sul movimento delle popolazioni attraverso le Alpi e sulle attività in alta quota.
Nelle regioni più elevate del Paese, tra i 3’000 e i 4’500 metri di quota, la riduzione della massa di ghiaccio modifica inevitabilmente il paesaggio alpino. Assieme ai ghiacciai, se ne va una parte dell’identità nazionale che ha contribuito a far conoscere la Svizzera nel mondo. Secondo il WWF Svizzera, con la loro scomparsa “il volto delle Alpi non sarà mai più lo stesso”.
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La Svizzera perde anche un patrimonio di importanza nazionale. Il 62% dei ghiacciai svizzeri è infatti inserito nell’Inventario federale dei paesaggi, siti e monumenti naturaliCollegamento esterno. Con il ritiro dei ghiacciai, “è una parte della nostra storia che sta svanendo”, afferma la deputata ecologista Lisa Mazzone.
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Come salvare i ghiacciai?
Le opzioni per rallentare lo scioglimento dei ghiacciai non mancano. Da oltre dieci anni, una zona del ghiacciaio del Rodano, in Vallese, viene coperta con teli bianchi appositamente pensati per schermare i raggi del sole. L’obiettivo è di proteggere la grotta di ghiaccioCollegamento esterno, tra le principali attrazioni turistiche delle Alpi.
Questi materiali geotessili sono molto efficaci su piccola scala, laddove si vuole ridurre lo scioglimento a livello locale per ragioni economiche, puntualizza Matthias Huss. “Tuttavia, non sono concepiti per salvare un ghiacciaio intero. I costi supererebbero i benefici economici. Mi chiedo inoltre se i turisti vogliono davvero vedere dei blocchi di ghiaccio avvolti in teli sporchi”.
Il glaciologo svizzero Felix Keller ha un’altra idea: riciclare l’acqua di disgelo che scorre a valle durante l’estate. “Potremmo conservarla ad alta quota e ritrasformarla in ghiaccio durante l’inverno. Oppure utilizzarla per produrre neve artificiale, la migliore protezione possibile per un ghiacciaio”, spiega a swissinfo.ch.
Concretamente, Felix Keller propone di installare sopra al ghiacciaio un sistema di innevamento indipendente dal suolo e senza elettricità. Per essere efficace, l’impianto brevettato da un’azienda svizzeraCollegamento esterno deve poter produrre 30’000 tonnellate di neve al giorno. “Secondo i miei partner, è fattibile”, afferma Keller, responsabile del progetto.
Un progetta pilota da 2,5 milioni di franchi è stato lanciato a metà agosto sul ghiacciaio del MorteratschCollegamento esterno, nei Grigioni, e durerà 30 mesi. Grazie al sostegno dell’Agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione, di alcuni istituti di ricercaCollegamento esterno e di partner industriali, Felix Keller spera di trovare potenziali interessati non solo in Svizzera, ma pure in diverse regioni europee, dell’Himalaya e del Sudamerica.
Il metodo è interessante, commenta Matthias Huss di Glamos. “Le sfide tecnologiche, i costi complessivi e le implicazioni ambientali sono però enormi”.
Chi si rivolge a Dio, chi all’essere umano
Altri si affidano alla divina provvidenza. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione del Vaticano, due comuni vallesani hanno modificato il testo di un’antica preghiera che chiedeva di frenare l’avanzata del ghiacciaio dell’Aletsch – il più grande dell’Europa continentale – e scongiurare il rischio di inondazioni. Dal 2011, pregano invece per salvare questo patrimonio dell’umanità dell’Unesco dal riscaldamento climatico.
Matthias Huss ripone dal canto suo la propria fede nell’essere umano. “I ghiacciai possono essere salvati soltanto con sforzi globali a protezione del clima”. Se si riuscirà a limitare il riscaldamento globale a 2 gradi, sostiene, alla fine del secolo ci sarà ancora un terzo dell’attuale volume dei ghiacciai alpini.
Lanciata nel 2019 dall’Associazione svizzera per la tutela del clima, l’iniziativa popolare ‘Per un clima sano’ (Iniziativa per i ghiacciaiCollegamento esterno) chiede di azzerare le emissioni nette in Svizzera entro il 2050 e di ancorare nella Costituzione federale gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi. Il testo ha già quasi raccolto le 100’000 firme necessarie e sarà quindi sottoposto a votazione popolare.
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