Il giro del mondo con un aereo a energia solare è ormai cosa fatta
Dopo un periplo durato 16 mesi, Solar Impulse 2 è atterrato senza problemi martedì alle 2.06 (ora Svizzera) ad Abu Dhabi, riuscendo così nell’impresa di compiere il giro del mondo spinto unicamente dall’energia solare.
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swissinfo.ch e agenzie
Per l’ultima tappa di 2’763 chilometri tra il Cairo e la capitale degli Emirati Arabi Uniti, percorsa in 48 ore, ai comandi dell’apparecchio vi era Bertrand Piccard, il principale promotore del progetto.
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Ad Abu Dhabi è stato accolto da una piccola folla. Fra le personalità presenti c’era anche la ministra svizzera dell’energia Doris Leuthard.
«Ho atteso questo momento per 15 anni: adesso tocca a voi proseguire la missione, siete il futuro», ha affermato Piccard, raggiunto dall’altro pilota André Borschberg, con il quale si è alternato alla guida del velivolo durante il viaggio attorno al globo.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha espresso la sua «profonda ammirazione» per l’impresa. «È una giornata storica, non solo per voi ma per l’umanità», ha aggiunto nel corso di una discussione con Piccard trasmessa in diretta sul sito internet di Solar Impulse.
L’aereo di tutti i record
Costruito in Svizzera, il velivolo in fibra di carbonio ha un’apertura alare di 72 metri, più ampia di quella di un Boeing 747, ma pesa appena 2300 kg, più o meno come un SUV, contro le 180 tonnellate del Jumbo Jet. Sulle ali trovano posto più di 17’000 celle fotovoltaiche in silicio, che danno energia a 4 motori elettrici e caricano oltre 630 kg di batterie al litio.
Con questa dotazione, il Solar Impulse 2 Collegamento esternoè il primo velivolo solare al mondo in grado di volare giorno e notte. L’apparecchio ha viaggiato a velocità medie comprese fra 50 e 90 chilometri orari. Necessita comunque di un pilota molto attento, perché vista l’apertura alare e la bassa velocità può effettuare virate solo molto «morbide».
«Perché non sognare?»
«Ho lanciato questo progetto nel 2003 per trasmettere il messaggio che le tecnologie pulite possono compiere l’impossibile», ha ricordato Piccard in un tweet. «Perché quindi non sognare, non provare ancora», ha aggiunto, proponendo la creazione di un comitato internazionale per le energie pulite, destinato a «consigliare i governi» e a «lottare contro il cambiamento climatico».
Piccard, che nel marzo 1999 si era già illustrato compiendo il giro del mondo in pallone senza scalo assieme al britannico Brian Jones, ha però dovuto pazientare per realizzare il suo sogno. Partito il 9 marzo del 2015 da Abu Dhabi, il velivolo a propulsione solare ha percorso senza carburante oltre 42’000 chilometri in 17 tappe. Inizialmente il viaggio avrebbe dovuto durare cinque mesi, per 25 giorni di volo effettivo. Nella tratta tra il Giappone e le Hawaii, le batterie hanno però subito danni irreversibili, costringendo l’aereo a un lungo scalo.
Un riflettore sul solare
Il successo di Solar Impulse 2 ha messo in risalto soprattutto i notevoli progressi realizzati negli ultimi anni nell’ambito dell’energia solare. Solar Impulse 2 non è il primo aereo a energia solare, ma contrariamente ai suoi predecessori può immagazzinare energia a sufficienza nelle batterie per volare la notte.
Grazie a questo progetto, ad esempio, sono state sviluppate batterie che stoccano più energia e nello stesso tempo sono più leggere. Inoltre, i pannelli solari sono stati concepiti appositamente per avere un rendimento più importante rispetto alla media.
Secondo alcuni esperti, questi passi in avanti tecnologici avranno ripercussioni soprattutto sulle micro-applicazioni, ad esempio alcuni oggetti che funzionano ad energia elettrica o con carburanti fossili, secondo Cédric Philibert, specialista di energie rinnovabili presso l’Agenzia internazionale dell’energia.
Difficilmente potranno però essere applicati nell’ambito dell’aviazione. «La superficie delle celle necessarie per trasportare solo due persone corrisponde a quella di un Airbus o di un Boeing; per un aereo di linea è quindi qualcosa di inconcepibile», osserva Vincent Jacques Le Seigneur, direttore dell’Osservatorio delle energie rinnovabili.
L’industria aeronautica lavora attualmente su velivoli elettrici alimentati da batterie ricaricate a terra o sullo sviluppo di apparecchi meno golosi di carburanti e sul biocherosene, prodotto a partire da vegetali.
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swissinfo.ch: Perché ha voluto volare direttamente alle Hawaii invece di effettuare una pausa dopo il volo di prova?
André Borschberg: C’erano talmente tante restrizioni di volo sopra al Giappone che l’unica soluzione era di effettuare il volo principale subito dopo quello di prova. Alcuni sistemi non funzionavano e secondo gli ingegneri non c’era modo di continuare. E ovviamente c’era Bertrand [Piccard] da una parte ed io dall’altra, nella cabina di pilotaggio, a pensare alla situazione: lo stato del velivolo, le condizioni meteorologiche e la mia capacità di gestire la situazione.
Ho deciso che potevo andare avanti. Mi sono detto che il livello di rischio era accettabile e che ce l’avrei fatta malgrado le carenze. Ma è stata una decisione molto difficile siccome, per un certo verso, c’erano in ballo molte emozioni. Fai parte del team, ma vai contro il suo volere. Non è facile. Ho semplicemente detto che il responsabile della decisione ero io, non gli ingegneri. Detto questo, volevo sapere se potevo davvero contare sul loro aiuto e supporto. Così è stato, per ognuno di loro. Nelle loro voci potevo però percepire molta tensione. Penso che sia stata la decisione più difficile che abbia mai preso.
swissinfo.ch: Gli ingegneri sembravano tesi durante la diretta del volo. Lei si è sentito in pericolo o ha avuto paura?
A. B.: Abbiamo forzato le batterie molto di più rispetto a un volo normale in cui si sale a 8'500 metri. Abbiamo effettuato i due voli uno dopo l’altro. Per il volo di prova sono dovuto salire rapidamente ad alta quota. Poi sono sceso e ho iniziato il volo [verso le Hawaii]. Il risultato è che durante il secondo e il terzo giorno le batterie erano molto più calde del previsto. È questo che si sente [durante la trasmissione in diretta]. Certo, eravamo preoccupati, ma non ero angosciato. Questo ha modificato il modo di riposare e di volare. È stata un’ulteriore differenza rispetto a un volo normale, ma ero fiducioso che ce l’avremmo fatta.
swissinfo.ch: Lassù non aveva molta privacy. Tutti sapevano cosa stava mangiando o quando stava dormendo, facendo yoga o utilizzando il bagno. Come ci si sente a essere seguiti così da vicino per tutto il tempo?
A. B.: Ci si dimentica. A volte mi dicevo: ‘Ah già, mi stanno guardando!’ (risate). La cabina di pilotaggio è molto piccola. Bisogna fare molta attenzione, essere prudenti, e fare le cose in modo lento e rilassato. Bisogna riflettere su quello che si sta per fare ed organizzarsi. Questo vale quando si preparano i pasti o ci si cambia i vestiti e, ancor di più, quando si va in bagno.
Sono alto un metro e novanta. Si può immaginare una persona che si muove in quello spazio [3,8 m3] con vestiti pesanti, cavi, tubi e tutto quanto. Tutto va fatto con calma. Si adotta lentamente un atteggiamento zen poiché l’unico modo di fare bene le cose è concentrarsi. Il proprio livello di consapevolezza aumenta. È un modo molto consapevole di vivere, fare ed essere. È stato fantastico! È stata la prima volta che ho potuto viverlo in maniera così profonda. Ho vissuto nel presente a ogni momento. Ci si dimentica quindi della telecamera e di tutto. Si è semplicemente nel proprio ambiente.
swissinfo.ch: Durante il volo ha fatto esercizi di yoga. Ma non ha avuto dolori alla schiena o gambe anchilosate?
A. B.: Sono sicuro che non mi crederà, ma no, mi sentivo bene. Nemmeno il mio medico mi crede. Ho fatto yoga il più possibile. Ogni mattina avevo una lunga sessione e poi tentavo di avere diverse sessioni e movimenti durante il giorno. Ovviamente non potevo assumere le posizioni di yoga siccome non potevo alzarmi in piedi o praticare il saluto al sole. Ma potevo sedermi in vari modi e sdraiarmi, ciò che mi ha aiutato molto.
Quando si fa yoga si impara a osservare sé stessi, il proprio corpo, la propria mente. E quando si è stressati, può essere utile dissociarsi dallo stress e analizzare il modo in cui si reagisce e ci si rilassa. Questo mi ha aiutato a mantenere la giusta mentalità e a non farmi coinvolgere emotivamente da situazioni quali le batterie.
swissinfo.ch: Cosa ci può dire del volo di cinque giorni? È andata come se l’aspettava?
A. B.: Meglio del previsto, anche se “meglio” non è proprio il termine giusto. È stato più arricchente, più fantastico, estremamente speciale. Quando stavo volando per l’ultima notte continuavo a contare le ore e i minuti. Non perché fossi stanco o impaziente di atterrare. No, tentavo di godermi ogni attimo siccome sapevo che era l’ultima volta che mi trovavo nella cabina di pilotaggio per uno di questi voli speciali. E questo volo significava molto per me. È stato qualcosa a cui ho pensato per dodici anni. Da bambino sognavo questi pionieri che hanno fatto la storia dell’aviazione. È stato fantastico trovarsi in una situazione di questo tipo, provare quello che hanno magari provato anche loro.
swissinfo.ch: Quale è stata la prima cosa che ha fatto dopo l’atterraggio?
A. B.: Abbracciare la mia famiglia. Quando ho lasciato il Giappone, i miei pensieri erano con loro siccome sapevo che avrebbero sentito che l’aereo non stava funzionando bene e che sarebbero stati in ansia. Sono stato molto felice di rivedere mia moglie e i miei figli.
swissinfo.ch: Sembra che le Hawaii siano state molto accoglienti…
A. B.: Assolutamente. Fermarsi alle Hawaii è una grande opportunità poiché possiamo disporre di un buon hangar. Possiamo proteggere bene l’aereo e prepararlo per l’anno prossimo. È un aeroporto molto tranquillo e quindi sarà l’ideale per i voli di prova. E quando l’aereo sarà pronto voleremo verso il continente. La situazione è davvero ottimale.
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