Le specie alpine lottano per stare al passo con la crisi climatica
Mentre il pianeta si riscalda, le specie si spostano. Nelle Alpi, piante, insetti, uccelli e alberi si adattano e migrano verso altitudini più elevate, ma non abbastanza velocemente, secondo una nuova ricerca.
Nelle Alpi svizzere, la temperatura media è aumentata di 1,8 gradi Celsius dal 1970. Per sopravvivere a condizioni più calde, molte specie alpine sono costrette a cercare regioni montane più fresche e più in quota.
Un gruppo di ricercatori europei, guidato dall’Istituto federale svizzero di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL), ha esaminato più da vicino questo fenomeno. Recentemente ha pubblicato uno studio esaustivo sui cambiamenti stagionali e i movimenti di oltre 2’000 specie di piante, animali e funghi nelle Alpi negli ultimi 50 anni.
“Il fatto che molte specie si stiano spostando ad altitudini più elevate è sostanzialmente una buona notizia, perché almeno stanno cercando di adattarsi”, afferma Yann Vitasse, specialista in ecologia forestale al WSL. “Ma la maggior parte delle specie non riesce a scalare i 60-70 metri di altitudine per decennio necessari per continuare a vivere nelle loro condizioni climatiche ancestrali”.
I ricercatori hanno scoperto che negli ultimi 50 anni, piante, animali e funghi si sono spostati in media da 18 a 25 metri ogni decennio, ma con differenze sostanziali a seconda della categoria tassonomica.
L’unica via è verso l’alto
Gli insetti terrestri, le farfalle, i coleotteri e i rettili sono i gruppi tassonomici che hanno sopportato meglio i cambiamenti di temperatura e che si sono spostati più lontano (vedi grafico qui sotto). Il “balzo” in quota degli insetti terrestri ha raggiunto i 90 metri per decennio, mentre i rettili si sono spostati fino a 63 metri.
I meno mobili sono stati gli insetti semi-acquatici e gli anfibi come le rane, i cui biotopi sono generalmente le paludi, i fiumi e i laghi.
Anche gli alberi e gli arbusti migrano verso altitudini più elevate (fino a 33 metri) in brevi periodi di tempo. “È abbastanza sorprendente, dato che gli alberi hanno una durata di vita piuttosto lunga per riprodursi. Pensavamo che ci volesse molto tempo perché si stabilissero in nuovi luoghi. Invece vediamo che si sono spostati abbastanza velocemente e si sono stabiliti molto più in alto”, spiega Yann Vitasse.
Ma non è ancora abbastanza per stare al passo con il cambiamento climatico. Per altri gruppi quali gli uccelli, le felci o i funghi che decompongono il legno, è stata osservata una tendenza all’aumento molto più lenta – meno di 15 metri per decennio.
“Pure alcuni uccelli riescono a spostarsi più in quota, specialmente verso il loro limite verticale superiore. La distanza percorsa dipende dalla mobilità della specie, dal suo habitat e dal suo microclima”, puntualizza il biologo.
“Mi ha sorpreso che le specie riescano a migrare così rapidamente, anche se sono molto più lente del cambiamento climatico. Oggi, se si vuole trovare sulle Alpi lo stesso clima del 1970, bisogna salire di 300 metri di altitudine. Questo è molto veloce per animali che si sono evoluti per migliaia di anni in condizioni climatiche più fresche”, nota Vitasse.
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Primavera più calda
Il segno più tangibile del riscaldamento delle Alpi è probabilmente il ritiro dei ghiacciai. Dal 1850, la massa dei ghiacciai alpini è diminuita di circa il 60% e lo scioglimento si è accelerato negli ultimi anni.
L’aumento delle temperature comporta uno scioglimento anticipato della neve in montagna e una vegetazione più precoce, così come giornate primaverili sempre più calde che possono perturbare l’equilibrio di flora e fauna.
I ricercatori hanno scoperto che piante, rettili, uccelli migratori e insetti terrestri quali farfalle o cavallette hanno reagito anticipando le loro attività primaverili – come la fioritura delle piante – da 2 a 8 giorni in media per decennio. La conseguenza di questo cambiamento si è vista questa primavera nel Canton Vallese, dove delle gelate precoci e la fioritura anticipata degli albicocchi e di altri alberi da frutta hanno compromesso i raccolti.
Per altre creature come gli uccelli, gli anfibi e gli insetti semi-acquatici (specialmente le libellule), i ricercatori non hanno rilevato alcuno spostamento temporale. Sono stati osservati soltanto dei piccoli cambiamenti nelle loro attività primaverili.
Fuori sincrono
Per Yann Vitasse, queste grandi differenze tra le specie sono problematiche. “Questo sviluppo potrebbe portare a una situazione in cui le varie specie non sono più in grado di coordinare cronologicamente le loro attività le une con le altre, il che rappresenta una minaccia per la sopravvivenza a lungo termine delle specie in quanto elemento di un ecosistema”.
Il ricercatore del WSL fa l’esempio di un bruco che deve emergere al momento giusto per nutrirsi delle foglie fresche di una quercia. “Se il bruco appare in ritardo rispetto alla produzione di foglie, le foglie avranno già prodotto del tannino o altre difese chimiche per evitare di essere mangiate dal bruco. In seguito, se ci sono meno bruchi, ci può essere un impatto sulla vitalità della prole degli uccelli. Ogni ‘desincronizzazione’ può avere un effetto a cascata nella catena alimentare”.
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C’è il rischio che le specie alpine fuori sincrono, incapaci di salire più in alto o di far fronte alla competizione più forte in cima alle montagne, si estinguano nei prossimi anni?
Yann Vitasse afferma che gli scienziati del WSL sono stati sorpresi di vedere che alcune specie minacciate riescono a coesistere con specie di altitudine inferiore che sono migrate verso l’alto. Ma col tempo le piante alpine, per esempio, rischiano di perdere terreno quando sono in competizione con altre.
Nel loro studio, i ricercatori scrivono che “le interazioni tra le specie potrebbero cambiare su più livelli trofici a causa di discrepanze fenologiche o spaziali”. È chiaro che sono necessari ulteriori studi, supportati dalle osservazioni dei cittadini, per comprendere meglio e anticipare i cambiamenti a livello dell’ecosistema, concludono.
Traduzione dall’inglese: Luigi Jorio
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